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Lievito: 5 false credenze da sfatare

Da elemento prezioso non solo per il pane a ingrediente da evitare. Ma sono motivate le accuse che vengono mosse al lievito?

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Provoca gonfiori, fa ingrassare, scatena allergie. Le accuse al lievito, negli ultimi tempi, non si contano più. Tanto che, secondo i dati dell’Osservatorio Immagino GS1-Nielsen, il 18,6% degli italiani acquista prodotti da forno che ne sono privi, anche se solo il 4,6% dice di avere un’intolleranza riconosciuta.

Ma perché tutte queste accuse all’ingrediente che dà vita e sapore al pane, uno dei prodotti più importanti della nostra tavola e della sana dieta mediterranea? «Le mode alimentari spesso generano bufale e falsi miti», risponde Piero Pasturenzi, presidente del Gruppo Lievito da zuccheri di Assitol, che con il progetto welovelievito.it punta a combattere la disinformazione sul tema.

«In realtà, al contrario di ciò che si pensa, il lievito facilita la digestione, perché la fermentazione rompe le catene di zuccheri e proteine della farina e rilascia preziosi micronutrienti. Inoltre, ha pochissimi grassi ed è ricco di proteine, vitamine e sali minerali. E poiché è la base dei probiotici, si potrebbe addirittura considerarlo un superfood». Vediamo allora di smascherare bugie e false credenze.


1. I prodotti lievitati continuano a fermentare nella pancia
«È impossibile: i lieviti sono organismi viventi che si sviluppano intorno ai 30-40 °C e muoiono quando si superano i 50. Se la pizza cuoce a più di 200 °C, i lieviti non possono più fermentare né agire in alcun modo», spiega Livia Galletti, biologa nutrizionista a Bologna. L’unico disturbo di questo tipo il lievito potrebbe darlo solo se viene ingerito vivo da persone che soffrono già di problemi intestinali».


2. Il lievito è un prodotto chimico, quindi fa male
Tutto è chimica, anche un mela e l’acqua (emblemi della salute a tavola) sono formati da elementi chimici. «La distinzione da fare, semmai, è tra lieviti naturali e artificiali», precisa l’esperta. «Quelli naturali, cioè il lievito di birra e la pasta madre, sono formati da microrganismi che digeriscono le molecole contenute nell’impasto e rilasciano anidride carbonica come prodotto di scarto. Questo gas tende a disperdersi e rimane intrappolato nell’impasto, creando quei “buchini” detti alveoli. I lieviti artificiali, per esempio quelle polverine istantanee che vanno aggiunte alla fine, subito prima di mettere l’impasto in forno, non sono in realtà dei lieviti». Aggiunge Pasturenzi: «Infatti non producono fermentazione ma solo gas per effetto di una reazione chimica scatenata dal calore. Quindi non portano nessun vantaggio».


3. Il gonfiore dopo aver mangiato la pizza è sintomo di un’allergia o di un’intolleranza
In realtà sono rari i casi documentati di allergia al lievito e comunque si manifestano soprattutto con reazioni cutanee come la classica orticaria, non con gonfiori di pancia. Mentre l’intolleranza al lievito non è proprio riconosciuta dal mondo scientifico, tanto che questo alimento non rientra nell’elenco delle sostanze che bisogna segnalare in grassetto nelle etichette perché potenziali allergeni. «La difficoltà di digestione che molte persone lamentano dopo essere state in pizzeria, in realtà, è legata alla pizza in sé, che è un cibo molto pesante e abbondante e contiene tanti ingredienti», afferma la dottoressa Galletti. È vero però che le pizze lievitate naturalmente con il lievito madre di solito sono più facili da digerire: «Questo perché i microrganismi hanno già compiuto una prima digestione delle molecole della farina durante la lievitazione».


4. Il lievito madre è migliore di quello di birra
L’unica differenza è che il lievito madre contiene più microrganismi di quello di birra e quindi può digerire una varietà maggiore di molecole della farina rispetto al secondo: per questo il prodotto finale risulta più leggero. «La varietà di microrganismi dà anche più sapore e profumo, specie se si usano farine integrali che contengono più fibre di quelle raffinate», aggiunge la biologa nutrizionista. «Più fibra viene digerita dai microrganismi, infatti, più molecole diverse si ottengono e più profumi ci saranno nel prodotto finito». Anche il sapore cambia, perché tra i microrganismi presenti nel lievito madre ci sono anche i batteri, che sono diversi a seconda del luogo in cui questo nasce e cresce, delle mani di chi lo tocca, dei contenitori in cui viene conservato.


5. La lievitazione lenta è sempre da preferire
Questo tipo di fermentazione è davvero necessaria solo se si utilizza la pasta madre, per dare tempo ai suoi tanti e diversi microrganismi di “mangiare” e digerire le fibre dell’impasto e produrre il gas che creerà gli alveoli. «Per il lievito di birra, invece, è consigliata una lievitazione medio-lenta, perché i suoi microrganismi sono tutti uguali, quindi fermenteranno tutti nello stesso momento» spiega ancora la dottoressa Galletti. «Lasciar lievitare per molte ore farà semplicemente ottenere un impasto che “implode”, dato che tutti i lieviti, finita la loro funzione, vanno a morire».


OCCHIO AL SALE!
Il sale uccide sia i microrganismi del lievito di birra sia quelli della pasta madre. Quindi va sempre aggiunto all’impasto come ultimo ingrediente, dopo che è tutto ben amalgamato. In questo modo, infatti, si disperderà e non sarà più presente in quantità tossiche per i microrganismi, che così potranno continuare indisturbati il loro prezioso lavoro di fermentazione.


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Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbenein edicola dal 21 gennaio 2020

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