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Dna e caratteri ereditari: come sbloccare i tuoi geni buoni

Sport, gratitudine, musica… Scopri le regole di vita con cui possiamo influenzare positivamente l’attività del nostro Dna, garantendoci salute, benessere e longevità

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Il segreto per vivere sempre in salute? Secondo un vecchio adagio è racchiuso nel “scegliersi i genitori giusti”, capaci di trasmettere caratteri ereditari doc. In realtà, i moderni studi di epigenetica stanno rivoluzionando questa visione, dimostrando che il destino biologico sta nelle nostre mani più di quanto non si creda. Già, perché non siamo vittime del nostro Dna, ma possiamo influire sulla sua attività e addirittura riprogrammarla a nostro favore.

Su questo tema Michaela Döll, docente di chimica degli alimenti all’Università di Braunschweig, ha appena pubblicato un libro, I buoni geni non sono un caso (Urra Feltrinelli, 16 €), che offre molti spunti interessanti.

«Il nostro patrimonio genetico non è un’impronta digitale fissa e immodificabile, e il cerchio si chiude in negativo o in positivo con la complicità delle nostre abitudini di vita», conferma il professor Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

«Attraverso meccanismi biochimici, i geni, che codificano tutte le istruzioni per costruire nuove cellule e che regolano quali proteine devono funzionare, comunicano con l’ambiente. Sotto i suoi stimoli, possono accendersi o spegnersi, lavorando al top o, al contrario, remandoci contro. Con le scelte giuste possiamo perciò indirizzare in senso positivo il nostro materiale genetico e, senza alterare la sequenza del Dna, silenziare i geni “cattivi” e sbloccare quelli “buoni”».

1. Il cibo "parla" al nostro codice genetico

Il primo step: scegliere bene quello che mangiamo. Lo conferma anche un recente studio dell’Università del Wisconsin a Madison, pubblicato su Molecular cell: se consumiamo molte fibre, e quindi le fatidiche 5 porzioni di frutta e verdura, cereali integrali e legumi, il microbiota intestinale produce acidi grassi a catena corta (come il butirrato) che influenzano l’attivazione dei geni con azione antinfiammatoria.

Effetti analoghi anche con gli Omega 3, contenuti per esempio in salmone, sgombri e aringa, mentre zuccheri raffinati e grassi saturi agiscono negativamente e vanno limitati: «Provocano l'attivazione del fattore di trascrizione nucleare NF-kB, che sblocca alcune centinaia di geni deputati alla produzione di sostanze infiammatorie che aprono la strada a malattie croniche, cardiovascolari e al cancro», spiega Novelli.

«Questo meccanismo perverso viene in parte inattivato da sostanze come il resveratrolo (uva rossa) e la curcumina (curcuma)». La lista degli alimenti con azione epigenetica benefica è lunghissima: Michaela Döll, oltre ad elencarli tutti, nel suo libro propone anche una serie di ricette per sfruttarli al meglio.

2. L'attività fisica sblocca i geni bruciagrassi

«Muoversi è a pieno titolo una medicina per modificare l’espressione dei nostri geni e ottenere una salute migliore», spiega il professor Novelli.

«Uno studio del Karolinska Institutet ne ha verificato gli effetti su un gruppo di uomini e donne sedentari e in sovrappeso, scoprendo che innesca variazioni in porzioni del Dna, “sbloccando” alcuni geni delegati a produrre proteine coinvolte nel metabolismo dei grassi e proteine che ottimizzano l’utilizzo dell’insulina. Insomma, una prevenzione e un rimedio per la sindrome metabolica e tutti i danni che può provocare. Importante, però, che sia regolare e di tipo aerobico: 45 minuti di bicicletta, 3 volte la settimana, oppure 40 minuti di corsa o di camminata veloce, 4 volte la settimana, con un andatura al 60% delle proprie capacità  massime che, tradotto in pratica, significa poter parlare senza affanno con chi abbiamo vicino. Gli sforzi sporadici o quelli eccessivi non producono effetti significativi».

3. La gratitudine rinforza il Dna

Combattere lo stress: un ulteriore segreto per riconvertire il Dna a nostro favore. Quando lo stato di tensione è cronico, riesce a innescare variazioni epigenetiche negative e in agguato ci sono ansia, depressione, ma anche malattie degenerative e cardiovascolari. L’antidoto esiste, e secondo Michaela Döll è racchiuso nei pensieri positivi, nel vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto, nel provare gratitudine.

«Numerose ricerche, anche attraverso la scansione del cervello, stanno dimostrato che la gratitudine produce variazioni sui neuroni e che i pensieri positivi agiscono sui geni implicati nella regolazione del sistema immunitario, disinnescando i processi infiammatori», spiega il professor Francesco Bottaccioli, presidente della Società italiana di psiconeuroendocrinoimmunologia. «Quel che conta, però, non è rincorrere la felicità dell’attimo fuggente, come capita spesso oggi, ma è “allenarsi “ per cambiare nel profondo l’atteggiamento verso se stessi e gli altri. Per questo non va sottovalutata la potenza dell’empatia, che possiamo imparare a sviluppare in famiglia e fuori. In che modo? Occorre ascoltare chi ci sta davanti, calarsi nei suoi panni, non giudicandolo, ma offrendo ascolto, aiuto, solidarietà e cercando di capire i suoi bisogni. Per iniziare, basta anche un piccolo gesto di gentilezza verso uno sconosciuto, o complimentarsi (ma non come atto formale) con un collega che ha raggiunto un obiettivo.

Questi comportamenti vengono letti come messaggi positivi dal cervello e si traducono in potenziometri epigenetici. Effetti analoghi si ottengono anche con il dialogo, soprattutto quando si attraversano momenti bui: parlare e confidarsi, ovviamente con persone in cui si ha fiducia, aiutano a “liberare” il nostro genoma dalla zavorra dello stress. Bisogna però farlo a “cuore aperto” e, se proprio non si ha nessuno con cui confidarsi, ben venga l’aiuto professionale di uno psicoterapeuta: per iniziare un percorso per riconvertire i pensieri negativi, guardandoli sotto un’ottica rosea».

4. Le coccole attivano le difese antistress

Anche le carezze, soprattutto se ricevute nelle prime settimane di vita, agiscono sul Dna: un team di ricercatori della University of British Columbia e del BC Children’s Hospital Research Institute ha valutato i risvolti biochimici delle coccole su 100 bebè, scoprendone le potenziali ricadute positive.

Quando i piccoli hanno raggiunto i 4 anni e mezzo, hanno rilevato che quelli più coccolati presentavano attivazioni a livello di due geni: uno coinvolto nel funzionamento del sistema immunitario, l’altro nei meccanismi metabolici.

«Anche se è troppo presto per valutare quali possono essere gli effetti a lungo termine sulla salute, è ormai assodato che il contatto fisico amorevole fa bene. Un ambiente domestico sereno e le coccole di mamma e papà influenzano positivamente lo sviluppo del piccolo perché bloccano le viti dei geni che producono gli ormoni dello stress», commenta Novelli.

5. La musica è una medicina epigenetica

Effetti benefici per grandi e piccoli sono garantiti anche dalla musica. Secondo alcuni studi le melodie agiscono addirittura sulle cellule del feto. Il bimbo è in grado di percepire suoni sin da quando è nel pancione, e porta con sé gli effetti positivi della musica per tutta la vita.

«A ogni età la musica lavora sulla plasticità del cervello e, anche quando si è avanti negli anni, migliora la neurogenesi e quindi la formazione di nuovi neuroni e la riparazione delle cellule cerebrali danneggiate, perché tra le altre cose “aggiusta” il livello degli ormoni dello stress, cortisolo in prima linea», spiega il professor Novelli.

«Per avere questi importanti benefici è fondamentale, però, scegliere quella con una precisa intonazione (432 hertz) e struttura di ritmo e melodia capaci di indurre effetti biologici», aggiunge il dottor Emiliano Toso, biologo e musicista compositore, ideatore del progetto Translational music che ha creato brani con tali caratteristiche (reperibili su emilianotoso.com). Questo tipo di musica ha un’azione biochimica sul cervello che induce la produzione di ossitocina (l’ormone dell’attaccamento e dell’amore) e dopamina, ormone che protegge le cellule nervose. Nello stesso tempo, ha un effetto biofisico sui liquidi corporei: manda in risonanza le nostre cellule con segnali vibrazionali che agiscono da interruttori nell’accendere i geni “buoni”. Ascoltarla , nei momenti di relax, ma soprattutto quando si è tesi, diventa perciò una sorta di medicina epigenetica». Ricordiamocelo, tutte le volte che cerchiamo di scacciare ansia e stress.


RISVEGLIA LA POSITIVITÀ

Per “allenare” il senso di gratitudine, Michaela Döll consiglia di annotare su un diario, tutti i giorni, le cose positive della nostra vita, comprese quelle che sembrano ovvietà, come avere abiti caldi che ci proteggono dal freddo, o la libertà di fare una passeggiata quando se ne ha voglia.

Occorre riportare “nero su bianco” i fatti importanti per cui si è grati (famiglia, lavoro, successo, salute), ma anche i piccoli eventi che regalano felicità: un attimo di relax davanti ad una tazza di tè, l’incontro con una persona simpatica, una chiacchierata con un’amica, una doccia calda.

«Scrivere, scavando però nel proprio intimo e quindi anche annotando con sincerità gli eventuali pensieri negativi e i comportamenti che non ci sono piaciuti, permette di ristrutturare il pensiero e di uscire più facilmente dalle situazioni di difficoltà, di guardare la vita con occhi diversi, di allontanare rabbia e tristezza, di aumentare l’autostima e di resettare il nostro epigenoma», aggiunge il professor Francesco Bottaccioli.



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Articolo pubblicato sul n. 2 di Starbene in edicola dal 27 dicembre 2018

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