MALATTIA INFIAMMATORIA PELVICA

La malattia infiammatoria pelvica (Pelvic Inflammatory Disease o PID secondo la diffusa definizione in lingua inglese) è un’infezione degli organi riproduttivi interni delle donne che coinvolge l’utero, il collo dell’utero (cervice uterina), le tube di Falloppio, le ovaie e i circostanti tessuti pelvici, rendendoli infiammati, irritati e gonfi. La malattia è anche una delle cause […]



La malattia infiammatoria pelvica (Pelvic Inflammatory Disease o PID secondo la diffusa definizione in lingua inglese) è un’infezione degli organi riproduttivi interni delle donne che coinvolge l’utero, il collo dell’utero (cervice uterina), le tube di Falloppio, le ovaie e i circostanti tessuti pelvici, rendendoli infiammati, irritati e gonfi.

La malattia è anche una delle cause principali della sterilità delle donne, evento che si verifica infatti in una donna su cinque; inoltre, circa un terzo delle donne affette da questa patologia presenta nel tempo recidive.


Cause

La malattia infiammatoria pelvica è conseguente a infezioni sessualmente trasmissibili, di varia natura (ma per lo più batterica), che si trasmettono attraverso il rapporto sessuale e che non sono state adeguatamente riconosciute e trattate. Questo problema riguarda infatti quasi esclusivamente le donne sessualmente attive e molto rari sono i casi diagnosticati in donne in età molto giovane e non ancora mestruate o in menopausa.

In realtà il principale fattore di rischio per contrarre questa infezione è rappresentato dai rapporti sessuali non protetti (ossia senza barriere contraccettive come il profilattico o il diaframma). Altri fattori di rischio sono poi i rapporti promiscui con molti partner sessuali, infezioni vaginali non curate adeguatamente e talvolta l’utilizzo della “spirale” (IUD).

I batteri responsabili dell’infezione penetrano in vagina, in genere durante il rapporto sessuale, ma talvolta anche tramite le lavande vaginali oppure durante il parto o l’aborto, oppure durante manovre chirurgiche (per esempio la revisione della cavità uterina nota come raschiamento). Questi batteri risalgono le vie genitali femminili e intaccano l’intero apparato femminile. I batteri maggiormente responsabili dell’infezione sono la Neisseria gonorrhoeae, l’agente responsabile della cosiddetta gonorrea, e la Chlamydia trachomatis. La malattia solitamente esordisce con una infiammazione e infezione a carico del collo dell’utero, poi interessa progressivamente le tube e solo raramente, in caso di grave infezione estesa, anche le ovaie.


Sintomi

Il sintomo principale con cui solitamente si manifesta una malattia infiammatoria pelvica è un dolore addominale o localizzato al basso ventre. Questo dolore ha andamento ciclico e ricorre con maggior frequenza verso il termine del flusso mestruale o nei giorni immediatamente successivi. In casi lievi, vi possono essere solamente leggeri crampi addominali, mentre in casi violenti il dolore può risultare costante e molto intenso.

L’attività fisica e specialmente i rapporti sessuali possono aumentare il dolore. Altri sintomi della malattia infiammatoria pelvica includono: perdite vaginali maleodoranti e abbondanti, sanguinamenti vaginali irregolari, specialmente a distanza dal flusso mestruale, febbre con brividi, nausea e vomito. Se l’infezione si estende e coinvolge altri organi addominali (come il fegato), allora il dolore addominale si estende a tutto l’addome, con crampi diffusi, che possono simulare una colica addominale per esempio da calcoli biliari.

Può capitare anche che alcune donne affette da questa malattia siano del tutto asintomatiche, e l’assenza dei sintomi prima descritti non favorisce purtroppo il riconoscimento tempestivo della malattia. Se l’infezione è sostenuta dalla Neisseria, i sintomi compaiono a cavallo o al termine del flusso mestruale, mentre nel caso dell’infezione da Chlamydia, questi compaiono molto più lentamente e sono più attenuati.

La conseguenza più grave dell’infezione è la “chiusura” delle tube di Falloppio, ossia dei due condotti che uniscono le ovaie all’utero: si crea infatti del tessuto cicatriziale (aderenze) che ostruisce le tube e impedisce quindi la discesa dell’ovulo verso l’utero, una volta avvenuta l’ovulazione, da cui l’impossibilità per la donna di essere fecondata per via naturale.


Complicazioni e prevenzione

Le complicanze che seguono una malattia infiammatoria pelvica possono essere molto serie e causare in qualche caso addirittura la morte della donna. Di seguito, ne vengono elencate alcune.

Ascesso pelvico Formazione di una raccolta di pus nelle ovaie, nelle tube o nel bacino, quando la malattia si estende e diviene più grave o non viene adeguatamente trattata; solitamente questa condizione richiede un ricovero in ospedale, con istituzione di una terapia antibiotica mirata per via endovenosa, ma spesso è necessario anche un intervento chirurgico per rimuovere la raccolta purulenta.

Sterilità Dopo la malattia possono formarsi “aderenze” cicatriziali attorno e dentro gli organi pelvici, da cui può derivare un’ostruzione completa e la deformazione delle tube di Falloppio, con conseguente impedimento per l’ovulo di superare la tuba e di giungere in utero. Una donna che è stata affetta da questa malattia, si stima abbia il 15% di probabilità di rimanere sterile. Il rischio è tanto maggiore quanto più è grave e ricorrente la malattia: infatti, dopo due episodi di MIP, il rischio di sterilità sale al 35% e dopo tre episodi è quasi del 75%.

Dolore cronico al basso ventre Oltre a causare la sterilità, il tessuto cicatriziale associato a questa malattia può produrre un dolore cronico localizzato dalla donna a livello del basso ventre, come conseguenza delle anomalie che si creano agli organi genitali interni. Le aderenze possono causare anche disturbi intestinali e alterare i normali rapporti anatomici fra i vari organi contenuti nell’addome. Spesso, l’unica terapia idonea è l’intervento chirurgico.

Gravidanza extrauterina È noto che una gravidanza extrauterina è quella che inizia al di fuori dell’utero, più frequentemente in una tuba di Falloppio. Poiché la malattia infiammatoria pelvica può determinare la formazione di “blocchi” o la deformazione parziale delle tube, l’ovulo può essere ostacolato nel suo percorso verso l’utero, ma essere ugualmente fecondato nella tuba: da qui l’elevato rischio di gravidanza extrauterina nelle donne che hanno avuto una malattia infiammatoria pelvica. È noto che una gravidanza extrauterina è una condizione molto seria, che espone la donna a rischio mortale e per questo va riconosciuta tempestivamente e trattata con intervento chirurgico.


Prevenzione

La prevenzione della malattia è essenziale per la salute e la regolare fertilità della donna. Il modo migliore di prevenire la malattia è l’astensione dai rapporti sessuali non protetti dal momento che, come già detto, il rischio di contrarre questa malattia è legato alle malattie sessualmente trasmesse e alla promiscuità dei partner sessuali. Le barriere contraccettive (il preservativo innanzitutto) svolgono un ruolo di difesa molto importante nella prevenzione della malattia.


Diagnosi

La malattia viene sospettata principalmente in base all’entità e alla sede del dolore riferito dalla donna (dolore nel basso ventre, maggiore al termine del ciclo e nei primi giorni successivi) e dalle perdite di sangue e di muco maleodorante che lo accompagnano. Generalmente, quando una donna si presenta dal proprio medico con questi sintomi, è fondamentale che venga sottoposta a una visita ginecologica (che tra l’altro può risultare dolorosa proprio a causa dell’infezione in sede pelvica), ed è importante anche prelevare un piccolo campione del liquido vaginale da inviare in laboratorio per opportune analisi microbiologiche che potrebbero svelare la presenza nel muco dei batteri responsabili dell’infezione. È buona norma completare le indagini con un’ecografia, meglio se per via vaginale, e con esami del sangue, per confermare l’infezione in corso.


Trattamento

La malattia infiammatoria pelvica può essere curata con antibiotici, ma qualche volta sono necessari il ricovero in ospedale e una terapia più mirata e intensa per via endovenosa. Se l’infezione si estende oltre l’apparato genitale e più in profondità nell’addome, o qualora si formi un ascesso a livello ovarico, si deve ricorrere all’intervento chirurgico. Per ridurre l’infiammazione e limitare le conseguenze locali di questo evento (aderenze), possono essere prescritti dei farmaci antinfiammatori. Se trascurata, la malattia può causare danni molto seri a carico dell’apparato genitale femminile, talvolta anche con necessità di intervento chirurgico d’urgenza. È importante che entrambi i partner ricevano la terapia antibiotica, per evitare di essere infettati nuovamente, e non si abbiano rapporti durante l’infezione per evitare di trasmetterla o di reinfettarsi. [S.S.]