Tennis e infortuni: che cosa è successo a Matteo Berrettini

Anche la corazza d’acciaio di un campione di tennis come Matteo Berrettini può incrinarsi: durante le Atp Finals a Torino a novembre 2021, il tennista ha avuto un infortunio agli addominali. Un luminare illustra cause e cure del problema



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La smorfia di dolore. Poi lo sguardo fisso nel vuoto, mentre le mani del fisioterapista tentano il miracolo. E infine le lacrime. L’infortunio di Matteo Berrettini resterà il ricordo più amaro delle Atp Finals che si sono svolte a Torino nel novembre 2021. A tradire il gigante del tennis italiano, numero sette nel ranking mondiale sono stati gli addominali obliqui. «Questi muscoli si trovano nella parte laterale dell’addome e svolgono importanti funzioni per il mantenimento della postura, la respirazione e la torsione del busto», spiega Arturo Guarino, Direttore della Traumatologia Sportiva dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano ed ex medico sociale dell’Inter.

Proprio i calciatori, fino a qualche tempo fa, erano gli sportivi più colpiti da questo infortunio. Mentre oggi capita anche ai tennisti: colpa dell’evoluzione del gesto atletico. «Nel tentativo di anticipare sempre più l’impatto della racchetta sulla pallina, si finisce per imporre una forte rotazione del tronco mentre il bacino resta pressoché fermo: basta una sollecitazione esasperata di pochi microsecondi per danneggiare il tessuto», sottolinea l’ortopedico.


Un errore diffuso: assumere un antidolorifico per continuare

Sebbene non sia frequente, questo genere di infortunio può capitare anche ai tennisti amatoriali, così come agli atleti impegnati negli sport di elevazione e caduta (come basket e pallavolo) e nelle discipline di lancio (tipo il giavellotto). Purtroppo, è possibile che accada anche fuori del campo, «soprattutto alle persone che per lavoro devono sollevare e spostare carichi pesanti», precisa Guarino. Quando si subisce una microlesione del muscolo obliquo dell’addome, il dolore è immediato e così acuto da impedire il movimento. Assumere un antidolorifico per continuare a giocare (o lavorare) è un grave errore che rischia di peggiorare la situazione. Bisogna mettersi a riposo e rivolgersi a un pronto soccorso ortopedico traumatologico per sottoporsi tempestivamente a ulteriori approfondimenti: in prima battuta ci si avvale dell’ecografia, ma l’esame più utile per valutare il danno resta la risonanza magnetica.


Stop da 2 a 5 settimane e sì a un menu ricco di fibre e liquidi

«A seconda della gravità dell’infortunio, è presumibile un periodo di riposo assoluto dalle 2 alle 5 settimane: la cicatrizzazione della lesione ha infatti dei tempi biologici che valgono per tutti, sportivi e non», afferma l’ortopedico. Riposo comunque non significa immobilità totale: dopo i primi giorni è infatti possibile riprendere gradualmente una vita pressoché normale, evitando ovviamente attività fisica, sforzi e movimenti bruschi, che possano sollecitare il muscolo danneggiato. Inoltre, attenzione alla stipsi: può essere un problema e per questo, ricorda Guarino, «è utile impostare un’alimentazione ricca di fibre e liquidi che aiuti la regolarità intestinale, riducendo la necessità di contrarre gli addominali per l’evacuazione».


Riscaldamento e stretching per evitare ricadute

La riabilitazione gioca un ruolo fondamentale per il recupero. Secondo Guarino è utile cominciare il percorso in acqua, perché riduce l’effetto della forza di gravità ed è possibile eseguire movimenti più dolci. Col tempo si aumenta l’intensità degli esercizi, ma sempre monitorando l’insorgenza di eventuali sintomi dolorosi. Per ridurli si può ricorrere alla tecarterapia, che stimola il tessuto con le radiofrequenze, o alla termoterapia, che invece usa il calore. La ripresa del movimento richiede cautela, perché le nuove fibre muscolari che si formano per riparare la lesione sono meno elastiche di quelle normali. Per evitare che questo punto di debolezza porti a una ricaduta, «è fondamentale che ci si prepari adeguatamente all’attività fisica con esercizi di riscaldamento, allungamento e stretching», conclude l’esperto.



Tre avversari in campo e fuori

Non capita solo ai grandi sportivi: a tutti può succedere di lesionarsi un muscolo durante l’attività fisica o in seguito a uno sforzo calibrato male, nella vita di tutti i giorni. Il danno può essere di tre tipi.

  • Stiramento

    È una contrattura da sovraccarico che causa una lieve perdita di funzione del muscolo, ma senza impedire il movimento. Si risolve in 2-3 settimane con il riposo e la terapia del calore.


  • Distrazione

    Si tratta di una microlesione del tessuto muscolare che può costringere a uno stop di circa 3 settimane. Per favorire il riposo del muscolo, a seconda della sua localizzazione, è possibile ricorrere anche all’immobilizzazione con steccature o bendaggi.


  • Strappo

    Lo strappo è una lesione importante (anche di 1-2 centimetri) capace di mettere il muscolo fuori uso per oltre un mese. La terapia dipende dall’entità del danno, che deve essere valutata dallo specialista (ortopedico oppure medico sportivo).


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