La proloterapia per riparare cartilagini, tendini, legamenti
Grazie alla proloterapia puoi riparare le fibre in modo rapido e indolore: poche “punturine” di acqua e zucchero e le articolazioni ringiovaniscono
Artrosi, tendiniti o legamenti lesi, come corde composte da tante fibre intrecciate che a un certo punto si sfilacciano. Chi non ha mai avuto questi problemi, almeno una volta nella vita? E se l’artrosi è una malattia degenerativa causata dall’usura della cartilagine che ricopre e protegge i capi articolari, le lesioni ai tendini e ai legamenti sono dovute a vari motivi, traumi sportivi in testa. Fortunatamente, nei casi meno gravi non è necessario ricorrere all’intervento chirurgico e alla successiva immobilizzazione con il tutore.
Grazie alla medicina rigenerativa, dopo un adeguato inquadramento, il fisiatra, il medico dello sport o l’ortopedico può eseguire la proloterapia, una metodica ambulatoriale mininvasiva che in Italia è poco conosciuta ma ha molte frecce al suo arco. Promette, infatti, di rigenerare il tessuto connettivo che forma tendini e legamenti in modo soft, dando uno stimolo iniziale e lasciando che madre natura svolga compito riparatore. Per segreti, abbiamo intervistato Francesco Perrini, specialista ortopedia a Moncalieri ed Alessandria.
Dottor Perrini, che cos’è la proloterapia?
«La proloterapia è una terapia infiltrativa che prevede tante piccole iniezioni, eseguite con un ago sottile e dopo aver fatto un po’ di anestetico locale, di una soluzione glucosata, composta da acqua e zucchero. Viene usato il glucosio nella sua forma cristallina, chiamata destrosio, più adatto a innescare un'"infiammazione controllata" a livello dei tendini e dei legamenti che spinge l’organismo a velocizzare i processi di riparazione. Il destrosio, infatti, è una sostanza irritante che determina una flogosi localizzata ai punti di infiltrazione.
È un po’ lo stesso concetto delle iniezioni sclerosanti che si praticano da più di 60 anni e mirano a chiudere i vasi sanguigni dilatati (varici o piccole reti di capillari) infiltrando un liquido che provoca una specie di flebite chimica. Irritate, le pareti collabiscono e il vaso si chiude. Con la proloterapia, invece, non c’è nulla da chiudere ma la soluzione di destrosio, utilizzato a diverse concentrazioni (la più comune è al 15%), fornisce il giusto input alla sintesi di nuove e robuste fibre di collagene che formano tendini e legamenti».
A proposito di indicazioni, in quali casi si rivela utile la proloterapia?
«Non solo è indicata in tutte le problematiche ortopediche a carico di tendini e legamenti ma anche in caso di artrosi cervicale o lombare, della spalla, del ginocchio o dell’anca. La degenerazione delle cartilagini articolari, infatti, non è solo dovuta al passare degli anni ma anche a un’instabilità articolare dovuta al cedimento dei legamenti, che possono presentarsi lassi anche se non si è anziani, a causa di una predisposizione genetica.
Esistono infatti dei geni che codificano la lassità legamentosa, cioè la qualità e la durata dei legamenti, per cui alcuni possono soffrire di artrosi prima del tempo o in forma più invalidante dei loro coetanei (“senescenza programmata”). L’invecchiamento precoce del tessuto connettivo, che diventa fibroso e anelastico come quello cicatriziale, fa sì che l’articolazione diventi instabile e che la cartilagine si usuri. Da qui il dolore, che a volte diventa cronico, il gonfiore e le limitazioni funzionali che impediscono di vivere una vita piena. Ma i legamenti possono lesionarsi anche per traumi sportivi (giocatori di basket, di calcio, di rugby e di pallavolo sono quelli che vanno più facilmente incontro a distorsioni del legamento crociato del ginocchio), per incidenti stradali o cadute accidentali.
Circa le tendinopatie, sono meno imputabili ai traumi ma causate dal sovraccarico articolare, cioè da sollecitazioni meccaniche intense ripetute nel tempo. Pensiamo al “gomito del tennista e del golfista”, alla “spalla del lanciatore” , all’infiammazione del tendine d’Achille e alle lesioni del tendine rotuleo tipiche dei calciatori, degli sciatori, dei body builder o dei giocatori di rugby. Esiste poi una tendinite diffusa non dovuta a sovraccarico articolare: è quella che colpisce i tendini della cuffia dei rotatori, nell’articolazione della spalla, dovuta al malfunzionamento delle diverse componenti che, come degli ingranaggi mal lubrificati, entrano in conflitto tra loro (conflitto acromion-claveare). In tutti questi casi la proloterapia può dare un contributo alla riparazione, purché non venga eseguita nella fase acuta, quando il riposo assoluto e il ricorso a blandi analgesici la fanno da padrona».
Quante punture si fanno? Quando si vedono i miglioramenti?
«Dipende dalla risposta del paziente, che è soggettiva. In genere si esegue un ciclo di 3-7 sedute (circa 100 €) distanziate tra loro 20/30 giorni per permettere all’organismo di attivare i meccanismi di rigenerazione. Nei primi due giorni dopo la seduta si ha un peggioramento dei sintomi, segno dell’infiammazione in atto, voluta e creata ad hoc. Ma poi si assiste a un netto miglioramento, per il potenziale rigenerativo della proloterapia. Le microinfiltrazioni vengono fatte nei punti di inserzione dei tendini o dei legamenti sull’osso, chiamate entesi.
È importante conoscere con precisione anatomica questi punti: chi ha seguito il corso di formazione in proloterapia consulta una mappa di tutte le entesi, articolazione per articolazione. Il numero delle sedute non viene programmato a priori ma “negoziato” con il paziente, che di volta in volta riferisce se si sente e si muove meglio. C’è chi dalla seconda seduta si dichiara soddisfatto, e in quel caso consiglio di programmare soltanto un “richiamo” dopo un mese, per stabilizzare i risultati. Controindicazioni? Il trattamento non va eseguito in corso di trauma acuto, febbre, ferite o infezioni ed è off limits per chi è allergico all’anestesia locale. Inoltre va detto, che c’è un 5% di “non responder”, persone che non rispondono al trattamento».
Quali sono le prove che la proloterapia funzioni?
«Il riscontro dei pazienti è già un buon punto di partenza perché bisogna mirare a farli stare meglio, al di là degli esami strumentali. In caso di lacerazione parziale o rottura di tendini e legamenti, l’ecografia e la RMN dimostrano l’avvenuta riparazione. Nel caso di tendini e legamenti “invecchiati”, invece, che presentano fibre di tessuto connettivo più rigide e fragili, le tecniche di imaging risultano inutili perché non danno informazioni sulla qualità del tessuto, cioè sulla sua microarchitettura interna. Gli esami istologici eseguiti a livello sperimentale, però, attestano la formazione di un connettivo nuovo, più “giovane” ed elastico.
Inoltre, esistono numerosi studi a sostegno della sua efficacia. Nel maggio 2021, il Journal of Rehabilitation Medicine riporta uno studio prospettico randomizzato su 47 pazienti affetti da gonartrosi, divisi in due gruppi: quelli che hanno ricevuto un’infiltrazione alla settimana per 5 settimane di acido ialuronico intra-articolare, e quelli che hanno fatto tre sedute di proloterapia intra-articolare e periarticolare (cioè direttamente nei legamenti del ginocchio) eseguite ogni 4 settimane. A fine ciclo, sono stati valutati i biomarkers del danno condrale, che nel secondo gruppo si erano maggiormente ridotti. Va detto che una tecnica non esclude l’altra. Se la proloterapia viene abbinata alle infiltrazioni di acido ialuronico, si creano benefiche sinergie. Riparando anche le cartilagini male in arnese».