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Alzheimer: il nuovo villaggio inaugurato a Roma

È appena stato inaugurato a Roma e ospita, gratis, circa 100 malati. Che qui vivono sentendosi a casa loro

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di Cristina Bellon


Un vero borgo di circa 100 abitanti con 14 casette colorate, una piazza con una fontana, un bar, un ristorante, una ludoteca, un parrucchiere, una palestra e un minimarket.

A Roma, nel quartiere periferico della Bufalotta, è sorto il primo centro italiano dedicato ai “senza memoria”. Si chiama Villaggio Emanuele, come il suo ideatore, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente dalla Fondazione Roma. La ferrea volontà di un uomo e un sogno che si è avverato: donare a chi non ha, aiutare chi è malato.


UN INVESTIMENTO DA 19 MILIONI DI EURO

«Ci sono voluti ben sei anni», dichiara il professor Emanuele «ma alla fine possiamo dire che ce l’abbiamo fatta. Il mio sogno di portare a Roma l’esperimento olandese del Villaggio residenziale di Hogeweyk per malati di Alzheimer è finalmente realtà: il 4 giugno ha aperto le sue porte ai primi residenti. E non è stato facile portare a termine questa impresa, ci siamo scontrati ogni giorno contro ostacoli burocratici di ogni genere».

In effetti, si tratta di un’iniziativa pionieristica in Italia realizzata senza alcun onere da parte dello Stato o degli enti pubblici. Il progetto è interamente finanziato dalla Fondazione Roma sia per la costruzione, sia per la gestione, ed è del tutto gratuito per chi vi abiterà. Un investimento che alla Fondazione Roma è costato 19 milioni di euro.

«Il villaggio», sottolinea il suo ideatore, «è un’alternativa all’approccio terapeutico tradizionale, che ha già fatto scuola in Italia. In altre parti del nostro Paese, infatti, stanno nascendo strutture analoghe, sebbene il Villaggio di Roma rimanga a oggi l’unica struttura certificata dagli architetti olandesi come corrispondente alla loro e gratuita per i residenti. Peccato che per realizzarla ci sia voluto molto».


L’IMPORTANZA DELLA PRIVACY

Sono le 7 di mattina. In una casa del villaggio, i sei inquilini stanno facendo colazione insieme. Due uomini e quattro donne, supervisionati da due operatori sociosanitari. Nessun camice bianco, ma molte attenzioni e tanta dedizione. Gli ospiti si sono conosciuti da poche ore. Eppure chiacchierano come vecchi compagni di scuola che si sono ritrovati.

«Ognuno ha la sua camera, la propria privacy», dichiara Luisa Bartorelli, ex primario di geriatria all’Ospedale S. Eugenio di Roma e consulente scientifica del centro. «Al Villaggio Emanuele, prendiamo in carico persone con demenza nella fase lieve e moderata e cerchiamo di mantenere il loro stile di vita, perché le abitudini acquisite giovano alla loro identità e al mantenimento delle abilità che ancora conservano».


VARI TIPI DI OSPITALITÀ

Alcuni pazienti frequentano il centro diurno e poi nel pomeriggio ritornano a casa propria, altri vivono nella struttura. Come Fulvio O., che ha scelto la pensione completa. Ha 65 anni e ha gestito un bar. Una moglie e due figli, il primogenito è sottoufficiale dell’esercito, l’altro radiologo. A 49 anni i primi sintomi di una demenza degenerativa. «Mio marito ha frequentato centri diurni, ma duravano solo poche ore», dice la moglie, Giovanna, 62 anni. «Questo villaggio gli è piaciuto, ed essendo una persona molto curiosa, credo si adatterà facilmente. Se gli venisse nostalgia di casa, potrà tornare per qualche giorno».

Mentre scriviamo Fulvio è appena arrivato nella sua bella camera e sta sistemando vestiti e oggetti personali. Ha voluto portare con sé molti libri. Ne prende uno tra le mani e lo annusa. Intensamente. «Per lui, gli odori sono una guida. Sentendoli gli vengono in mente i ricordi». Ma è solo un attimo. Poi lo sguardo si perde e Fulvio torna nel suo limbo, dove il presente non riesce a traghettare nel passato, ma evapora nell’aria.


A OGNI PAZIENTE IL SUO NIDO

Tutto all’interno del centro è studiato per fare stare a loro agio i malati. Ognuno abita nelle case che gli sono più congeniali, per carattere e stile di vita.

Ce ne sono di tre tipi: dall’abitazione “cosmopolita” per chi è predisposto ai contatti sociali a quella “tradizionale” (adatta a chi si è sempre dedicato alla famiglia) e quella “urbana” apprezzata dagli ospiti che hanno avuto un’esistenza proiettata all’esterno.

«Per essere accolti qui c’è un modulo di accesso che deve essere firmato dal medico di famiglia», spiega la dottoressa Bartorelli. «Inoltre chiediamo che la diagnosi della malattia venga fatta dal Centro per i disturbi cognitivi e demenze. E infine c’è la nostra valutazione».


NON CI SONO BARRIERE

Nel Villaggio non ci sente mai soli e isolati. Dentro un continuo via vai di persone. Non si incontrano solo gli ospiti e gli operatori sociosanitari, i fisioterapisti, gli infermieri, gli psicologi che lavorano lì. Gli abitanti del quartiere vicino possono accedere al bar e al ristorante, e possono integrarsi con questo mondo, che non ha barriere ma ponti. Un luogo studiato per rallentare il decadimento cognitivo e conservare lo spirito di un tempo. Quando il tempo, appunto, aveva un significato.


UN ALTRO ESEMPIO ITALIANO

A Monza c’è invece il “Paese ritrovato”. Voluto dalla cooperativa La Meridiana, rappresenta la nuova sfida per la cura dei pazienti con grave forma di demenza e i malati di Alzheimer. Comprende otto appartamenti, abitati da otto anziani ciascuno, per un totale di sessantaquattro ospiti tra uomini e donne. La struttura si estende su una superficie di 13.500 metri quadrati circondata da verde e vialetti. L’interno delle case è stato realizzato in modo da semplificare lo svolgimento di azioni da parte dei residenti perché possano farlo in autonomia, con l’aiuto di percorsi luminosi per terra, armadi “intelligenti”, profumi che possano incidere positivamente sullo stato d’animo. La struttura è a pagamento e/o convenzionata con l’Asl.


IL MODELLO OLANDESE

Nel comune di Weesp, vicino ad Amsterdam, si trova il villaggio di Hogewey, il prototipo di una casa di cura per malati di Alzheimer, organizzata come un piccolo paese.

Aperto nel 2009, è la residenza di 152 uomini e donne colpiti da gravi forme di demenza. Ci sono appartamenti che circondano un cortile con stagni, aiuole e panchine per godersi un pomeriggio di sole. Qui i pazienti conducono una vita quasi normale e si sentono a casa, ricevendo nello stesso tempo le cure necessarie.

L’assistenza 24 ore su 24 è fornita da infermieri geriatrici e operatori sanitari vestiti in abiti civili. Per i risultati ottenuti, ha ispirato numerosi centri sorti negli Stati Uniti e in Europa. In Italia, primo fra tutti, il Villaggio Emanuele a Roma.



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Articolo pubblicato sul n. 26 di Starbene in edicola dal 12/6/2018

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