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Gli antidepressivi che non spengono il desiderio

Agiscono senza causare impennate della serotonina, amica del relax ma nemica del piacere

credits: iStock



di Valeria Ghitti

La recente indagine Sexsed, coordinata dal Dipartimento di psichiatria e scienze neurocomportamentali della University of Virginia School of Medicine di Charlottesville, negli Stati Uniti, lo ha confermato: gli antidepressivi possono spegnere il desiderio, o innescare effetti collaterali, come la secchezza vaginale o la scomparsa dell’eiaculazione.

«Non c’è una regola, perché ognuno reagisce diversamente a una stessa molecola», sottolinea il professor Giampaolo Perna, psichiatra e direttore del Centro per i disturbi d’ansia ed emotivi Cedans. «Nonostante ciò, quando il farmaco “fa male” alla sfera più intima, non mancano le alternative: chi ha una normale attività sessuale non deve certo rinunciarvi. Anzi, viverla in pieno è un modo in più per uscire dal tunnel della depressione».


I FARMACI CUI RICORRERE
- Sono quelli che hanno minori effetti sul desiderio sessuale e su quella cascata di neurotrasmettitoriche, quando si è vicini alla persona amata, danno un’accelerata all’eccitazione e alla voglia di fare l’amore.

«La ragione è che interferiscono in modo più soft con l’utilizzo della serotonina, neurotrasmettitore che regola l’umore, ma che ha un ruolo fondamentale anche sul piacere», spiega il professor Perna. «Se ce n’è troppa, come capita usando la maggioranza degli antidepressivi della famiglia degli SSRI, cala il desiderio o si riduce la risposta sessuale (provocando difficoltà di erezione o scarsa lubrificazione), si allungano i tempi dell’eccitazione maschile e femminile, o diventa impossibile raggiungere l’orgasmo».

Altre molecole, invece, influenzano meno la libido e l’eccitazione: «Il bupropione, per esempio, che agisce sulla dopamina, o la vortioxetina che svolge un’azione selettiva su alcuni recettori per la serotonina», continua Giampaolo Perna. «Altrettanto fa l’agomelatina, una molecola che favorisce il buonumore resettando i ritmi del sonno veglia alterati dalla depressione, e la duloxetina, una sostanza che, agendo sulla noradrenalina, stabilizza le tonalità emotive».


A VOLTE È QUESTIONE DI DOSI
- Se si è in cura, vale la pena di parlare di questi nuovi prodotti con il proprio psichiatra. La débacle intima può derivare anche “solo” da una questione di dosi, un effetto indesiderato che si può eliminare aggiustando la posologia dell’antidepressivo.

«Non si fa all’inizio delle cure perché, per essere efficaci, gli antidepressivi vanno assunti a dosaggio pieno per almeno 6 mesi: in caso contrario, si rischiano ricadute.

Quando l’umore si è stabilizzato, invece, il medico può ridurre le dosi, affiancando al farmaco un’attività fisica (come camminare, andare in bicicletta, nuotare) che stimola la neurogenesi, la formazione di nuove cellule che aiuta a ripristinare la plasticità e il benessere del cervello», conclude il professor Perna.


IL BENEFICIO DEI TEMPI PIÙ LUNGHI

Esiste anche il rovescio della medaglia: gli antidepressivi che alterano la risposta sessuale possono riservare effetti positivi agli uomini che soffrono di eiaculazione precoce perché, allungando i tempi dell’amore, si rivelano indirettamente una sorta di cura.

Non a caso, tra le terapie oggi a disposizione per questa disfunzione sessuale maschile c’è proprio la dapoxetina: è una molecola della stessa famiglia degli SSRI che non agisce sull’umore ma solo sulla sfera sessuale e urologica, ed è già stata approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco e dall’European Medicines Agency.


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Articolo pubblicato sul n. 50 di Starbene in edicola dal 29/11/2016

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