Etichette alimentari: possiamo fidarci?

Per scegliere i prodotti è meglio basarsi sulla lista degli ingredienti e sulla tabella nutrizionale. Scopri come si leggono



di Francesca Soccorsi

"Fonte di vitamine e minerali”. “A ridotto contenuto di grassi”. “Senza zuccheri aggiunti”. “Ricco di fibre”... Il 26% degli alimenti venduti in Germania, Spagna, Slovenia, Paesi Bassi e Regno Unito presenta, sulla confezione, richiami alle proprietà nutrizionali e salutistiche del prodotto.

Il dato è emerso da uno studio del progetto Clymbol dell’Unione Europea, che adesso cercherà di misurare quanto queste scritte (perché sicuramente lo fanno, altrimenti le aziende non le metterebbero!) influenzino le scelte dei consumatori. E non credere che da noi la situazione sia differente. Il problema, però, è un altro: possiamo fidarci di quanto viene riportato sulle etichette?

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REGOLE PIÚ SEVERE

«Sebbene la normativa Ue in materia, negli ultimi anni, sia diventata molto rigida e tutti i claim salutistici vengano autorizzati con il consenso dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), solo la lista degli ingredienti fornisce indicazioni chiare e attendibili», afferma il dottor Luca Speciani, medico e alimentarista. «Mentre alcune diciture, messe maggiormente in evidenza, possono essere fuorvianti».

STOP ALLE FRASI AMBIGUE

Da poco l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è corsa ai ripari per evitare equivoci sul reale contenuto di sale di alcuni cracker: 13, fra le aziende più note, sono state invitate a sostituire il claim “Non salati in superficie” (che induceva a pensare erroneamente a prodotti insipidi, sebbene l’impasto non lo fosse affatto) con il più veritiero «Salati, senza granelli di sale in superficie».

La scritta “Senza sale” può invece essere usata solo per alimenti che non contengano più di 0,005 g di sodio per 100 g. Ma, sulle diciture, la strada da fare è ancora lunga. Con l’aiuto dell’esperto, ti diciamo a quali devi prestare maggiore attenzione.

ALLA DICITURA NON OGM PUOI CREDERE, PECCATO SIA IN VIA DI ESTINZIONE

>È UNA GARANZIA MAGGIORE DI CONTROLLO sulla contaminazione accidentale. La legge prevede una tolleranza fino allo 0,9%, mentre la scritta “Non Ogm” vuol dire che l’alimento, certificato da un ente accreditato, non supera la soglia dello 0,1% (info: accredia.it).

La scomparsa della dicitura dipende dal fatto che non si può vantare una caratteristica che è già implicita nella normativa. In altre parole: tutti i prodotti che non riportano il claim contengono meno dello 0,9% di organismi geneticamente modificati, come stabilito dalla legge, altrimenti dovrebbero dichiararne la presenza in etichetta. Un contenuto inferiore va invece dimostrato prima di poter essere “reclamizzato”.

SENZA ZUCCHERO AGGIUNTO... ma con dolcificanti e succhi di frutta

>MEGLIO LEGGERE GLI INGREDIENTI L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato più volte le aziende che, sulle confezioni di merendine, yogurt, marmellate o biscotti, stampavano questa dicitura e, poi, al posto del saccarosio, il normale zucchero da cucina, utilizzavano dolcificanti come maltitolo o succo d’uva ed edulcoranti di sintesi.

A vietarlo è il Regolamento comunitario 1924/2006 (eur-lex.europa.eu) spesso questi dolcificanti sono usati contemporaneamente nello stesso prodotto: in pratica, ce n’è poco di ciascuno. Così, in etichetta, compaiono in fondo alla lista degli ingredienti (che vengono indicati in ordine decrescente rispetto alle quantità) ma, sommati, si traducono in un mucchio di zuccheri», osserva l’esperto.

L'AFFERMAZIONE INTEGRALE non sempre corrisponde al vero

>FARINA BIANCA E CRUSCA «Non basta che fette biscottate, pane e biscotti riportino la dicitura “Integrale” perché lo siano davvero», mette in guardia l’esperto. «Spesso il loro ingrediente principale non è la farina “scura”, come dovrebbe essere, ma quella bianca 00 alla quale vengono aggiunti crusca o cruschello, ovvero scarti della lavorazione del frumento, che danno il caratteristico colore ambrato, ma non hanno nessuna proprietà nutrizionale».

La ragione? Costi inferiori e maggiore conservabilità rispetto al vero integrale. Purtroppo la legge autorizza il claim anche se c’è solo un po’ di crusca, quindi devi leggere l’elenco degli ingredienti e verificare che l’unica farina presente sia quella giusta. Controlla poi che nella tabella nutrizionale sia indicata la quantità di fibre (il fabbisogno giornaliero è di 25 g): se ce ne sono solo 2-3 g a porzione cambia prodotto.

Il CLAIM SENZA OLIO DI PALMA È OK. Potrebbe però “nascondere” sostituti peggiori

>TUTTO “MERITO” DELLA CAMPAGNA MEDIATICA L’olio di palma fa male alla salute (perché è ricco di grassi saturi). Pazienza se poi questi nutrienti, nocivi per il cuore e le arterie, sono presenti anche nel burro, nei formaggi, nella carne... Molte aziende, preoccupate dal possibile calo delle vendite, sono corse ai ripari, eliminando l’ingrediente incriminato dai loro prodotti.

«Occhio, però, a non farsi sedurre da uno slogan. Al suo posto possono essere utilizzati oli vegetali, come quello di colza, ugualmente ricchi di grassi saturi e, quindi, altrettanto dannosi», avverte Speciani. L’unico olio davvero sano per i prodotti da forno è l’extravergine. Ma costa.

A RIDOTTO CONTENUTO DI GRASSI rimpiazzati però da zucchero e additivi

>POCHE PAROLE FANNO LA DIFFERENZA Secondo la legge europea, un prodotto può essere definito “A ridotto contenuto di grassi” solo se contiene non più di 3 g/100 g di lipidi nel caso dei cibi solidi, come i biscotti, e non più di 1,5 g/100 ml nel caso degli alimenti liquidi, come lo yogurt.

Ecco perché al super la maggior parte delle aziende preferisce indicare la quantità di grassi che il loro prodotto contiene rispetto alla media di quelli più venduti. Ma davvero questi cibi sono più sani e dietetici rispetto alle versioni classiche? «Quasi mai», risponde Speciani.

«Tagliando i lipidi (e in alcuni casi, come per besciamella, formaggi, prosciutto... aggiungendo acqua ndr), cambiano gusto e consistenza, quindi c’è bisogno di “correttori” tipo addensanti, aromi, zuccheri». Prima di comprare cibi “light” leggi l’etichetta!

TUTTI I NUTRIENTI IN ETICHETTA

>A PARTIRE DAL 13 DICEMBRE 2016 tutti i prodotti alimentari dovranno riportare sulla confezione la tabella nutrizionale. «Lo prevede il Regolamento Ue 1169/11 (vedi eur-lex.europa.eu)», spiega il tecnologo alimentare Massimo Artorige Giubilesi.

>ECCO LE INFO CHE DOVRANNO ESSERE PRESENTI (e che alcune aziende, più attente ai consumatori, indicano già da tempo): calorie, proteine, carboidrati (specificando la quantità di zuccheri, con i quali non bisogna esagerare per evitare problemi di salute), grassi (con in evidenza i saturi, che possono causare disturbi cardiocircolatori se consumati in eccesso), fibra, sale (altra sostanza di cui non abusare).

>POTRANNO ESSERE SEGNALATI ANCHE gli acidi grassi mono o polinsaturi, i polioli (dolcificanti naturali), l’amido, i sali minerali e le vitamine. «L’obbligo non scatterà solo per alcuni prodotti, specificati nel Regolamento Ue», conclude Giubilesi.

Articolo pubblicato sul n.26 di Starbene in edicola dal 14/06/2016

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