EVOLUZIONE E DISTURBI NEL BAMBINOLINGUAGGIO
Il ritardo di comparsa delle prime competenze linguistiche rappresenta uno dei motivi più frequenti di consultazione del pediatra in età prescolare, ma finora è stato troppo spesso considerato e trattato come una condizione transitoria e che comunque “finisce bene”, nel senso che si risolve da sola senza problemi residui.
Il ritardo del linguaggio in realtà può celare problemi clinici complessi e di natura diversa (sensoriali, motori, cognitivi, relazionali), di cui può rappresentare una tra le più precoci manifestazioni. Specie in epoca precoce, infatti, il linguaggio ha una funzione di mediazione e integrazione dei processi mentali del bambino e pertanto un disordine linguistico rappresenta sempre un fattore di rischio per il suo regolare sviluppo cognitivo e psicoaffettivo.
L’identificazione precoce, seguita da un corretto inquadramento diagnostico, permette di definire un intervento mirato e intraprendere, se possibile, un training riabilitativo o terapeutico che ne migliori l’evoluzione per il futuro.
Il linguaggio verbale rappresenta la principale modalità di comunicazione, anche se il “comunicare” implica l’uso di più canali tra cui quelli prevalenti sono rappresentati dal canale uditivo, visivo-grafico-plastico, visivo-mimico/gestuale.
Per una comunicazione verbale devono sussistere prerequisiti e requisiti: la tabella di questa pagina li riassume ed esemplifica, evidenziando anche i deficit che la possono compromettere.
Il linguaggio è inoltre la facoltà di comunicare simbolicamente, la capacità cognitiva che consente all’essere umano di saper usare una lingua. La lingua è un sistema di simboli vocali arbitrari attraverso il quale un gruppo sociale comunica. Il linguaggio ha diverse funzioni: ideativa, di interazione sociale, performativa, interiore (sub-vocale). Prevede delle abilità, alcune delle quali innate, altre acquisite. Il linguaggio, infatti, è architettato a partire da livelli organizzativi variamente complessi (studiati dalle discipline di seguito) la cui realizzazione si compie nel corso dei primi anni dopo la nascita.
- Fonetica: studio dei suoni linguistici intesi come eventi acustici (foni, segmento minimo di una lingua).
- Fonologia: studia il modo in cui i foni si combinano andando a formare le sillabe, e le sillabe all’interno delle parole.
- Lessico: rappresenta i significati associati alle singole parole (elementi lessicali).
- Semantica: studia il significato dei segni linguistici.
- Morfologia: studia i principi e le regole che consentono di modificare la forma e il significato delle parole. Il morfema è la sequenza minima di fonemi dotata di significato compiuto.
- Sintassi: riguarda i principi secondo cui le parole e i morfemi sono ordinati per formare le frasi in una determinata lingua.
- Pragmatica: studia i meccanismi che permettono a parlanti e ascoltatori di interpretare il linguaggio in un contesto verbale e non verbale. I comportamenti linguistici possono anche variare in relazione alle situazioni in cui il parlante è inserito, per esempio scuola, famiglia o religione. In condizioni normali un bambino è in grado di produrre circa 20 parole a 18 mesi, 50 a due anni, 100 a due anni e mezzo e 500 a tre anni. Entro sei anni è in grado di produrre 3000 parole.
In sintesi, si consideri che lo sviluppo fonologico, inteso come rappresentazione mentale dei suoni della lingua, come costrutto sia sillabico (parole), sia prosodico (forma melodica), guida e regola lo sviluppo di competenze sempre più complesse.
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