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Come mangiare sano e senza troppe rinunce

Parola d’ordine: portare in tavola cibi che spengono l’infiammazione, tanto nociva per la salute. Con i trucchi della dottoressa Serafina Petrocca lo puoi fare anche salvando il gusto: sono ammessi persino burro e frittura

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Gli esperti sono ormai d’accordo. Malattie gravi come tumori, Alzheimer, obesità e infarto hanno un denominatore comune: l’infiammazione, che è scatenata spesso da ciò che mangiamo.

Dobbiamo condannarci allora a una dieta di restrizioni e rinunce? A piatti sconditi e a menu senza dessert? «Niente affatto. Mangiare in maniera salutare non vuol dire rinunciare al gusto, anzi: significa riscoprire il piacere di tutti i sapori e non alzarsi mai da tavola insoddisfatti», risponde Serafina Petrocca, nutrizionista specializzata in alimentazione per pazienti oncologici e autrice di Mangia meglio, vivi a lungo (Fabbri, 17 €). A lei abbiamo chiesto quali sono gli alimenti che ci fanno bene e quali quelli da limitare e come utilizzarli senza mortificare il piacere della tavola. Scopri con noi i falsi miti da sfatare.


Lo zucchero è tra i principali responsabili dell’infiammazione: meglio sostituirlo con gli edulcoranti?

«No, i dolcificanti artificiali è meglio evitarli. Perché al corpo arriva comunque il segnale che si è ingerito qualcosa di dolce e il meccanismo dell’insulina si attiva lo stesso per abbassare la glicemia (vedi box nell’ultima pagina dell’articolo). Anche quelli “naturali” (sciroppo d’agave, malto eccetera) vanno usati con moderazione, al pari del saccarosio. Possono essere utili per abituarsi a sapori meno dolci, perché alcuni hanno un gusto caramellato che dà un tocco in più, ma gli effetti sulla glicemia non cambiano. E attenzione al fruttosio: il suo uso sembra essere associato a danni al fegato».


E la stevia? Non viene consigliata anche a chi ha problemi di diabete?

«Sì, ma il suo limite principale è il sapore, che non dà molta soddisfazione: si rischia quindi di rifarsi sugli zuccheri tradizionali. Inoltre, da alcuni studi pare che predisponga l’intestino ad assorbire maggiormente gli zuccheri che provengono dagli altri alimenti».

Il burro va bandito?

«No, i lipidi sono fondamentali per il buon funzionamento dell’organismo. Anche quelli saturi contenuti in questo “condimento” derivato dal latte. I grassi da evitare sono quelli “artificiali”, come le margarine (idrogenate e no), presenti in molti prodotti industriali».

Il risotto si può mantecare allora?

«Direi che si deve, ovviamente senza esagerare. Per perdere peso è sbagliatissimo eliminare i carboidrati e i grassi. La classica bresaola con insalata non aiuta a dimagrire, anzi. Quando mangiamo solo proteine, come in questo caso, l’insulina si alza ugualmente e “sequestra” quel po’ di zuccheri che sono in circolo facendo crollare la glicemia. Il risultato? Ci viene subito fame e voglia di dolce. La soluzione è puntare sui carboidrati complessi, ossia pasta, pane e in generale cereali integrali, ma anche su chicchi come quinoa e grano saraceno o sui legumi. Ben vengano allora piatti completi come la pasta con le vongole, o con i calamari e le zucchine, o ancora con il ragù di pesce... Ci permettono di mantenere equilibrio e gusto».

Bisognerà fare attenzione alle porzioni allora...

«Non serve stare con il bilancino a pesare la quantità di pasta. Se si combinano bene i nutrienti tra loro, anche 100-120 g di pasta non fanno alcuna differenza. Ci si sazia con gusto e si tengono a bada i picchi di glicemia per molte ore. L’ideale è organizzare menu che prevedano carboidrati complessi, abbinati alle proteine di carne, pesce, uova o un po’ di formaggio, a fibre derivanti dalle verdure e a grassi di buona qualità, soprattutto quelli dell’olio extravergine di oliva. Proteine, grassi e fibre hanno un compito fondamentale perché rallentano l’assorbimento degli zuccheri presenti nei carboidrati. E la fame non si sente per molte ore».


Però ai dolci bisogna rinunciare.

«Biscotti, merendine industriali e prodotti da pasticceria dovrebbero rappresentare un’eccezione. I dessert possiamo imparare a farli in casa, usando farine integrali, fiocchi d’avena, frutta fresca e secca, uvetta sultanina e un po’ di zucchero di canna o di sciroppo d’acero. Sono perfetti a colazione, al posto del tradizionale latte e biscotti che fa impennare la glicemia. Si tratta solo di educare poco alla volta il gusto ad apprezzare sapori meno dolci».

E con i fritti, solitamente esclusi dalle diete, come comportarsi?

«Non serve rinunciarvi. Anzi, se eseguita bene, la frittura è uno dei metodi di cottura “salva-glicemia”. Ma deve essere fatta seguendo certe regole: gli alimenti devono essere pastellati o impanati e immersi totalmente nell’olio, preferibilmente d’oliva o di arachidi. Con il calore elevato, la farina o il pane grattugiato si caramellizzano, creano cioè quella crosticina che non fa penetrare il condimento nel cibo. Prima del consumo è comunque consigliato asciugare bene il fritto con la carta assorbente».

Anche il “soffritto” va bene?

«Sì, addirittura lo consiglio per la pasta, che va prima cotta al dente, poi saltata in padella con l’olio. In questo modo gli amidi presenti diventano meno assimilabili. E il nostro palato sarà soddisfatto, così non andremo a cercare dolci».

La carne è spesso sul banco degli imputati. Come regolarsi?

«Personalmente non ne incentivo il consumo, preferisco consigliare il pesce, soprattutto quello azzurro. Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (Wcrf) dice di limitare il consumo di carni rosse e di evitare quello di carni conservate, non superando i 500 g alla settimana».

Adesso vanno “di moda” i prodotti senza glutine anche per chi non è celiaco. Sono davvero più leggeri?

«No, perché per sopperire alla mancanza di glutine e dare corposità al prodotto vengono usati tanti grassi e altre farine con indici glicemici molto alti. Invece vanno benissimo gli alimenti naturalmente privi di glutine, come riso e mais».

Un cibo solitamente considerato tabù sono le patate...

«Qui c’è un trucco per non privarsene. È vero che fanno impennare la glicemia, soprattutto quando si consumano lessate, ma se si tengono in frigorifero prima di cucinarle, gli amidi si modificano e diventano meno assorbibili. Oppure basta abbinarle a grassi e proteine, per esempio a un’orata al cartoccio, e il problema è superato. Se poi si fa il purè, aggiungendo un po’ di burro (e quindi di grassi che “bloccano” l’insulina) il gioco è fatto».


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A colazione e a pranzo non rinunciare a pasta e pane (meglio se integrali): ti eviterà di avere pericolosi cali di zuccheri nelle ore più attive della giornata.

E a cena? Meglio ridurre le porzioni dei cereali o puntare su un piatto di legumi, soprattutto se si hanno problemi di peso. «Durante il sonno le cellule (avendo meno carboidrati a disposizione) utilizzerannoper produrre energia i grassi di deposito, a tutto vantaggio della linea», spiega la dottoressa Serafina Petrocca. «Al contrario, se ingeriamo zuccheri semplici (perché ci concediamo un dolce a fine pasto), l’organismo produrrà tanta insulina, che impedirà di bruciare i cuscinetti favorendone in più l’ulteriore stoccaggio».


I NEMICI N°1: GLI ZUCCHERI

Tra le sostanze che favoriscono l’infiammazione, al primo posto ci sono gli zuccheri semplici, quelli che troviamo nei dolci: saccarosio, glucosio e tutti gli altri che finiscono nello stesso modo (maltosio, fruttosio...). Il motivo? A lungo andare causano un fenomeno chiamato

insulino-resistenza. Significa che l’ormone prodotto dal pancreas per abbassare la glicemia non funziona più come dovrebbe. Così gli zuccheri vengono accumulati sotto forma di grasso nell’organismo, provocando reazioni a catena che favoriscono l’infiammazione.


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Articolo pubblicato sul n. 1 di Starbene in edicola dal 18 dicembre 2018

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