Sindrome della vescica timida: cos’è, chi colpisce e cosa fare

Nota anche come paruresi, consiste nell’impossibilità di urinare alla presenza reale o immaginaria di qualcun altro. Colpa dell’ansia, che può addirittura influenzare la normale funzione fisiologica



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La paura è un’emozione primaria, che ha aiutato il genere umano a sopravvivere, proteggendo da pericoli o minacce gli uomini e le donne di tutte le epoche storiche. Quando però diventa esagerata e illogica, quella stessa paura può condizionare negativamente la vita. È il caso della paruresi, o sindrome della vescica timida, dove le persone che ne soffrono non riescono a urinare in tutte quelle situazioni in cui hanno la percezione di essere controllati dagli altri, per cui hanno difficoltà ad affrontare qualunque circostanza sociale. Basta trovarsi a casa di amici o parenti, in un bagno pubblico o talvolta anche fra le mura domestiche (se ci sono ospiti nell’altra stanza) perché “laggiù” tutto si blocchi. «Si tratta di un disturbo a prevalenza maschile, anche se le donne non ne sono completamente indenni», specifica il dottor Massimo Botti, psicologo e psicoterapeuta.


Cos’è la sindrome della vescica timida

Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la paruresi viene inclusa nella categoria del disturbo d’ansia sociale (fobia sociale) ed è stata descritta per la prima volta nel 1954 dagli psicologi Griffith Williams ed Elizabeth Degenhardt della Rutgers University, in New Jersey. Si tratterebbe di un disagio che, nel 2002, la psichiatra Bavanisha Vythilingum ha approfondito come “la paura di non riuscire a urinare in bagni pubblici o in situazioni in cui gli altri potrebbero essere consapevoli che il soggetto sta urinando”.

Stando all’International Paruresis Association, questo problema non è così raro, perché colpisce centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, provocando angoscia per le attività quotidiane come viaggi, impegni sociali o incontri di lavoro. «Per assurdo, l’agitazione aumenta lo stimolo di urinare. Non è un caso se comunemente si dice “farsela sotto per la paura”: la tensione nervosa fa contrarre la muscolatura liscia della vescica e induce un’urgenza minzionale. Nel caso della paruresi, quindi, i meccanismi non sono fisiologici, ma puramente psicologici», tiene a precisare il dottor Botti.


Quali sono le cause della paruresi

Talvolta, la sindrome della vescica timida trova la sua miccia in un’esperienza spiacevole, come non essere riusciti a urinare su richiesta in un ambulatorio medico oppure l’aver impiegato più tempo del necessario in un bagno pubblico mentre fuori qualcuno incitava di sbrigarsi. «A quel punto, il soggetto può sviluppare una particolare ansia verso le successive occasioni sociali in cui dovrà fare pipì nelle vicinanze di altre persone. Ecco perché al mattino, prima di uscire di casa, chi ne soffre cerca di svuotare il più possibile la vescica, sapendo che durante il resto del giorno non ci riuscirà», spiega Botti.

«Ovviamente, questo accade in persone particolarmente sensibili e soggette alla fobia sociale, per cui esiste una sorta di predisposizione ai ragionamenti ansiogeni, che in questo caso possono tradursi in pensieri del tipo: “Guarda che figura ho fatto”, Chissà cosa avrà pensato quello fuori” e così via». Da quel momento in poi, possono avviarsi quelle che in terapia strategica vengono definite tentate soluzioni disfunzionali, ovvero tutte quelle cose che la persona mette in atto per affrontare il problema ma che paradossalmente lo mantengono e talvolta lo peggiorano. In altre parole, sono le tentate soluzioni ad alimentare il problema.


Che cosa accade

Le tentate soluzioni disfunzionali possono consistere nell’evitamento oppure nelle precauzioni. In breve, siccome è accaduto qualcosa di spiacevole in determinate condizioni, la persona cerca di evitare quelle stesse condizioni nella speranza di urinare più serenamente oppure si organizza accertandosi per esempio che non ci sia nessuno nelle vicinanze o scegliendo un orario in cui tutti sono al lavoro e i bagni sono vuoti. «In questo modo, diventa impossibile fare pipì fuori di casa, perché i continui evitamenti e le precauzioni strutturano nel corpo un’abitudine indotta dalla mente, che impone alla minzione determinati orari, anche se a intervalli prolungati. L’organismo si adegua a questi ritmi, nonostante siano disfunzionali rispetto alla libertà personale».


Come si tratta la sindrome della vescica timida

La minzione non è una “performance”, ma semplicemente una funzione corporea necessaria che tutti dobbiamo svolgere e che non dimostra nulla del valore di un individuo. Non è necessario che il proprio getto sia veloce, forte o perfetto. Dunque, il primo passo nel processo di superamento del problema è far “sentire” al soggetto che «sono proprio le sue tentate soluzioni ad aver strutturato il problema, per cui vanno progressivamente smontate.

Solamente dopo, a mente libera, la persona potrà evolvere il proprio modo di pensare e di conseguenza vivere un processo di aggiustamento del corpo per tornare alle normali funzioni», assicura il dottor Botti. Nelle prime fasi è fondamentale che amici e famigliari evitino tutte quelle esortazioni della serie: “Dai, provaci”, “Il problema è solo nella tua testa”, “Vedrai che non ti succede niente”, “Guarda che è naturale” o “Non c’è nulla da temere”. «Sono tutte frasi che la persona si è già ripetuta da sola mille volte, ma che non aiutano, indispongono e possono peggiorare la situazione».

Allo stesso modo, a casa, è importante che gli altri non assecondino evitamenti e precauzioni: ad esempio, uscire di casa per consentire all’altro di fare pipì oppure aiutarlo a trovare un bagno isolato quando ci si trova altrove non sono buone soluzioni, ma al contrario complicano il problema, perché in qualche modo lo confermano, mostrando che effettivamente la solitudine è la migliore condizione per riuscire a urinare.


I passi da compiere

Un valido aiuto viene dalla terapia strategica breve, un approccio terapeutico che inizialmente non propone un cambiamento in termini di comportamenti, ma innanzitutto opera a livello di percezioni interiori. Molto efficace è la manovra della peggior fantasia: attraverso un linguaggio suggestivo e ipnotico, il terapeuta chiede alla persona di evocare volontariamente tutte le sue peggiori fantasie rispetto al problema, immaginando le situazioni più “mostruose” che potrebbero capitare mentre cerca di fare pipì, amplificando la paura al punto da essere libero di piangere, disperarsi o urlare.

«Il tutto deve durare per trenta minuti, al termine dei quali si riprende la normale giornata. Facendo questo esercizio mentale, a orari programmati e controllati, il soggetto sperimenta che da solo può far svanire le proprie paure, proprio quelle che lo tengono incatenato al sistema disfunzionale». In genere, la terapia strategica breve non opera mai oltre le venti sedute, ma già nelle prime dieci si può assistere a un netto miglioramento del problema, cosa che avviene nel 90 per cento dei casi. «Siccome è la paura che blocca e incatena il soggetto, è necessario superarla per trovare il coraggio di vedere che il “mostro temuto” è inesistente», conclude il dottor Botti. «La sindrome della vescica timida si può superare, come tutte le fobie. Basta non arrendersi».


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