Carlotta Gilli: «Il nuoto è la luce dei miei occhi»
“Wonder Gilli” soffre di una malattia genetica rara che le ha compromesso la vista, fin da bambina. In piscina ha trovato la sua dimensione e oggi è una campionessa paralimpica plurimedagliata

La chiamano "Wonder Gilli" perché fa meraviglie, in piscina ma non solo. Carlotta Gilli ha vinto la sua prima medaglia d’oro a sette anni, proprio quando ha cominciato ad avere seri problemi alla vista; una diagnosi che però non l’ha fermata, anzi l’ha motivata a seguire le sue passioni.
Oggi Carlotta Gilli è campionessa paralimpica in diverse specialità ed è anche impegnata in progetti per promuovere l’inclusività e rendere lo sport accessibile a tutti i bambini con disabilità.
L’abbiamo intervistata durante la preparazione ai Mondiali di nuoto paralimpici di Singapore.
Carlotta, sei entrata in vasca molto piccola e non ne sei più uscita…
«Sì, ho fatto tutto l’iter, dai corsi di acquaticità all’agonismo. In realtà, all’inizio avrei preferito giocare a calcio ma i miei genitori, entrambi medici, mi ripetevano quello che si sentono dire moltissimi bambini: il nuoto è uno sport completo e benefico per la crescita; solo dopo aver imparato a nuotare bene avrei potuto scegliere lo sport che preferivo. A sette anni la svolta: partecipo alla mia prima gara e vinco la medaglia d'oro. Lì ho capito che era quello che volevo fare da grande».
Poi però hanno cominciato a manifestarsi i disturbi alla vista.
«In seconda elementare, la mia maestra si era accorta che avevo difficoltà a vedere la lavagna da lontano, facevo strani errori e mi avvicinavo troppo al foglio per leggere e scrivere; pensavamo che si trattasse di un problema risolvibile con un paio di occhiali. Invece per arrivare alla diagnosi il percorso è stato lungo e complesso. In quel periodo l’incoscienza tipica dell’età mi ha aiutato, perché da bambina non mi rendevo conto della gravità: ero convinta che con le medicine giuste sarei guarita. Sono stati i miei genitori a spiegarmi che, al momento, non esisteva una cura. Io, non mi sono fatta troppo domande, ho reagito istintivamente considerando la malattia una sorta di compagna: è un po’ come se ci fossimo prese per mano cercando la strada per affrontare insieme questo viaggio, che poi è la vita».
Di che patologia soffri?
«Malattia di Stargardt: è rara e di origine genetica; colpisce in particolare la macula, la zona centrale della retina responsabile della visione nitida e dettagliata. Per semplificare, diciamo che vedo tutto, anche i colori, ma come in un mondo rimpicciolito. È quello che dico quando vado a parlare nelle scuole di inclusività: i bambini, soprattutto i più piccoli, quando mi vedono muovere e comportarmi come una normodotata, mi fanno domande molto dirette, vogliono capire. Tutto mi appare molto lontano e tutto ciò che è scritto, per me, è piccolissimo, come se si trattasse dei caratteri dell’ultima riga della tavola optometrica usata dagli oculisti».
Ma la tua vita non è cambiata...
«Per nulla, ho continuato con gli studi, il nuoto, mi piace molto anche sciare e frequentare gli amici. Ho sempre affrontato le difficoltà giorno per giorno superandole; sono sempre stata determinata e anche piuttosto testarda, fin da piccola secondo i miei genitori. Dicono tutti che ho un carattere forte e penso che mi abbia aiutato ad affrontare la malattia, ma anche a raggiungere determinati risultati nello sport. Non mi sono mai sentita limitata, grazie anche al supporto di mamma e papà, e partendo dal presupposto che avrei potuto fare tutto, nonostante potessero esserci delle difficoltà. Ho ben chiaro chi sono e i miei obiettivi. E di questo devo ringraziare il nuoto».
Cosa ti ha dato questo sport?
«Mi ha permesso di scoprire me stessa, ha contribuito a formare il mio carattere, mi ha regalato e mi sta regalando gioie, soddisfazioni e la realizzazione dei miei sogni. Non mi sarei mai aspettata di vincere così tante medaglie nella mia carriera sportiva e soprattutto l’oro alle Olimpiadi. Un sogno fin da quando ho cominciato a nuotare: conquistarlo è entrare nella storia, sapendo di rimanerci per sempre. Quando gareggi quasi non te ne rendi conto, ma quando torni a casa, alla vita di tutti i giorni, solo allora realizzi di aver fatto qualcosa di grande. Per me è stato così dopo Tokyo, nel 2020 e Parigi, l’anno scorso».
Quali sono le tue specialità in vasca?
«Stile libero, farfalla e dorso, oltre ai misti, ma confesso di non essere brava nel nuoto a rana. Ammetto di essere piuttosto scarsa e quindi, quando affronto le gare “miste” con tutti e quattro gli stili, in quella frazione cerco di cavarmela in qualche modo. Ai prossimi Campionati Mondiali Paralampici a Singapore (al momento della pubblicazione in via di conclusione, ndr) gareggerò nei 50, 100, 400 stile libero; 100 farfalla, 100 dorso e 200 misti».
Non solo gare: sei anche impegnata in progetti per l’inclusività.
«Mi ritengo fortunata, quindi mi sento in dovere di restituire ad altri le gioie e le soddisfazioni che il nuoto mi ha dato, rendendo lo sport accessibile a tutti. Ecco perché sono diventata ambassador di “Campioni ogni giorno” con Procter & Gamble. Vorrei far capire ai genitori che i loro figli con disabilità non sono diversi, possono vivere una vita piena come quella dei loro coetanei anche grazie allo sport. Non necessariamente per diventare campioni, ma per stare meglio fisicamente, mentalmente e per avere l’opportunità di incontrare tanti amici e amiche e condividere questa passione».
Il progetto “Campioni ogni giorno”
La campagna, promossa da Procter & Gamble in collaborazione con il Comitato Paralimpico Internazionale e la Fondazione Milano Cortina 2026, è finalizzata a favorire l’accesso allo sport per i giovani con disabilità e a sostenere il programma “I’mPOSSIBLE” rivolto alle scuole. Inoltre P&G sta finanziando lo sviluppo di un’applicazione che le famiglie potranno utilizzare per individuare le organizzazioni sportive più accessibili, impegno che si estende al monitoraggio dell’accessibilità delle strutture nelle località sciistiche, in vista dei Giochi Invernali. Il progetto prevede anche una serie di iniziative, con le Federazioni Sportive Paralimpiche, per donare ausili per l’avviamento al rugby, al basket e all’hockey su ghiaccio paralimpico, per promuovere corsi di nuoto gratuiti per bambini con disabilità e l’installazione di “virtual trainer” nelle piscine per facilitare la pratica sportiva.
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