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Che cos’è il PRP e a cosa serve

Il plasma sanguigno arricchito con piastrine più concentrate si trasforma in una potente medicina. Ecco come agisce

credits: iStock




Forse non lo sai, ma nel tuo sangue circolano sostanze riparatrici pronte a scendere in pista quando ti procuri una ferita. Sono le piastrine, che rigenerano in poco tempo pelle e tessuti.

E allora, perché non utilizzarle in forma concentrata per stimolare, in modo biologico, i processi riparativi? Ecco cos’è la Prp  (platelet rich plasma): un campione del proprio plasma sanguigno, arricchito di piastrine autologhe (cioè provenienti dallo stesso organismo), trasformato in una potente medicina. Utile per combattere molti problemi.


Se hai i capelli in caduta libera

Le più frequenti forme di alopecia sono due: la androgenetica, legata a un eccesso di androgeni o a un’ipersensibilità dei recettori agli ormoni maschili, e la areata che colpisce per due terzi le donne ed è dovuta a reazioni autoimmuni che indeboliscono il follicolo pilifero.

«La forma androgenetica si manifesta, negli uomini, con lo stempiamento che dalla fronte arriva alla sommità del cranio, mentre nel gentil sesso causa un diradamento anche sulla nuca.

La forma areata, invece, crea delle antiestetiche perdite a chiazze», spiega il dottor Mario Goisis, specialista in chirurgia plastica, estetica e maxillo-facciale a Milano, direttore dei centri Doctor’s Equipe presenti nelle città italiane.

«In entrambi i casi può essere utile frenare la caduta dei capelli con microiniezioni di Prp, fatte su tutto il cuoio capelluto a un centimetro l’una dall’altra (sono circa una cinquantina ma così “micro” e rapide da risultare indolori).

I fattori di crescita liberati dal concentrato piastrinico ossigenano e rivascolarizzano il bulbo pilifero, arrestando la caduta e irrobustendo il fusto. I migliori risultati, come dimostra uno studio pubblicato sul Journal of Trichology, si ottengono non in presenza di calvizie totale ma quando il cuoio capelluto è ancora ricoperto da uno strato di capelli finissimi e radi». Il protocollo prevede tre sedute, una al mese, a 250 € l’una.


Se soffri di secchezza vaginale

Al Congresso di medicina antiaging 5CC di Barcellona 2017, la parte del leone l’ha fatta l’estetica funzionale  volta a migliorare non solo l’aspetto ma anche la funzionalità degli organi. E in quest’ottica, la grande novità consiste nell’utilizzo della Prp per combattere l’atrofia vaginale della post-menopausa, che comporta prurito vulvare, secchezza, dolore ai rapporti e difficoltà a raggiungere l’orgasmo.

«Grazie a una decina di microinfiltrazioni sulla vulva, le grandi e piccole labbra e l’area clitoridea, si riesce a rigenerare l’epitelio delle mucose vaginali che, in poche sedute, appare all’esame istologico più spesso, reidratato ed elastico», spiega il dottor Mario Goisis.

«Il trattamento riduce la sensazione di scarso comfort e, ringiovanendo le parti intime dall’interno, le rende sia più ricettive agli stimoli sessuali (migliore lubrificazione e risposta orgasmica) sia più resistenti all’attacco di virus, funghi e batteri».


Se vuoi levigare le cicatrici 

Caposaldo della medicina rigenerativa, la Prp serve anche per il trattamento delle cicatrici, da quelle superficiali (come i “buchini” lasciati in eredità dall’acne) a quelle più profonde, dure e in rilievo chiamate cheloidi. «Il protocollo clinico prevede l’associazione della Prp con un laser di tipo ablativo, come il C02 frazionato», premette il dottor Goisis.

«Per le cicatrici da acne ad esempio, si passa prima sul viso il C02, per realizzare un photopeeling, e poi si applica per un’ora una maschera biologica realizzata con il gel piastrinico, che riattiva la rigenerazione cellulare. In caso di cheloidi brutti (tagli cesarei o ferite sul volto cicatrizzate male) si procede, invece, alla loro escissione chirurgica. In pratica vengono asportati e si esegue una sutura.

Quindi, per evitare che anche la nuova cicatrice dia origine a un cheloide, si fanno delle infiltrazioni di Prp lungo i bordi cicatriziali oppure lo si applica per gocciolamento». Uno studio pubblicato questo settembre sul Journal of Surgical Dermatology dimostra che questo protocollo scongiura il rischio di nuovi chelodi nell’ 87% dei casi.


Se presenti gli esiti di un'ustione 

«La Prp è particolarmente utile in caso di cicatrici a forma di cordolo che derivano da ustioni profonde di 2° o 3° grado, specie se “tirano” la cute in modo doloroso (sono dette retraenti)», precisa il professor Valerio Cervelli, direttore della cattedra di chirurgia plastica all’Università Tor Vergata di Roma.

«In questo caso si tratta il cheloide con il laser ablativo C02 frazionato, che la scolla e la leviga riducendo e lo spessore, e si inietta poi la Prp tutt’intorno al cordolo per regolarizzare l’attività dei fibroblasti.

In caso di cicatrici da ustioni non retraenti, invece, si prepara il tessuto con un laser non ablativo (tipo il 1540 ultrapulsato): una volta levigato, si rivitalizza l’area con le microinfiltrazioni di Prp». Il trattamento non viene effettuato, invece, sulle ustioni “fresche”, molto recenti.


Se hai piaga da decupito o ulcere

La Prp è efficace anche nella guarigione di piaghe da decubito, ferite e ulcere diabetiche, che affliggono spesso i piedi. «Dovute all’allettamento prolungato  le piaghe da decubito si curano dapprima con una toilette chirurgica volta a ripulirle da zone infette o necrotiche oppure, se il paziente non può essere trasportato in ospedale, con l’utilizzo di pomate a base di enzimi proteolitici che “sciolgono” la lesione », spiega ancora il professor Cervelli.

«Dopodichè, entra in gioco l’azione rigenerante della Prp, sotto forma di microiniezioni o applicata in gel con una cannula». Procedura simile viene usata anche per le ulcere diabetiche e le ferite profonde.

Dopo la detersione chirurgica si applica il gel piastrinico, denso e corposo, con una cannula. Viene messo soprattutto ai bordi della lesione, da dove parte la ricostruzione tissutale. Fatto che, come dimostrano decine di studi clinici, accelera sensibilmente il processo di guarigione.


In forma liquida

La Prp iniettabile, la più diffusa, si ottiene prelevando 10 cc di sangue e “lavorandolo” con un kit certificato dalla Asl. Dalla separazione della parte bianca da quella ricca di globuli rossi, si ottiene il plasma che, centrifugato e sottoposto a un processo di precipitazione, viene arricchito di piastrine da 4 a 10 volte superiori al plasma umano. «Iniettato, libera fattori di crescita dall’azione riparativa e rigenerante»,
spiega Goisis.

«Tra questi, l’Egf (epidermal growth factor) e il Vegs (vascular endothelial growth factor).Oppure in gel Utilizzato soprattutto per cicatrici, ustioni, piaghe da decubito e ulcere, il gel piastrinico è una “pappetta” densa. «Si ottiene grazie all’attivazione della Prp liquida con il cloruro di calcio», spiega il professor Cervelli. «In questo modo, innescando il processo di coagulazione, si forma il prezioso gel bioattivo».



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Articolo pubblicato sul n. 41 di Starbene in edicola dal 26/9/2017

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