Giorgio Minisini, campione di nuoto artistico contro i pregiudizi

Ha scelto una disciplina, il nuoto artistico, considerata poco maschile. Un luogo comune che gli ha procurato non poche difficoltà. Superate con la forza dei suoi risultati



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Un campione, considerato il bottino di medaglie di questa estate, ma anche un ragazzo determinato a portare avanti la sua passione nonostante i pregiudizi e un atleta che si è fatto portavoce dello sport come inclusività. Questo in sintesi Giorgio Minisini, nuotatore artistico dal sorriso smagliante, amante del mare e cresciuto a pane e piscina. In famiglia tutto infatti ruota intorno al nuoto sincronizzato, come si chiamava allora: mamma ex sincronette e allenatrice, padre giudice di gara. Così, come la sorella, anche lui e il fratello maggiore, nonché il cugino si ritrovano in piscina per allenarsi.

Sicuramente una scelta non comune per un bambino, a quei tempi, che gli ha creato qualche difficoltà negli anni delicati dell’adolescenza perché, nell’immaginario collettivo, le coreografie in acqua sono un territorio femminile, fatto anche di costumi sgargianti e lustrini e quindi non certo una disciplina “da maschio”. Tutto ciò non gli ha impedito di crescere convinto della sua scelta e di collezionare vittorie ai recenti campionati mondiali ed europei, nel Duo misto con Lucrezia Ruggiero e nel Solo, il singolo maschile. Ma anche di utilizzare la visibilità del podio per impegnarsi in un progetto che l’ha portato ad esibirsi con Arianna Sacripante, una campionessa speciale. Come ci racconta in questa intervista.


Praticare questo sport, agli esordi, ti ha creato momenti difficili. Come li hai affrontati?

Con il sostegno della mia famiglia, della squadra e degli amici. Mi hanno aiutato a capire che tutte le prese in giro e gli appellativi poco simpatici derivavano da ignoranza e superficialità da parte di chi non capiva e conosceva quello che facevo. Venivo giudicato in base a preconcetti, fino a mettere in dubbio la mia identità, anche dal punto di vista sessuale: “se fai nuoto sincronizzato sei per forza gay”, questo era il contesto. E in un’età in cui era fondamentale per me, come per tutti, poter affermare chi ero e cosa volevo, tutto ciò non era facile da affrontare. Oggi è uno sport più praticato, ma allora, noi bambini del sincro ci sentivamo quelli che “gli altri non sanno cosa si perdono” e, in realtà, da parte di amici e compagni c’era più curiosità che altro. Poi però, crescendo, alle medie e durante il liceo vedevo opposizione ovunque, nelle regole stesse che mi impedivano di gareggiare ad alti livelli. Anche nell’ambiente del nuoto, per alcuni, la mia presenza, soprattutto quando ho cominciato a ottenere risultati, toglieva “posto” alle ragazze. Tutto ciò però mi aiutato ad avere pazienza, a continuare a lavorare sodo per raggiungere i miei obiettivi.


In effetti a livello agonistico, il nuoto sincronizzato si è aperto agli uomini solo nel 2015.

Sì, con le gare del duo misto ai campionati mondiali ed europei. Ed è solo da quest’anno che gli uomini possono gareggiare nel singolo. Al momento non esiste ancora la categoria olimpica.


Ma c’è stata anche un’altra rivoluzione, nel nome e di fatto.

Oggi infatti si parla di nuoto artistico. Una decisione voluta dalla Federazione internazionale di nuoto nel 2017, per adeguare la disciplina ai cambiamenti avvenuti. Con l’introduzione del duo misto, sono cambiate sia la velocità sia alcuni aspetti tecnici degli esercizi. Prima l’esecuzione era più lenta perché l’obiettivo era ottenere la sincronizzazione perfetta tra le atlete, adesso conta la coordinazione ma anche le differenze delle evoluzioni tra le due figure, maschile e femminile. Una diversità che si deve notare. Nella coreografia ci devono essere un certo numero di movimenti e figure obbligati, ma c’è anche una parte più libera, lasciata all’interpretazione. Tendenzialmente si è trasformato in uno sport più coreografico, che si avvicina per certi versi al pattinaggio e alla ginnastica artistici. Inoltre, è importante mostrare il più possibile quello che avviene in vasca, la parte fuori dall’acqua, in modo che il pubblico possa apprezzare.


Per ottenere la coreografia vincente quanto ti alleni?

In media 8 ore al giorno, a volte anche di più. In acqua, lavoriamo sul condizionamento muscolare, proviamo e riproviamo gli esercizi, costruiamo la coreografia. Poi c’è il lavoro “a secco”, per sviluppare forza, mobilità ma anche quello che noi chiamiamo “teatro”, l’espressività di gesti e viso. Una parte fondamentale è il lavoro sulla respirazione e le tecniche di apnea, non solo per sviluppare la capacità polmonare e poter resistere sott’acqua. Questi esercizi sono importanti anche dal punto di vista mentale: aiutano a gestire la tensione prima della gara e a mantenere alta la concentrazione durante, a dosare le forze. In 3 minuti, quanto dura il nostro esercizio, ti giochi 10 mesi di lavoro.


Oltre alle medaglie con Lucrezia Ruggiero, hai vinto nel singolo, con una coreografia ispirata alla tutela dell’ambiente.

Agli ultimi europei di Roma si è svolta, per la prima volta, la gara di Solo maschile e ho colto l’opportunità per esprimere qualcosa di personale. Ho realizzato una coreografia ispirata al mare, a cui sono molto legato. Inoltre, studiando biologia all’Università, sono molto attento ai temi che riguardano la preservazione degli ecosistemi e alla sensibilizzazione contro l’inquinamento. L’ho intitolato “A plastic sea”, esibendomi sulla voce di David Attenborough (il famoso naturalista britannico), per porre l’attenzione sull’impatto della plastica sull’ambiente. Il mio costume infatti era in parte realizzato con plastiche che ho raccolto in mare. 


Raccontaci del tuo impegno per uno sport che va oltre la disabilità. Volevo dare ancora più valore alle mie vittorie, cogliendo l’opportunità della mia visibilità.

Le medaglie sono un grande risultato ma, in un certo senso “finiscono” nel momento in cui scendi dal podio; invece desideravo metterle a frutto. Così, nel 2018, ho avuto l’opportunità di conoscere Arianna, campionessa di nuoto artistico con sindrome di down, di iniziare a lavorare con lei e di esibirci in occasioni di eventi internazionali. Un modo per mostrare che si possono unire questi due mondi, che sembrano così distanti. Per me è stato facile con Arianna perché ci unisce la stessa passione, è come se parlassimo lo stesso linguaggio. Devo molto anche al Progetto Filippide che segue Arianna e la sua famiglia, su tutti l’allenatrice Sabrina Bernabei. Mi hanno aiutato ad entrare gradualmente nel suo mondo, scoprendo per esempio la consapevolezza che lei stessa ha della sua disabilità, cosa che non immaginavo. L’obiettivo è quello di arrivare a competizioni in cui atleti con disabilità e non possano gareggiare insieme, dando un messaggio di vera inclusività.


Con Arianna, una campionessa speciale

Giorgio Minisini si è esibito ai campionati europei di Roma, 2022 con Arianna Sacripante, campionessa di nuoto artistico con sindrome di down. Un “duo” nato grazie al Progetto Filippide, associazione che promuove l’attività sportiva come strumento di inclusione per chi è affetto da disabilità mentale. Insieme si sono esibiti anche alle World Series a Budapest nel 2019.


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