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Alimentazione, come spegnere davvero le infiammazioni

Se si mangia male, ci si muove poco e si è in sovrappeso non si può pensare che un singolo cibo “miracoloso” risolva il problema. Occorre migliorare lo stile di vita e tornare alla dieta mediterranea

Foto: iStock



Tra le varie diete di cui oggi si sente parlare di più, c'è la dieta anti-infiammatoria, cavallo di battaglia di molti nutrizionisti (ma non solo) che, a colpi di Tik Tok e reel, espongono sui social le loro teorie. C’è chi la propone come panacea per la maggior parte dei disturbi, chi suggerisce menu che escludono diversi alimenti, chi esalta le virtù di alcuni cibi, chi propone ricette per disinfiammarsi fin dalla colazione.

Ma fino a dove arriva la verità in tutto questo? È veramente possibile ridurre l'infiammazione attraverso ciò che mangiamo? Ne abbiamo parlato con Simone Gabrielli, biologo nutrizionista e divulgatore.


Partiamo dal concetto base di infiammazione: cosa si intende con questo termine?

È una nozione un po’ complessa, ma in poche parole, l’infiammazione è un meccanismo naturale di difesa, come cioè il nostro corpo risponde a infezioni, traumi o aggressioni esterne. Quando è acuta, è un processo fisiologico e necessario, che porta all’eliminazione della causa scatenante e, più in generale, al ritorno dell’organismo allo stato di salute in un tempo più o meno breve, ma ben delimitato. Tuttavia, esiste anche un altro tipo di infiammazione, definita cronica o sistemica di basso grado. Questa è una situazione in cui i processi infiammatori sono stimolati incessantemente a bassi livelli e ciò richiede al sistema immunitario un continuo stato di allarme. Una situazione che, alla lunga, può contribuire allo sviluppo di varie patologie, inclusi alcuni tipi di tumore.


Si può misurare l'infiammazione cronica? Che sintomi può dare?

L’infiammazione di singoli organi si può “calcolare” con analisi del sangue specifiche, ma non esiste un esame univoco per rilevare una forma cronica leggera e persistente. Diciamo che si possono fare diversi esami per valutare se qualche organo è in difficoltà. In ogni caso, è possibile sospettarla sulla base di una raccolta attenta della storia clinica del paziente: stile di vita, tipo di alimentazione, fattori di rischio. Esistono, infatti, alcuni segni e sintomi che possono guidare verso la diagnosi di infiammazione cronica: aumento di peso, ritenzione idrica, stanchezza, cefalea, disturbi del sonno e dell’umore.


L'alimentazione quanto influisce sul livello di infiammazione?

Moltissimo. Nella comunità scientifica il consenso sulle sue cause è pressoché unanime: i principali responsabili di questa condizione sono senz’altro l'alimentazione e lo stile di vita. Detto in parole semplici: se si mangia male, si ha uno stile di vita squilibrato e si accumula massa grassa, si può creare uno stato infiammatorio sistemico.


Si sente spesso dire che esistono cibi pro infiammatori e altri che spengono l'infiammazione. È così?

Non proprio. Le persone spesso cercano risposte semplici, tipo “questo cibo fa male” o “questo cibo fa bene”, ma in realtà è la dose che fa la differenza. Alcuni alimenti, se consumati in eccesso, possono squilibrare la dieta e contribuire a uno stato infiammatorio, ma è l’alimentazione complessiva a fare realmente la differenza. Per esempio, frutta e verdura sono spesso definiti “cibi antinfiammatori” perché ricchi di antiossidanti e altre molecole benefiche.

Tuttavia, da soli non bastano: se si mangia male, ci si muove poco e si è in sovrappeso, non si può pensare che una mela o una banana risolvano il problema. Frutta e verdura sono la base di una dieta sana e, insieme a cereali integrali, legumi e fonti di grasso vegetale come l’olio d’oliva, contribuiscono a costruire uno stile di vita equilibrato. A questi si possono aggiungere anche carni bianche, pesce, latticini e persino dolci, ma sempre con le giuste quantità e frequenze.


Eppure sul banco degli imputati finiscono periodicamente alimenti di largo consumo, come il latte e i suoi derivati...

Peccato che le linee guida Crea, il documento italiano di riferimento sulla sana alimentazione elaborate da un'apposita commissione scientifica costituita da prestigiosi studiosi, non dica da nessuna parte che il latte fa male. Si critica però il fatto che abbia troppe proteine: sono solo 3 grammi ogni 100 grammi (contro i 6 dei legumi, per dire), o che le sue proteine di origine animale sono molto acide e aumentano la proliferazione cellulare. A parte che non c'è alcuna evidenza scientifica a riguardo, una volta che le proteine vengono digerite sono scisse in tanti piccoli amminoacidi e non si distingue più se sono di origine animale o vegetale. Il concetto è che in quantità elevate qualsiasi cosa fa male: estremizzando, anche la frutta e la verdura.


Perché allora c'è chi continua a parlare di indice glicemico, low carb, diete iper proteiche e via dicendo?

Perché è più facile creare un “nemico” che spiegare come seguire una dieta equilibrata. Oggi va di moda prendersela con i carboidrati, ieri erano i grassi, e andando indietro nel tempo troveremo sempre un “colpevole”, tipo le uova che, anni fa, erano accusate di far aumentare il colesterolo. Ma la verità è che il problema è il troppo: troppo cibo, troppe calorie, troppe poche fibre… Come dico sempre: siamo fatti per il 60% di acqua, ma se è eccessiva si rischia comunque di affogare.


Lo stesso vale per la dieta alcalina che molti considerano antiinfiammatoria per eccellenza?

La dieta cosiddetta alcalinizzante non ha basi scientifiche. Tutti gli alimenti che noi introduciamo non possono variare il ph del nostro corpo. Nello stomaco raggiungono un ph acido, mentre nell’intestino viene tutto riportato a uno neutro, Oltre a questo, nell’organismo c'è una serie di meccanismi che mantiene il nostro grado di alcalinità costante.


Quali sono allora i modelli alimentari che le evidenze scientifiche hanno dimostrato essere anti-infiammatori? Cosa li accomuna?

Ci sono molti studi che dimostrano come la dieta mediterranea sia antiinfiammatoria, così come la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), che ne condivide i principi ma con un’attenzione particolare alla riduzione del sale per controllare la pressione. Così come ci sono altri modelli alimentari simili in diverse parti del mondo: parliamo di diete plant based, nell'accezione più generale del termine. E queste non sono anti-infiammatorie perché propongono i piselli oppure le noci, ma perché nel complesso sono povere di sale, zuccheri, di alimenti ultra-processati, non sono ipercaloriche mentre abbondano di alimenti vegetali e fibre. Questi vanno accompagnati da giuste quantità e frequenze di carne (limitando quelle rosse e lavorate), pesce e latticini. Tutto qui.

Al contrario, la dieta infiammatoria per eccellenza è la tipica western diet, ovvero una dieta a base di cibi ricchi sia di grassi sia di zuccheri, sale, calorie, con molti prodotti animali e pochi vegetali. Attenzione, però: spesso si pensa di seguire la dieta mediterranea solo perché si vive in Italia o in Grecia, ma non è così semplice. Un'indagine recente dell'Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato che solo il 5% degli italiani segue pienamente il modello mediterraneo, la maggior parte (83% circa) mostra un’aderenza moderata e l’11% una bassa aderenza.


In quest'ottica, si può affermare che esistono cibi o diete adatte a specifiche patologie o disturbi?

La dieta può giocare un ruolo molto importante nella prevenzione di molte malattie croniche, soprattutto quelle legate ad abitudini alimentari scorrette: problemi cardiovascolari, diabete di tipo 2 e alcuni tipi di tumore. Ma, sottolineo, parliamo di dieta cioè del complesso dell’alimentazione giornaliera che si ripete tutti i giorni per settimane, mesi, anni. Tutte le evidenze ci mostrano che il singolo cibo o il singolo nutriente non fanno mai la differenza, non curano né prevengono da soli. In alcune patologie particolari, una dieta ben studiata può aiutare a migliorare l’equilibrio generale. Però non è una bacchetta magica, può essere un valido supporto ma non risolve tutto.


Eppure sembra essere il contrario, stando alle informazioni che dilagano un po’ ovunque...

Oggi più che mai, l’educazione alimentare non può limitarsi a mode o slogan semplicistici. Viviamo in un’epoca in cui l’accesso all’informazione è enorme, ma anche la disinformazione è dietro l’angolo. Per questo è fondamentale imparare a conoscere ciò che mangiamo e a capire come il nostro stile di vita influisce sul benessere. La nutrizione non è fatta di divieti assoluti o soluzioni miracolose, ma di equilibrio, consapevolezza e buon senso. E in questo, la divulgazione ha un ruolo importante: rendere la scienza comprensibile, senza semplificare troppo. Perché sapere come funziona il nostro corpo non è solo utile: è uno degli strumenti più potenti che abbiamo per prenderci cura di noi stessi, ogni giorno.


In conclusione, vogliamo riassumere i pilastri della vera dietaantinfiammatoria?

La “formula magica” già la conosciamo da tempo: dieta a base vegetale, esercizio fisico regolare, poco grasso viscerale (quello sul girovita), sonno adeguato, niente fumo, meno alcol possibile, e il gioco è fatto.


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