Intervista a Sara Galimberti: niente è più elegante della corsa

Fondista, mezzofondista, running coach, influencer. E con un passato da concorrente di Miss Italia. Quando la bellezza si unisce alla passione per lo sport



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Ci sono i velocisti per cui la corsa è potenza allo stato puro: si sprigiona in pochi secondi, dal colpo di pistola al traguardo. Poi ci sono i fondisti: concentrati e instancabili, coprono con falcate sofferte ma implacabili le lunghe distanze. Sara Galimberti, 27 anni di Giussano (Mb), atleta e influencer, fa parte di questa seconda schiera. Ma più che una podista che divora distanze micidiali sembra una modella con gambe da gazzella e sorriso disarmante. Sul set fotografico è la prima ad arrivare e si concede senza ansie al trucco. «Mi sembra di tornare al 2009, quando ho partecipato a Miss Italia», dice divertita. Eh, già: Sara è anche stata Miss Lombardia e ha gareggiato tra le più belle d’Italia.


Una scelta voluta quella di partecipare a Miss Italia?
«No. Mi hanno iscritta, a mia insaputa, mamma e sorella. All’inizio la cosa non mi entusiasmava: perdere qualche mese di allenamento non era tra i miei programmi. Invece poi mi sono divertita molto. Al concorso c’era un’atmosfera divertente, un po’ collegio un po’ gita scolastica. Ricordo questo stuolo di ragazze (eravamo 100) ognuna tra le mani di altrettanti make up artist. Nella frenesia della manifestazione era uno dei momenti più rilassanti. Chiusa la faccenda, sono tornata alla corsa ma non sono affatto pentita di aver provato anche quell’esperienza così lontana dall’agonismo sportivo che da sempre fa da sfondo alla mia vita».


Quando hai scoperto di avere gambe potenti?
«Da piccola. Mia madre correva a livello amatoriale e mi portava spesso con lei al campo sportivo. Provare è stato naturale e i risultati sono arrivati quasi subito, s’intuiva che avevo stoffa. E anche un difetto: non amavo la competizione. In allenamento non avevo problemi, ma prima delle gare singhiozzavo disperatamente. Ho superato quest’ostacolo emotivo migliorandomi: i miei tempi si abbassavano e io acquistavo in sicurezza. E oggi la sfida (soprattutto quella con me stessa) mi galvanizza».


Cosa ti piace della corsa?
«Il gesto atletico. È lo sport per eccellenza, il più antico: un atleta che corre è bellezza pura anche per chi guarda. Per questo motivo non ho mai amato molto le gare campestri. Lì ci s’inzacchera di fango, in qualche maniera si perde l’eleganza».


A cosa pensi mentre “vai”?
«Dipende. Quando mi alleno, ascolto suoni importanti e per me immersivi come i passi sul selciato o il ritmo ipnotico del respiro. In gara, invece, sono così concentrata sui miei movimenti che non penso a niente se non a quello che sto facendo».


In che momento hai capito che la corsa poteva diventare una professione per te?
«L’idea è maturata giorno per giorno, ma ho seguito un iter di studi normale: liceo linguistico e laurea in Linguaggi dei media all’Università Cattolica di Milano. La società, la Bracco Atletica, mi ha dato piena disponibilità e oggi, accanto alla mia attività personale, seguo un progetto che amo tantissimo. Sono capitana degli Adidas Runners di Milano: non solo partecipo agli allenamenti, ma li programmo e seguo personalmente i partecipanti. Il running coaching è parte integrante del mio vivere lo sport».


La tua attività di motivatrice si sviluppa anche sui social, a partire da Instagram.
«Mi diverto tantissimo a postare sia momenti di allenamento sia istantanee della mia vita privata. Vado di autoscatto oppure mi affido ai click del mio fidanzato. Metto spesso anche i miei tempi e questi contenuti sono quelli che piacciono di più ai miei follower-runners, che mi chiedono spesso dettagli tecnici o consulti sui materiali (scarpe in prima linea). Rispondo sempre, perché per me è davvero un piacere fare coaching anche via social. Mi capita anche di essere riconosciuta quando mi alleno nei parchi: non mi ci sono ancora abituata e la cosa mi emoziona sempre un po’».


Raccontaci una tua giornata.
«Sveglia alle 5.30, perché dalle 6 alle 7 ho coaching al Parco Sempione di Milano. Colazione, poi mi dedico al mio allenamento: piscina, palestra o corsa. Dimenticavo il mio cane, Fonzie! Tra un ritorno e l’altro a casa porto a correre anche lui. Per fortuna i “turni” più impegnativi, la prima uscita della mattina e l’ultima della sera, li copre Marco, il mio fidanzato. Quindi pranzo, lavoro al pc, allenamento pomeridiano, altra uscita con Fonzie e finalmente cena di coppia. Non sono una nottambula: non me lo posso permettere».

La moda ti interessa?
«Tanto, per esempio i vestiti eleganti da sera mi piacciono da pazzi, ma ho poche occasioni per indossarli. In quel caso metto anche i tacchi e riesco persino a sorridere nonostante i dolori ai miei piedi ormai sneaker-dipendenti. Dal lunedì al venerdì sono sempre in tuta e anche nel weekend ho uno stile casual, con una deriva rock perché il mio capo cult è il chiodo con taglio vintage e zip d’ordinanza».


Passiamo alla routine beauty
«Ho la pelle secca, sensibilissima. Colpa del sudore, l’inevitabile “must-have” di chi corre. Cerco quindi di idratarmi in abbondanza. Adoro truccarmi, ma sono negata in questo campo, come sono un disastro in cucina: bellissimo farsi truccare da professionisti, anche perché io non arrivo oltre correttore e mascara. Altro problema delle runner sono i capelli lunghi, che raccogliamo, spesso ancora bagnati dalla doccia, in chignon. Cerco di curarli nel weekend ma con pochi risultati (non è vero, Sara li ha bellissimi, ndr)».


C’è qualcosa di te che vorresti cambiare?
«Fino a poco tempo fa avrei risposto il seno: non perché mi disturba nella corsa - basta un buon reggiseno tecnico - ma perché mi sarei preferita comunque più piatta. Oggi però mi vado bene tutta intera, curve comprese».


Parliamo di quel qualcosa di molto brillante al tuo anulare sinistro?
«È una new entry: Marco me l’ha dato da pochissimo e mi ha chiesto di sposarlo! Sono rimasta senza parole, abbiamo sempre scherzato sul matrimonio e invece quest’anello è la prova che facciamo sul serio».


Come t’immagini tra 10 anni?
«Con Marco e con qualche bambino. Ma, soprattutto, sarò quella che sono ora: un’atleta che corre».


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Articolo pubblicato sul n. 47 di Starbene in edicola dal 5 novembre 2019

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