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Acne: quali sono le nuove tecniche per combatterla

Per curare l’acne oggi si ricorre meno agli antibiotici e agli ormoni e si punta soprattutto sui trattamenti locali: dal peeling al laser al microneedling

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Il messaggio? L’acne non è più un ineluttabile tributo da pagare all’adolescenza, qualcosa di fisiologico che deve fare il suo corso (“passa quando ci si sposa”, dicevano le nostre nonne), ma una dermatite che può e deve essere curata.

Dermatologi e medici estetici, infatti, hanno sempre più frecce al loro arco, per evitare che brufoletti, pustole e punti neri rovinino l’immagine allo specchio di molti teenager, proprio quando sgusciano dalla famiglia per debuttare in società.

Ma quali sono le terapie più efficaci e innovative, nella lotta all’ultimo foruncolo? «Tra le cure tradizionali, va registrato un cambio di rotta per quanto riguarda la prescrizione di antibiotici», spiega il dottor Mauro Picardo, direttore del Laboratorio di fisiopatologia cutanea e del Centro di metabolomica dell’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma. «Mentre fino a qualche anno fa, per le forme di acne grave venivano prescritti per 4-6 mesi, oggi vengono dati per un massimo di un mese e mezzo, onde evitare di sconvolgere il microbiota intestinale e di alimentare il già diffuso fenomeno dell’antibioticoresistenza: più si assumono antibiotici, più diventano inefficaci.

Quanto all’isotretinoina, un derivato della vitamina A acida che si prende per bocca, si usa per almeno tre mesi e per un massimo di sei, sospendendo nel periodo estivo perché irrita e secca la pelle, già inaridita dal sole, e può provocare fotosensibilizzazione».

E la pillola anticoncezionale, un tempo data alle ragazze di default? Anch’essa è un po’ passata di moda. «Va prescritta solo nei casi di micropolicistosi ovarica (l’ovaio punteggiato da tante piccole cisti) e in presenza di altri sintomi, come l’irsutismo e un ciclo mestruale irregolare», risponde il dottor Picardo.

Quanto ai dosaggi ormonali, prescritti a volte ai ragazzi, servono poco. Molto raramente, infatti, si evidenziano degli squilibri tra gli ormoni sessuali tipici dell’adolescenza. E inoltre fluttuano in continuazione, in base allo stress (magari per lo studio), alla stagione o al periodo. Più delle alterazioni ormonali, si riscontra spesso un’ipersensibilità periferica, cioè un’eccessiva risposta delle ghiandole sebacee allo stimolo esercitato dagli androgeni. E su questo, c’è poco da fare.


I peeling dermopurificanti
La tendenza più attuale non è puntare sui farmaci, che hanno comunque degli effetti collaterali, ma fare un ciclo di trattamenti mininvasivi (perfetti anche in caso di acne tardiva, in età adulta) in grado di purificare la cute e di inibire la secrezione di sebo.

Tra questi, troviamo i peeling dermatologici, che utilizzano un mix di sostanze acide pronte a esfoliare la pelle in profondità, per rimuovere i comedoni (punti neri) e i punti bianchi (detti anche comedoni chiusi).

«Gli acidi più usati per curare l’acne in fase attiva sono il salicilico, il tricloroacetico e la resorcina, che viene usata fino al 18%», puntualizza il dottor Lucio Miori, dermatologo a Peschiera del Garda (Verona). Qualunque sia il cocktail prescelto, i peeling vanno applicati sul viso sotto forma di lozioni o di gel, lasciati agire per pochi minuti (da 2 a 5) e sciacquati con acqua fresca. Provocano un leggero rossore, microcrosticine che cadono in pochi giorni e la cosiddetta comedolisi, lo “scioglimento” degli antiestetici comedoni. L’importante è non fermarsi a un solo trattamento ma programmare un ciclo di 3-4 peeling dermatologici, uno al mese (circa 120 € l’uno).


Come funziona il needling
Una valida alternativa alle maschere-peeling è offerta dal microneedling, oggi molto di moda grazie all’avvento di particolari penne a scatto che celano in punta tanti minuscoli aghetti. «In pratica la pelle viene sottoposta a tante rapidissime microperforazioni che levigano l’epidermide, rinnovandola ed eliminando brufoletti e imperfezioni.

In questo modo, infatti, si stimola la neosintesi di collagene ed elastina. Seduta dopo seduta (ne servono da 3 a 5) la pelle appare più liscia e meno soggetta a eruzioni cutanee, mentre la produzione di sebo diminuisce», spiega il dottor Lucio Miori. Durante la seduta è possibile veicolare nella profondità del derma principi attivi ad azione antiseborroica, approfittando degli invisibili “fori” aperti nell’epidermide. «Una buona sinergia si crea con una nuova sostanza chiamata Ptx, un insieme di peptidi biomimetici ideato in laboratorio, che inibisce l’attività delle ghiandole sebacee», prosegue il dottor Miori. «Se si fa penetrare durante la seduta di microneedling, e si utilizzano poi creme a base di Ptx per la cura domiciliare, la riduzione di sebo sfiora l’80% in un mese, come dimostrano i test clinici».


La potenza della luce
Da quando si è scoperto che il Propionibacterium acnes (il batterio responsabile dell’acne) produce una sostanza sensibile alla luce, la coproporfirina 9, si sono moltiplicate le terapie che sfruttano particolari bande dello spettro luminoso per “disinfettare” la cute e diminuire la carica batterica. «Molto efficace è la terapia fotodinamica (nota come PDT, Photodynamic Therapy) che sfrutta i fotoni emessi da una lampada led a luce rossa», spiega la dottoressa Fiorella Bini, dermatologa a Firenze, docente di laserterapia al Master dell’Università Tor Vergata di Roma.

«Si fa un impacco occlusivo del volto con una sostanza fotosensibilizzante (acido 5 aminolevulinico) si attende un’ora per farla assorbire bene e si espone la pelle per pchi minuti a questa luce rossa, che ha un’azione antinfiammatoria, antibatterica e di rigenerazione tissutale. Più nuova è la versione chiamata daylight PDT (terapia fotodinamica alla luce del giorno) che prevede, dopo l’applicazione dell’impacco, la semplice esposizione alla luce solare per due ore.

Risultato? Pelle meno arrossata e risultati equiparabili al “bagno di luce” artificiale». Tra le cure antiacne che sfruttano la purezza delle bande luminose spicca anche Kleresca. Prevede l’applicazione sul viso di un gel cromoforo arancione che “cattura” e converte la luce blu emessa da un Led (405nm). Niente impacchi preliminari come per la PDT, si resta sotto la lampada, simile a quella abbronzante, per nove minuti e il gioco è fatto. I risultati però sono inferiori ed è quindi consigliata solo in caso di acne lieve-moderata. «Infine, nuove prospettive si aprono con l’infrarosso (800-900 nm) che, agendo più in profondità, stimola la sintesi di collagene e la rigenerazione dei tessuti», prosegue la dottoressa Bini. «Per questo è utile anche per attenuare le cicatrici da acne».


Quando è tempo di laser
Se la pelle è molto segnata da acne, comedoni e cicatrici depresse la soluzione più strong resta il raggio laser. «Da tempo si usa il C02, il laser ad anidride carbonica che vaporizza all’istante lo strato più superficiale dell’epidermide», spiega il dottor Marco Iera, specialista in chirurgia plastica ed estetica presso l’Istituto clinico Brera di Milano. «La tecnologia più nuova è quella che prevede il cosiddetto “brevetto Pixel”. In pratica, il raggio laser viene scomposto in 81 microcanali, analoghi ai pixel dei vecchi televisori a tubo catodico, che consentono di coniugare al massimo potenza e delicatezza. Questa scomposizione in tanti punti-luce permette, infatti, all’energia termica di penetrare nel derma profondo, per stimolare i fibroblasti, e nel frattempo di essere più delicata in superficie, provocando meno fastidio durante la seduta e meno eritema poi».


Fai il check-up della pelle

Si chiama nutrigenomica ed è la scienza che prevede l’utilizzo di integratori alimentari, come i complessi multiminerali e vitaminici, personalizzati perché prescritti in base alla proprio profilo genetico. «A chi soffre di acne consiglio di fare il test genetico della pelle (200 €) per esaminare il corredo predisponente la sua comparsa», puntualizza il dottor Marco Iera, specialista in chirurgia plastica ed estetica a Milano.

«Basta imbibire un tamponcino di saliva e sottoporlo a un’analisi di laboratorio. Serve a valutare lo stress ossidativo della cute, la quantità e la qualità del sebo, e i suoi meccanismi di difesa, visibili attraverso carenze di enzimi o di ioni idrogeno. In base al referto, la nutrizionista suggerirà un’integrazione mirata. Ad esempio con vitamine A, C, E e del gruppo B o con oligoelementi quali lo zinco e il selenio, spesso carenti nella dieta dei più giovani».


Il superintegratore

Ha un nome promettente, Bioenergen ed è un integratore liquido (per la precisione un estratto acquoso, privo di alcol) che si assume due volte al giorno, 30 gocce lontano dai pasti. Il suo plus? L’essere stato testato dall’Unità di dermatologia dell’ospedale di Cremona su trenta ragazzi e ragazze con acne lieve, moderata e grave. «Dopo 3 mesi di trattamento, ben 15 soggetti hanno rilevato un netta diminuzione di brufoli, punti neri e formazioni nodulo-cistiche», spiega il dottor Giorgio Terziani, visiting professor in discipline del benessere alla Saint George School di Brescia. «La sua forza sta nella composizione 100% naturale. Contiene, infatti, un folto mix di semi, foglie, frutti, radici, alghe, fiori e cortecce che purificano la cute dall’interno. Dolcemente, goccia dopo goccia».


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Articolo pubbicato nel n° 15 di Starbene, in edicola e nella app dal 24 marzo 2020



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