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Tumore al pancreas: i sintomi e come si cura

Individuare in tempo il tumore del pancreas non è semplice, ma i metodi per affrontarlo offrono speranze per il futuro

Foto: iStock



Lo chiamano il big killer perché, fra tutte le neoplasie, il tumore al pancreas è tra quelli con prognosi infausta, con una sopravvivenza a cinque anni dell'11%. Una percentuale sconfortante, se si pensa che il tumore al pancreas presenta numeri importanti: secondo il rapporto I Numeri del cancro in Italia 2022, l'anno scorso sono state stimate circa 14.500 nuove diagnosi.

Quarta causa di morte per tumore nei paesi occidentali, si stima che nel 2030 il tumore del pancreas diventerà la seconda, subito dopo il cancro al polmone (fonte: airc.it). Per questo è importante battere i tasti di prevenzione e diagnosi precoce. Ecco l'identikit del tumore al pancreas e le nuove, promettenti, strategie terapeutiche che si stanno affermando.


Dove nasce il problema

Organo spesso dimenticato, il pancreas svolge in realtà un ruolo importantissimo, avendo una funzione sia digestiva (secerne enzimi coinvolti nella digestione di carboidrati, lipidi e proteine) sia endocrina, che si esplica nella produzione di ormoni fondamentali per il nostro metabolismo, come l'insulina, il glucagone, la somatostatina e il polipeptide pancreatico.

«La forma tumorale più frequente è il cosiddetto adenocarcinoma duttale, che origina all'interno dei dotti deputati al trasporto degli enzimi digestivi», spiega il professor Riccardo Casadei, ordinario di Chirurgia generale all’Università di Bologna e direttore dell’Unità operativa complessa di Chirurgia del pancreas ed endocrina del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. «Poiché si tratta di un organo piuttosto esteso, il tumore può localizzarsi a livello della testa del pancreas, che è a contatto con il duodeno (la prima parte dell’intestino), nel corpo o nella coda, vicino alla milza. Benché non si conoscano ancora tutti i fattori di rischio che portano allo sviluppo del tumore, gli studi clinici dimostrano un'evidente correlazione con il fumo di sigaretta, l'obesità, una dieta ricca di grassi saturi e povera di verdure, l'abuso di alcolici, la sedentarietà e le pancreatiti, cioè le infiammazioni ricorrenti al pancreas».


I segnali da non sottovalutare

Purtroppo, nel 70% dei casi il tumore del pancreas viene riconosciuto tardi, quando l'adenocarcinoma duttale è già in uno stadio avanzato o metastatico. «Le cause della diagnosi tardiva sono diverse», prosegue il professor Casadei. «Innanzitutto non si hanno sintomi e, quando compaiono, sono aspecifici, non immediatamente riconducibili al tumore al pancreas. In secondo luogo, occorre tenere conto della velocità di disseminazione delle cellule maligne, che in questo caso invadono rapidamente i linfonodi e gli organi vicini quali stomaco, fegato, milza e dotti biliari», spiega l'esperto.

I campanelli d'allarme da prendere in seria considerazione sono i seguenti: nausea, astenia (stanchezza profonda e immotivata), mancanza di appetito e perdita di peso, comparsa di diabete improvviso o aggravamento di questa malattia pregressa, e ittero, cioè colorito giallo della pelle e degli occhi. Quest'ultimo è dovuto all'eccesso di bilirubina nel sangue ed è spesso accompagnato da urine scure e feci chiare.

Quanto al dolore è sordo e non sempre riferito dai pazienti. Si caratterizza per la tipica localizzazione "a cintura", che dalla parte superiore dell'addome si irradia verso la schiena. In presenza di questi sintomi sospetti è sempre bene rivolgersi a un gastroenterologo per iniziare l'iter degli accertamenti. In prima battuta, verrà prescritta un'ecografia addome completo, poi esami di secondo livello come la TAC con mezzo di contrasto iodato. In casi selezionati, può essere utile prescrivere anche la RM accompagnata, a volte, dalla colangio risonanza magnetica, cioè lo studio approfondito dei dotti biliari per vedere se ci sono dei punti di ostruzione.


Chirurgia e radioterapia

Se sede e dimensioni lo consentono, il carcinoma al pancreas è un candidato per l'intervento chirurgico di rimozione della massa tumorale. «La chirurgia di resezione pancreatica è l'opzione terapeutica più efficace e, a seconda dei casi, si programma una pancreasectomia parziale o totale, cioè con l'asportazione dell’intero organo. Se il tumore è di dimensioni limitate e si localizza nel corpo o nella coda del pancreas, oggi è possibile operare con tecniche mini-invasive, laparoscopiche o robotiche. Comportano incisioni minime, degenza post-operatoria ridotta, minore rischio di perdite ematiche e complicanze», dice il professor Casadei.

La chirurgia, a volte, è seguita dalla radioterapia per eliminare le cellule maligne residue ed eventuali localizzazioni linfonodali, riducendo così la possibilità di recidive. Anche in questo campo non mancano le novità, tese a migliorare la qualità del trattamento: la radioterapia a intensità modulata (IMRT) e quella stereotassica (SBRT) sono tecniche di avanguardia che consentono di emettere dosi più elevate, a fronte di effetti collaterali inferiori.


Oltre la chemioterapia

La chemioterapia rappresenta un passaggio obbligato per chi è affetto da carcinoma al pancreas. I cicli vengono somministrati in diverse fasi, anche prima dell’intervento con l'obiettivo di ridurre la massa tumorale. «Tra i farmaci più usati c’è la gemcitabina, da sola o in associazione ad altre molecole come il nab-paclitaxel, il fluorouracile, l'irinotecan e la capecitabina», prosegue l'esperto.

«La novità che ci fa ben sperare per il futuro è l'avvento della cosiddetta medicina di precisione, che oggi rappresenta una svolta nella cura di questa aggressiva patologia. Da un paio di anni in Italia è stata introdotta una terapia mirata, a base di olaparib, un nuovo antitumorale che ha dimostrato di offrire in prima linea, cioè nei pazienti non trattati, grandi benefici se preso in associazione al protocollo di cura standard. Olaparib viene prescritto ai malati con una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 (gli stessi implicati nel tumore al seno e alle ovaie), che sono circa il 10%, e ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza libera da progressione, riuscendo cioè a stabilizzare lo stadio in cui si trova il tumore». Si apre così finalmente, anche in questa malattia, una strada già percorsa con successo da altri tipi di neoplasie: offrire ai pazienti cure personalizzate in base alle mutazioni riscontrate nel profilo genetico-molecolare del tumore (la profilazione molecolare è un’analisi che permette di comporre la carta d’identità del tumore).

«Infine occorre ricordare il ruolo-chiave giocato oggigiorno dall'immunoterapia», aggiunge il professor Casadei. «Uno studio pubblicato su Gastroenterology dimostra che alcune molecole immunoterapiche quali pembrolizumab, se somministrate dopo uno o più cicli di chemioterapia secondo lo schema di una terapia sequenziale, rinforza sensibilmente i risultati conseguiti dalla "chemio". Perché tra i vari farmaci si creano efficaci sinergie».


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