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Perché nel 2020 il personal trainer serve ancora

I coach virtuali che insegnano squat e flessioni su app, video di YouTube e persino megaschermi delle palestre sono sempre di più. Ma l’allenatore “in carne e ossa” continua a essere imbattibile. La carta vincente? È l’unico in grado di studiare programmi di allenamento su misura

credits: iStock



Negli anni Ottanta le videocassette lanciarono l’aerobica a livello mondiale e Jane Fonda diventò la regina dei workout per le trentenni. Oggi le loro figlie vivono la medesima esperienza in modalità 4.0: internet è il nuovo trainer che permette di allenarsi dove, come e quando si vuole. In palestra, davanti a un monitor o a un maxi-schermo con un coach virtuale, immersi in ambientazioni suggestive e stimolanti; ma anche a casa, con corsi in streaming o live dal proprio club e on demand. Tra app sempre più complete, wearable sempre più precisi, tutorial sempre più curati, masterclass on line sempre più seguite, la figura del trainer in carne e ossa, che ti imposta e ti segue nell’allenamento, sembra superflua e inutile. «Ma non lo è per niente. L’istruttore continua a rivestire un ruolo fondamentale», precisa Luca Torresan, responsabile marketing e comunicazione McFIT Italia, la catena che per prima, a livello europeo, ha inserito i corsi virtuali nelle proprie sale.


In palestra sono in tanti a richiederlo
«La tecnologia è entrata nei fitness club in modo dirompente e sarà sempre più presente grazie anche al diffondersi dei visori e della realtà aumentata», prosegue Torresan. «I corsi virtuali piacciono perché portano in location esclusive e non vincolano: gli orari sono flessibili, lavori in autonomia. Hanno successo perché sono pratici da gestire e portano l’esperienza dell’"entertainment” nell’allenamento. A fronte di ciò, però, abbiamo inserito nel nostro palinsesto anche lezioni con un presenter reale, perché c’è una larga fascia di utenza che - internet o no - preferisce essere seguita da una persona fisica», afferma Torresan.


L’istruttore reale ti motiva
C’è soprattutto un aspetto che lo sconfinato e onnipotente mondo del virtuale non è in grado di offrire: la relazione umana, fatta di attenzione, consigli, incoraggiamenti, sensazioni, amicizie e prossimità. Insomma: persone. «Come il trainer virtuale ha la sua community, anche l’istruttore in carne e ossa raccoglie una piccola comunità di persone che vogliono interagire con lui e tra loro», spiega Torresan. «La palestra è un luogo di aggregazione sociale che si fonda sul trainer: è una figura empatica, che stimola, incoraggia, motiva, coinvolge. Per questo i corsi live sono sempre molto seguiti, anche nell’era del web: la condivisione dell’esperienza (e della fatica) è concreta, tangibile e reale». La rete, pertanto, è solo una possibilità in più, non un’alternativa.


Crea workout ad hoc
«Il contatto diretto con l’istruttore è garanzia di un workout corretto», osserva Ilario Volpe, training experience director di Virgin Active. «L’allenamento con un trainer è sempre vincente, perché assicura un controllo più approfondito: è un professionista esperto che guida il corso di gruppo (o il training in sala pesi) graduando l’intensità dello sforzo anche in base al livello di forma dei suoi clienti. Inoltre, può variare il workout personalizzando gli esercizi per le esigenze del singolo. Per esempio, è in grado di valutare eventuali controindicazioni per chi ha problemi specifici a livello articolare o muscolare. Così da non farlo rinunciare all’allenamento».


I celebrity trainer del web spesso non hanno qualifiche
Certo il fitness online, oltre a svincolare da orari, ricerca del parcheggio, attrezzi già occupati e sale corsi affollate, offre un’ampia scelta. «Oggi i “celebrity trainer” imperversano su tutti i social. Ma purtroppo, non essendoci alcuna regolamentazione, accanto a professionisti seri e preparati chiunque può caricare video, improvvisarsi “coach” e proporre un suo programma, indipendentemente dalla sua preparazione», avverte Ilario Volpe.

Da qui il consiglio di affidarsi ai workout certificati di catene note o di trainer che si conoscono personalmente e non attraverso il web. McFit, per esempio, ha riportato i propri corsi virtuali in una app, da utilizzare a casa sulla smart tv o sul tablet, salvo poi fare un salto nella palestra più vicina e confrontarsi con gli istruttori. Virgin Active, dal canto suo, ha messo a punto “Revolution”, un programma in streaming e on demand (al momento per la bike, ma presto anche per il treadmill e il corpo libero), in cui i trainer del Club ti guidano in un workout virtuale: ti alleni da remoto, ma con il coach preferito.


Il workout è sempre più tecnologico

Le cifre fotografano bene l’impatto della tecnologia (tra siti web, social network e device) sul fitness: secondo il Global Wellness Institute (organizzazione no-profit volta a diffondere in tutto il mondo l’educazione alla salute preventiva e al benessere) l’hi-tech nello sport crescerà nel quinquennio 2018/2023 dell’8,6% all’anno, con un giro d’affari che passerà dagli attuali 26,3 miliardi di dollari ai 39,8 del 2023. È quanto emerge da un loro studio presentato a fine 2019, “Move To Be Well: The Global Economy of Physical Activity”, che ha preso in esame l’intera economia mondiale indotta dall’attività fisica. Il comparto “tecnologia” è il secondo settore in termini di crescita annua, preceduto solo dall’incremento delle attività legate al mindful movement (+12% entro il 2023).


Una figura specializzata

Allenarti con i video di YouTube sarà anche divertente, ma spesso non si hanno informazioni sulla professionalità dell’istruttore né si può capire se quel tipo di workout, con quel carico di lavoro, è realmente adatto alle proprie capacità. Incognite che non si pongono con i trainer “in carne e ossa”: tutti i centri ormai richiedono agli istruttori la laurea in Scienze motorie o il diploma Isef. E anche se il titolo è già sufficiente, spesso gli stessi coach partecipano a corsi di aggiornamento, con ulteriori certificazioni o diplomi ad arricchire la loro formazione. Il trainer deve avere un background multidisciplinare che spazia dalla fisiologia all’anatomia funzionale, dalla medicina dello sport all’allenamento e alla nutrizione, senza tralasciare aspetti di psicologia e comunicazione, per favorire motivazione e coinvolgimento.


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Articolo pubblicato sul n. 8 di Starbene in edicola dal 4 febbraio 2020


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