Tossicodipendenza

La tossicodipendenza può essere considerata come una malattia del cervello dalle molteplici cause ancora in gran parte sconosciute, mentre ben noti e sottoposti a continuo aggiornamento sono il decorso, l’evoluzione finale e le complicazioni generate. Le ipotesi sulle cause della tossicodipendenza sono svariate e risentono, come per numerose altre malattie nella storia dell’uomo, di influenze […]



La tossicodipendenza può essere considerata come una malattia del cervello dalle molteplici cause ancora in gran parte sconosciute, mentre ben noti e sottoposti a continuo aggiornamento sono il decorso, l’evoluzione finale e le complicazioni generate.

Le ipotesi sulle cause della tossicodipendenza sono svariate e risentono, come per numerose altre malattie nella storia dell’uomo, di influenze ideologiche legate alle continue evoluzioni della nostra società: negli ultimi decenni, così, si è passati dal considerare la tossicodipendenza un vizio criminale da curare con il carcere fino agli anni settanta del Novecento all’identificarla come prodotto della società da guarire con la comunità terapeutica vista come alter ego positivo di una comunità malata e pertanto non terapeutica; negli anni novanta viene identificata in malattia da curare con tutti gli strumenti richiesti da ogni altra malattia.

La tossicodipendenza, quando insorge, è il risultato dell’incontro di tre diversi fattori: la droga, la persona, la società.


Cannabis

Chiamata in gergo hashish, marijuana, canna, spinello, cioccolato, maria, superpolline, la cannabis è una sostanza ricavata dalle foglie e dai fiori di una pianta, la Cannabis sativa, che solitamente si assume fumando, ma che si può ingerire anche abbinata ad alcuni cibi o persino sotto forma di infuso.

Il principio attivo è il tetraidrocannabinolo (in sigla THC), la sostanza in grado di produrre effetti sul cervello che variano di intensità a seconda delle modalità di assunzione, raggiungendo l’apice nell’arco di un’ora.

Gli effetti ricercati La cannabis provoca una distorsione delle percezioni sensoriali e della qualità dei rapporti con gli altri e ha un effetto disintegrante nei confronti dei rapporti formali e gerarchici, che vengono mal tollerati. Sebbene non sia stata dimostrata con certezza l’esistenza di una vera e propria “sindrome a-motivazionale”, che comporta la perdita di interessi verso molti aspetti dell’esistenza, è reale per i soggetti dipendenti da cannabis il rischio di non riuscire a valorizzare o a gustare una vita “regolare”, ma piuttosto di cercare di vivere i momenti ludico-ricreativi sempre “fumati”, ossia sotto l’effetto dell’hashish, in particolar modo se si appartiene a un gruppo di pari in cui si fa spesso uso di questa droga. Gli effetti della droga negli ultimi anni hanno subito diverse modificazioni qualitative e quantitative a causa della selezione di piante, che contengono sempre maggiori quantità di tetraidrocannabinolo.

Effetti collaterali non voluti L’uso della cannabis porta, sul piano fisico, anche a sintomi spiacevoli, come aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), mal di testa, senso di pesantezza muscolare, fino a vere e proprie, temporanee, paralisi muscolari.

Gli effetti dannosi sull’apparato respiratorio sono paragonabili a quelli causati dal fumo di tabacco, con il quale il principio attivo della droga viene mescolato. Si sa anche che viene prodotta una depressione dei sistemi immunitari di difesa, potenziati dal frequente, concomitante e continuo consumo di alcolici. Sul versante neuropsicologico, quando le “fumate” giornaliere aumentano o si assumono droghe con maggiori concentrazioni di tetraidrocannabinolo, possono comparire manie di persecuzione o spiacevoli paranoie.

Queste sostanze, classificate fra le droghe spesso definite impropriamente “leggere”, necessitano di particolari precauzioni poiché con una certa frequenza sono state riscontrate nei forti fumatori associazioni con disturbi psichiatrici anche di una certa gravità e non transitori.

A seguito dell’assunzione di quantitativi elevati si può manifestare un intenso malessere (collasso), con pallore, sudore freddo, capogiri e nausea: il malessere è solitamente temporaneo ed è sufficiente lasciare tranquilla la persona coinvolta per circa un’ora facendola distendere e somministrando eventualmente liquidi zuccherati non alcolici.


Eroina

Chiamata in gergo “roba”, l’eroina deriva della morfina, una sostanza estratta da una pianta (il Papaver somniferum) e rappresenta “la droga” per antonomasia. Il principio attivo dell’eroina (la sostanza che agisce sul cervello) è la morfina. L’eroina può essere assunta per via endovenosa (in gergo “bucata”), con effetti molto intensi e rapidi, per via nasale (in gergo “sniffata”) oppure, più raramente, può essere fumata.

Gli effetti ricercati L’eroina è una sostanza che agisce “deprimendo” ,e non eccitando, il sistema nervoso centrale; ha un potente effetto antidolorifico, ma è capace di dare contemporaneamente sensazioni differenti che vengono descritte come “calore avvolgente”, calma e profondo rilassamento associati a euforia, stordimento ed eccitazione. Le sensazioni di piacere che l’eroina induce sono molto forti e la condizione di equilibrio psichico e fisico è percepita come molto piacevole, tanto da far dire a chi ne fa uso che “l’ingranaggio che muove la mia vita funziona perfettamente, senza inceppamenti e senza nessun ‘rumore’ che possa turbare la mia ‘beatitudine’ e il mio appagamento interiore”. Questo è, in estrema sintesi, ciò che sperimenta all’inizio il consumatore di eroina e ciò che tenta di ritrovare ogni volta, anche quando, nel frattempo, l’assuefazione sopraggiunta rende questa sensazione sempre più illusoria. L’assunzione di eroina finisce per avere un solo scopo: attenuare i violenti e sgradevolissimi disturbi che contraddistinguono l’astinenza dal suo uso.

In altri termini, l’eroina finisce per diventare una vera e propria persecuzione, il cui consumo diventa assolutamente indispensabile ma non più per provare piacere, bensì semplicemente per evitare il dolore e l’angoscia dell’astinenza. Tutte le giornate del tossicodipendente sono cadenzate unicamente dalla ricerca della droga, del denaro da dare agli spacciatori, dalla paura della polizia e del carcere.

La mente del tossicomane è costantemente ossessionata da un unico pensiero (trovare l’eroina) e il suo stato d’animo oscilla dalla paura angosciosa della carenza al sollievo momentaneo di una nuova assunzione. Nulla ha più importanza.

Effetti collaterali non voluti e complicanze Subito dopo l’assunzione l’eroina può provocare nausea e vomito, restringimento delle pupille che diventano piccole, quasi puntiformi (miosi). Possono comparire anche disturbi respiratori (rallentamento del ritmo respiratorio) e alterazioni della pressione arteriosa. L’uso protratto nel tempo porta all’insorgenza di un progressivo decadimento delle condizioni generali del soggetto con dimagramento (l’alimentazione diventa precaria e ricca solo di zuccheri), deterioramento del sistema immunitario (maggiore suscettibilità ad ammalarsi), carie dentarie multiple, stitichezza ostinata, nell’uomo difficoltà sessuali e nella donna frequenti irregolarità mestruali. Va rammentato che l’eroina crea rapidamente una forma di “dipendenza fisica e psichica”, anche dopo poche assunzioni ravvicinate, inducendo un graduale, ma continuo, bisogno di aumentare le quantità di eroina da assumere e generando le tanto temute crisi di astinenza: dopo circa 8 ore dall’ultima assunzione di droga, compaiono un’ansia intensa e angosciante, sbadigli, sudorazione, lacrimazione, insonnia, crampi muscolari e dolori diffusi. L’assunzione di eroina per via endovenosa (in gergo “il buco”) mediante l’uso di siringhe in comune con altri tossicodipendenti può causare la trasmissione dei virus dell’epatite (tipi B, C e delta) e del virus dell’AIDS, mentre la preparazione delle dosi da iniettare impiegando materiali non sterilizzati può provocare malattie batteriche anche molto gravi come, per esempio, l’infezione di componenti interne del cuore (endocardite). L’intossicazione acuta da eroina (nota come “overdose”) è causata dall’iniezione di una dose eccessiva che causa la morte per arresto respiratorio. È bene sapere comunque che il decesso da overdose può essere evitato iniettando un farmaco salvavita (Narcan in fiale), che risolve la situazione in qualche minuto.


Cocaina

È una sostanza estratta dalle foglie di una pianta, la coca, e il principio attivo (la sostanza che genera gli effetti ricercati dai consumatori) è la cocaina. La cocaina si trova nelle foglie (che vengono in genere masticate, soprattutto nei paesi del Sudamerica e da alcuni anni reperibili in commercio in certi preparati erboristici), come polvere di cocaina cloridrato (la forma più comune in Italia, da assumere per via nasale, ossia “sniffata”, o iniettata per via endovenosa, a volte mescolata con l’eroina nel cosiddetto speedball per mitigarne gli effetti eccitanti) o come cocaina base, il crack, la più comune negli Stati Uniti e che viene fumata per la sua capacità di dare effetti rapidi e intensi. A tutt’oggi non esistono farmaci capaci di ridurne o eliminarne efficacemente il consumo.

Gli effetti ricercati La cocaina è in grado di produrre eccitazione, euforia, disinibizione, aumento della propria autostima e sensazione di benessere immediata e intensa, che il consumatore descrive in questo modo: “sono assolutamente padrone della situazione; il pensiero è veloce, affilato come un bisturi, in grado di governare senza incertezze gli avvenimenti; posso raggiungere la meta, conquistare, lavorare molto senza sentire la stanchezza, il piacere sessuale è più intenso; ogni elemento della realtà intorno a me (persone, suoni, luci, oggetti) prende contorni più nitidi; ogni elemento mi appartiene e risuona dentro di me con l’accresciuta e potente consapevolezza di essere veramente vivo. Sono al centro e nello stesso tempo il centro del piacere”.

Effetti collaterali non voluti e complicazioni Le sensazioni piacevoli sono ben presto soppiantate da effetti sgradevoli sul piano sia psicologico sia fisico, che possono raggiungere livelli elevati di gravità e talvolta divenire irreversibili.

Un uso più o meno saltuario induce, una volta cessato l’effetto della droga, ansia, depressione, irritabilità, insonnia della durata di alcune ore o giorni, mentre un uso continuativo può determinare una vera e propria malattia psichiatrica nota come psicosi paranoide: il soggetto si sente ossessionato, è convinto di essere spiato, perseguitato; il tono dell’umore è depresso, possono insorgere allucinazioni (tipica la percezione di animaletti che corrono sulla pelle, detti cocaine bugs). Frequenti sono gli attacchi di panico e uno stato di profonda depressione, che può perdurare anche diverse settimane. I danni fisici compaiono soprattutto a livello del cuore e del sistema circolatorio, con aumento della pressione arteriosa, aritmie, fino all’infarto cardiaco; l’assunzione per via inalatoria può determinare perforazione del setto nasale e polmoniti in seguito a contaminazioni delle sostanze di taglio.


Anfetamine allucinogene

Principio attivo:derivato della feniletilamina. Presenti sul mercato e note nel gergo dei consumatori con diverse denominazioni (anfe, speed, ecstasy, ice, MDA, MMDA), le anfetamine sono sostanze di sintesi (al contrario delle precedenti, non vengono infatti estratte da piante, ma prodotte e trasformate in laboratorio) appartenenti al grosso capitolo delle sostanze delle “simpaticomimetiche”. Si tratta del gruppo di droghe più eterogeneo, in continua trasformazione ed evoluzione grazie anche alla semplicità della struttura molecolare, che ne rende facile la manipolazione anche all’interno di laboratori chimici improvvisati.

Inoltre, l’estrema eterogeneità e l’immissione sul mercato di sostanze di questo tipo, continuamente modificate nella struttura chimica, non permette di avere sempre precise informazioni tossicologiche. Si presentano per lo più sotto forma di pastiglie di varie forme e colori, che vengono perlopiù ingerite, ma possono anche essere sniffate, fumate e introdotte in vena (bucate). Sono sostanze stimolanti il sistema nervoso centrale per la loro capacità di potenziare la trasmissione di varie sostanze naturalmente presenti nel nostro organismo (i neuromediatori, indispensabili, tra l’altro, per il corretto svolgimento delle funzioni svolte dal nostro organismo a vari livelli tra cui il sistema nervoso), fra cui adrenalina, dopamina, serotonina, per periodi anche lunghi (24-36 ore).

Gli effetti ricercati Le anfetamine producono euforia e un lieve e piacevole stato allucinatorio, fanno sentire molto forti e decisi, inducono uno stato di benessere sia verso se stessi (effetto entactogeno) sia verso gli altri (effetto empatogeno), per cui diventa molto più facile colloquiare e si ha la sensazione che le parole abbiano uno smisurato poterre di aggregazione.

I movimenti diventano rapidi, non si avverte né la fame (le anfetamine erano molto usate in passato nelle diete dimagranti) né la stanchezza (sono state somministrate per la prima volta ai soldati della Seconda guerra mondiale) né il sonno (un tempo venivano perfino usate per studiare di più la notte prima degli esami).

Effetti collaterali non voluti e complicanze Eccitando il sistema nervoso simpatico a vari livelli, queste sostanze provocano i seguenti effetti: ipertensione arteriosa, aumento del ritmo cardiaco, dilatazione della pupilla (midriasi), agitazione e tremori.

Una volta interrotto l’uso, emerge una sensazione spiacevole, caratterizzata da stanchezza, depressione, irritabilità, sonnolenza, dalla quale il soggetto sente il forte desiderio di liberasi al più presto, assumendo altra droga a dosi sempre maggiori fino a giungere, nel giro di qualche settimana, a uno stato di confusione mentale in cui depressione e aggressività portano all’isolamento e possono spingere la persona a compiere atti dalle gravi conseguenze.

Dosi eccessive o ripetute a brevi intervalli possono provocare convulsioni, turbe psichiatriche frequentemente di tipo paranoico, grave aumento della pressione arteriosa con rischio di emorragie cerebrali.

La febbre elevata (fino a 41-42 °C) è un segno tipico dell’intossicazione ed è potenzialmente mortale se non trattata in modo adeguato e con l’assunzione di liquidi non alcolici.

Nell’uso cronico è descritta una distruzione graduale ma irreversibile di alcune categorie di neuroni, con gravi deficit psico-neurologici. [G.F.]