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Steatosi epatica: le cause e come si cura il fegato grasso

A volte bisogna far “dimagrire” il fegato, che accumula troppi grassi al suo interno. L’unica soluzione è mettersi a dieta e praticare regolare attività fisica

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Un italiano su quattro ha il fegato grasso ma spesso non lo sa, perché si tratta di una condizione silente, che rimane asintomatica per anni. La cosiddetta steatosi epatica consiste nell’accumulo eccessivo di grasso fra gli epatociti, le cellule del fegato: è normale proprio per le funzioni del fegato che ve ne siano delle piccole quantità, ma non dovrebbe superare il 5 per cento all’esame microscopico.

«Oltre quella soglia si parla di steatosi epatica, che nella maggior parte dei casi rappresenta una condizione benigna e viene definita Non Alcoholic Fatty Liver Disease - NAFLD, steatosi epatica non alcolica, perché non è correlata al consumo eccessivo di alcol», spiega il dottor Andrea Costantino, gastroenterologo, epatologo ed ecografista in servizio a Milano. «In una piccola percentuale di casi, invece, si tratta di steatoepatite non alcolica, dove all’accumulo di grasso si somma l’infiammazione degli epatociti: in una quota di pazienti, per fortuna minima, questa infiammazione cronica può portare fibrosi epatica fino alla cirrosi epatica e alle sue possibili complicanze, come scompenso e tumori epatici primitivi».


Come si diagnostica il fegato grasso

Nella sua forma benigna, il fegato grasso non provoca sintomi, per cui un’ampia fetta di popolazione ci convive senza lamentare alcun disturbo: nella maggior parte dei casi, dunque, la diagnosi avviene in maniera del tutto occasionale, durante un’ecografia eseguita per altri motivi: «Nelle immagini ecografiche, il fegato presenta un’aumentata brillantezza e viene definito iperecogeno.

Questa iperecogenicità all’ecografia è il metodo raccomandato per fare la diagnosi ed è anche possibile quantificare se la steatosi epatica è di grado lieve oppure moderato o severo», descrive il dottor Costantino. La steatoepatite non alcolica, invece, viene sospettata perché determina delle alterazioni nei comuni test di funzionalità epatica, ovvero quelle analisi del sangue che misurano i livelli di transaminasi, identificate da sigle come GOT o AST oppure GPT o ALT, o della gamma glutamil transpeptidasi, comunemente abbreviata come Gamma-GT: «Se i valori di questi enzimi sono aumentati e si ha riscontro ecografico di steatosi, l’epatologo o il medico internista possono decidere di approfondire il quadro clinico con un’elastografia epatica, un esame che sfrutta un apparecchio in grado di calcolare la velocità con cui le vibrazioni di particolari onde a ultrasuoni raggiungono il fegato per poi tradurle in un numero: più il fegato è fibrotico, quindi meno elastico, più il numero registrato aumenta. Inoltre, i nuovi strumenti permettono di utilizzare il Controlled Attenuation Parameter come strumento alternativo per la valutazione non invasiva e il follow-up della steatosi, che fornisce un valore numerico per quantificare la steatosi epatica». Per arrivare a una diagnosi certa può essere necessaria una biopsia epatica, che consiste nel prelievo di un piccolo frammento di tessuto da esaminare al microscopio dopo opportuni trattamenti e colorazioni: «Questo esame consente di quantificare il grado di steatosi, infiammazione e fibrosi, oltre ad escludere oppure rilevare altre cause di aumento delle transaminasi, come ad esempio malattie del sistema immunitario».

 

Quali sono le cause della steatosi

Nella quasi totalità dei casi, l’accumulo eccessivo di grassi negli epatociti si associa ad alcune condizioni predisponenti, come obesità, diabete di tipo 2 e insulino-resistenza: in altre parole, è legato a un’alterazione del metabolismo di zuccheri e grassi.

«In qualche caso, la steatosi epatica può manifestarsi anche in persone magre, ed è chiamata NAFLD magra, oppure come conseguenza dell’utilizzo cronico di alcuni farmaci, come gli steroidi o gli estrogeni di sintesi», spiega il dottor Costantino.


Come si cura

Al momento, non esiste alcuna terapia farmacologica per il fegato grasso tanto efficace quanto le terapie dietetiche e comportamentali. La cura consiste, dunque, nella rimozione delle cause che hanno determinato la steatosi e, in particolare, nell’adozione di uno stile di vita che preveda innanzitutto una dieta ipocalorica, finalizzata a ridurre il peso corporeo in maniera graduale (perché un calo troppo repentino potrebbe addirittura peggiorare il problema), e ipoglucidica, cioè povera di carboidrati (pasta, pane, pizza, riso, frutta troppo zuccherina, bevande zuccherate). «Fondamentale è anche praticare una costante attività fisica, scelta in base all’età e preferenzialmente di tipo aerobico, come passeggiate, corsa, nuoto o bicicletta: questo aiuta a mobilizzare più velocemente i depositi di grassi dal fegato, oltre a ridurre o tenere sotto controllo il peso corporeo», illustra l’esperto. Insomma, il fegato grasso è una condizione reversibile, ma può costare fatica e ci vede protagonisti attivi.

 

Far "dimagrire" il fegato allunga la vita

La steatosi epatica richiede una completa astensione dall’alcol, da bandire dalla tavola anche in minime quantità fino alla sua completa risoluzione. In compenso si possono consumare due o tre caffè al giorno (senza zucchero), che – secondo alcuni studi – sarebbero perfino in grado di ridurre la progressione della steatosi epatica verso la cirrosi. «Non dimentichiamo che la steatosi, soprattutto quando si presenta sotto forma di steatoepatite, può rappresentare un importante fattore di rischio cardiovascolare e oncologico», conclude l’esperto. «Ecco perché far “dimagrire” il nostro fegato può allungarci la vita».


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