Tumori, scoperta una molecola che ne bloccherebbe la crescita

La ricerca, condotta dal Cnr di Roma, potrebbe portare a un farmaco in grado di distruggere le cellule di alcuni tumori come quelli a fegato e pancreas. Ecco i dettagli e le nuove prospettive



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La ricerca nel campo della lotta ai tumori ha compiuto un nuovo passo importante. Uno studio, condotto dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm) di Roma, ha portato a scoprire una molecola che potrebbe a sua volta aprire la strada a nuovi farmaci contro alcuni tipi di neoplasie. In particolare, si bloccherebbero contemporaneamente due processi che sarebbero “vitali” per la crescita delle cellule tumorali nei tumori al fegato e pancreas.

«La novità sta nel fatto che con un’unica molecola si può agire su due meccanismi, entrambi fondamentali per la crescita del tumore, mentre finora un effetto analogo era possibile solo con più farmaci contemporaneamente», ha spiegato Daniela Trisciuoglio, ricercatrice del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio insieme a Francesca Degrassi.

Cosa è stato scoperto

Lo studio, pubblicato sulla rivista Autophagy, è stato condotto in laboratorio su linee cellulari e su topi, ai quali è stato “inoculato” un piccolo tumore.

«In questi modelli abbiamo analizzato l’effetto di questa molecola, chiamata SM15, dimostrando che induce alla morte delle cellule tumorali. Gli studi hanno permesso di capire il meccanismo con cui la molecola agisce di fatto, bersagliando due differenti processi delle cellule. Da una parte c’è la mitosi, cioè il meccanismo con il quale si duplicano, dividendosi; dall’altro c’è l’autofagia cellulare, che è un processo fondamentale per la sopravvivenza delle stesse cellule tumorali», chiarisce Trisciuoglio. Che aggiunge: «Questa piccola molecola impedisce una fase specifica dell’autofagia e, allo stesso tempo, blocca la mitosi, attraverso la quale da una cellula si generano due cellule figlie con lo stesso corredo cromosomico di quella originaria. L’effetto, per le cellule tumorali, è l’impossibilità di riprodursi e di rigenerarsi, dunque la morte».

Le potenzialità della molecola appena identificata, dunque, sono molto incoraggianti. «Va chiarito, però, che si tratta di sperimentazioni e non ancora di studi clinici, quindi non sull’uomo, anche se le ricerche adesso proseguiranno», prosegue Degrassi.

Per quali tipi di tumore

Un altro aspetto interessante riguarda i tipi di tumore per i quali la molecola potrebbe essere particolarmente efficace. «Il nostro studio è ampio e generale, non si è focalizzato su un unico tipo di tumore che possa essere più responsivo rispetto ad altri nei confronti di questa molecola», afferma Trisciuoglio.

«È vero, però, che alcuni tipi di neoplasie sono molto dipendenti per la loro crescita dal processo di autofagia. Si tratta, per esempio, di quelli epatici (al fegato, ndr) e del pancreas», conferma Degrassi. In particolare, per quello del pancreas si tratterebbe di un risultato molto importante perché questo tipo di tumore (diagnosticato in fase precoce anche a Fedez) è particolarmente aggressivo. «Naturalmente è un’ipotesi di lavoro, che richiede ora ulteriori approfondimenti, ma che vuole aprire a nuova prospettiva, quella di trovare il meccanismo molecolare che possa agire in modo duplice».

La prospettiva di un nuovo farmaco anti-tumorale

Quanto scoperto apre una strada nuova e importante. «Il nostro interesse ora è continuare a lavorare per approfondire l’azione di questa molecola perché, se i due meccanismi della sua azione erano noti e in parte già utilizzati nelle terapie contro il cancro, per la prima volta li si potrebbe ottenere con un’unica molecola mentre finora erano necessari più farmaci», spiega Degrassi.

Il percorso per arrivare a un farmaco, unico, non sarà breve, ma gli studi proseguono. «Perché la molecola diventi un farmaco antitumorale occorre verificarne le caratteristiche chimico-fisiche, procedendo con studi di tossicità. Il nostro è un lavoro preliminare che però rappresenta una novità. In futuro speriamo di poter arrivare a trattamenti farmacologici in grado di indurre la distruzione delle cellule tumorali», conclude Trisciuoglio.


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