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Il rapporto tra sorelle: è più facile essere amiche o rivali?

Chi ha una sorella si riconosce subito. È un legame particolare, unico, speciale, che può portare a una grande maturità, affettiva e sentimentale. Ecco come coltivarlo senza lasciarsi prendere dalle trappole emotive

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Una donna che ha una sorella la riconosci subito. Rispetto alle altre (quelle che hanno dei fratelli oppure sono figlie uniche), vive con più consapevolezza, serenità ed equilibrio due aspetti contrastanti tipici della femminilità: da una parte la spinta ad amare e prendersi cura del prossimo, dall’altra il bisogno di attivarsi per tutelare se stessa e i propri desideri e obiettivi.

Quel che più conta, però, è che vive questa duplicità come un dato di fatto, anziché come fonte di sensi di colpa e di crucci. Questo è quanto sostiene la sociologa inglese Melanie L. Mauthner, autrice del saggio Sistering. Power and change in female relationships, in cui spiega come la sorellanza sia un tassello importante nella costruzione dell’individualità femminile. Ma in che modo una sorella “dà forma” alla personalità della donna che la conosce meglio di tutti?


L’altra come specchio di sé

«Tutto nasce dal fatto che le sorelle si identificano l’una con l’altra più di quanto non facciano due fratelli maschi o un maschio e una femmina», leggiamo nel saggio The sister knot della psicologa britannica Terri Apter. A partire dall’inizio della loro relazione, infatti, le sorelle si imitano molto: la maggiore si esibisce in versetti e smorfie davanti alla nuova arrivata e quest’ultima, non appena è in grado di muoversi, inizia a copiare la grande.

Ma l’identificazione non si riduce all’imitazione. Mano a mano che crescono, capita che una sorella provi vergogna e imbarazzo per il comportamento dell’altra. Durante tutta la vita, poi, sono inclini a confrontarsi tra loro, a misurare il proprio valore in relazione a quello dell’altra (“Sto facendo la vita giusta per me o dovrei fare la sua?”; “Che cosa succederebbe se le assomigliassi di più?”).

Secondo Apter, l’identificazione è alla base della spinta ad amare e accudire di cui dicevamo all’inizio. Il ragionamento implicito è: “Siccome mi identifico in mia sorella, empatizzo con lei: quando soffre, soffro anch’io. Se però mi impegno a ridurre la sua sofferenza, mi accorgo che sto meglio io stessa”.

Il bello è che, una volta automatizzato questo circolo virtuoso con la sorella, la bambina/ragazza lo trasferisce anche nelle altre relazioni. E la controparte dell’altruismo, cioè l’egoismo, da dove arriva? Dal bisogno di controbilanciare l’identificazione e di proteggere la propria integrità differenziandosi e stabilendo dei confini. Ma non solo.


L’altra come intrusa e usurpatrice 

Si sa che, quando nasce un fratellino o una sorellina, il primogenito ha il terrore di perdere l’amore e l’approvazione dei genitori, nonché di essere escluso dalla “nuova” famiglia. «La reazione più normale e fisiologica a questa paura sono la gelosia e l’odio nei confronti del neonato», sostiene Terri Apter.

«Attenzione: questi sentimenti non sono appannaggio dei soli primogeniti, ma li provano anche quelli arrivati dopo, quindi sono una costante dei rapporti tra fratelli». Siccome si tratta di sentimenti difficili da ammettere verso qualcuno con cui ci si identifica, nelle bambine che hanno una sorella sono fonte di conflitti interiori, di sensi di colpa e di ulteriori timori (“Vorrei che lei non esistesse, ma mi vergogno per questo pensiero e ho anche paura di arrivare a farle del male”). Crescendo, le sorelle ci si abituano e raggiungono quell’equilibrio di cui sopra, che comunque non è l’unico vantaggio legato alla loro condizione.


L’altra come palestra sentimentale

«Il fatto che, nella sorellanza, le bambine inizino a differenziarsi, facilita la loro socializzazione con le persone esterne alla famiglia», esordisce Rossella Datena, psicologa psicoterapeuta a indirizzo sistemico-relazionale a Como.

«Non basta: il loro rapporto esclusivo è anche una palestra in cui sperimentano l’ambivalenza dei sentimenti, cioè scoprono che è possibile amare e odiare la stessa persona, e imparano ad allearsi e a cooperare per fronteggiare i genitori, quindi gli adulti.


Gelosia: la si prova sempre in due

“Una sorella è come una migliore amica di cui non riesci a sbarazzarti”: è solo una battuta, ma sintetizza il tema della gelosia nella sorellanza. Posto che questo sentimento non si può né eliminare né ignorare, che cosa farne? Secondo Jeanne Safer, psicoterapeuta autrice del saggio Cain’s Legacy, occorre anzitutto considerare che ha un corrispettivo nella gelosia dell’altra.

Bisognerebbe pensare alla sorella come individuo e fare una lista obiettiva delle sue qualità e difetti. In seguito, provare a mettersi nei suoi panni: come ci vede, che cosa apprezza e detesta? Rispetto ai nostri sentimenti per lei, emergeranno somiglianze e peculiarità. Quando ci si accorge che la gelosia sta montando, queste caratteristiche vanno richiamate alla mente e sfruttate per tentare di razionalizzare.


Io ti proteggerò (mio malgrado)

Per quanto una ragazza si impegni a differenziarsi dalla sorella, avrà sempre un forte istinto di protezione, nei suoi confronti, racconta Terri Apter. Anche qui, però, salta all'occhio l'ambivalenza che caratterizza il loro legame. Accorgersi che la sorella è in difficoltà e sentirsi chiamate a intervenire può innescare risentimento nei suoi confronti ("Perché non te la cavi da sola?", "Perché devo andarci di mezzo io?").

Inoltre, la sorella che protegge non è alla pari con l'altra, ma si colloca in una posizione di forza o di superiorità. Questo dà luogo a una dinamica particolare: passato il momento del bisogno, quella che è stata aiutata spesso non lo ammette perché inconsciamente non vuole riconoscere di essere inferiore. Attenzione, perché finché le sorelle fanno a turno ad assumerei ruoli di paladina e di soggetto in pericolo va tutto bene, ma se i ruoli iniziano a essere fissi, il legame può risentirne.


Il ruolo dei genitori

A proposito di mamma e papà, ricordiamo che qualunque rapporto abbiano le sorelle, non è né casuale né scelto consapevolmente, ma dipende dalle reciproche influenze all’interno del sistema familiare, in particolare dalle interazioni con i genitori.

Pertanto, le madri e i padri che intervengono molto spesso per dirimere i litigi tra le sorelle o per sanzionare i loro sentimenti naturali e legittimi come gelosia, invidia e competizione, ottengono risultati opposti a quelli voluti: anziché pacificare gli animi, determinano una vincitrice e una perdente e quindi rinforzano comportamenti e stati d’animo deleteri per il legame di sorellanza, per esempio rancore, insofferenza e senso di esclusione.

Non solo: rinforzano pure i conflitti che vengono innescati per attirare l’attenzione dell’adulto. In ogni caso, se il legame di sorellanza viene impostato sulla vicinanza emotiva e sul senso di appartenenza alla famiglia, può essere un’impareggiabile fonte di sostegno e di confronto fino alla vecchiaia, sebbene a fasi alterne. Già, perché in genere il nodo si allenta in adolescenza (le sorelle si confrontano con altre ragazze), per poi tornare a stringersi quando una o entrambe formano una famiglia (che risorsa, le sorelle che fanno le zie!).

Prima o poi, però, sarà messo alla prova dall’invecchiamento dei genitori i quali, dicevamo, sono co-protagonisti. Così potrebbe succedere che l’accudimento dei due anziani divida le sorelle (per esempio, una vuole prendersene cura in prima persona mentre l’altra insiste per ricoverarli), o che sorgano divergenze per questioni economiche e di eredità. Spesso, comunque, si tratta di versioni aggiornate di antichi conflitti mai risolti.

Se le donne si sono volute bene durante l’infanzia e l’adolescenza, sapranno superare anche questa fase delicata. Infine, con la scomparsa di uno o di entrambi i genitori si presenta una chance inedita: quella di rinegoziare il loro rapporto, che non è più in relazione alla presenza della madre e/o del padre e alla loro idea a proposito delle figlie. Pertanto, la “superficiale” potrebbe rivelarsi colei che sostiene la “giudiziosa”, e la “timida” potrebbe scalzare la “estroversa” dal ruolo di fulcro delle relazioni famigliari».


E quando la sorella non c'è?

«Rispetto ai maschietti le bambine sono più portate a cercare un sopstegno empatico con cui aprirsi  e confrontarsi», spiega la psicologa Rossella Datena. «Così, se non hanno una sorella oppure se ce l'hanno, ma non ci vanno d'accordo, di solito trovano una migliore amica, che ne faccia le veci. Un rapporto di serie B perché non basato su legami di sangue? No, anzi, potrebbe essere più spontaneo e libero perché meno soggetto a influenze esterne, nella fattispecie da parte dei genitori».


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Articolo pubblicato sul n. 6 di Starbene in edicola dal 23/01/2018



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