Periostite: cos’è, cause, sintomi, cure
Un dolore che nasce in profondità, come se provenisse dall’interno dell’osso: è il segnale tipico della periostite, un’infiammazione che colpisce chi sollecita troppo le gambe. Dallo sportivo al lavoratore sempre in piedi, nessuno è immune. Prevenirla e curarla con metodo è la chiave per evitare che diventi una compagna difficile da scrollarsi di dosso
Non si tratta di un crampo, né di un affaticamento muscolare. E non è nemmeno quel bruciore ai tendini che compare dopo un allenamento troppo intenso. Il dolore della periostite è qualcosa di diverso: profondo, sordo, come se provenisse dall’interno dell’osso. All’inizio si manifesta con un lieve fastidio, facile da sottovalutare, ma se ignorato può evolvere in un dolore costante e pungente, tanto intenso da rendere difficoltosi anche i movimenti più semplici, come una corsa, una passeggiata, persino salire le scale.
Che cos'è la periostite
Il nome può suonare tecnico, ma la periostite è una condizione più comune di quanto si pensi, soprattutto tra chi pratica sport o svolge attività che sollecitano a lungo le gambe. Il termine deriva da periostio, la sottile membrana che riveste e protegge le ossa. Non si tratta di un semplice rivestimento: è un tessuto vivo e attivo, ricco di vasi sanguigni e terminazioni nervose, che nutre l’osso, ne favorisce la rigenerazione e lo protegge da urti e microtraumi.
Quando questo delicato rivestimento si irrita o si infiamma, si manifesta la periostite. «Si tratta di una reazione infiammatoria che può insorgere a causa di microtraumi ripetuti, di un sovraccarico funzionale o di errori nell’allenamento», spiega il dottor Andrea Grasso, responsabile di Ortopedia al Tiberia Hospital e all’ICC-Istituto Clinico Casalpalocco di Roma.
È una condizione particolarmente frequente tra runner, sportivi e persone molto attive, ma non risparmia chi trascorre molte ore in piedi o cambia bruscamente tipo o intensità di attività fisica. Anche una postura scorretta o un appoggio del piede alterato possono favorirne l’insorgenza, soprattutto quando le ossa della gamba vengono sottoposte a stress meccanici continui.
Quali sono i sintomi della periostite
Il primo segnale è quasi sempre il dolore, che sembra nascere dall’osso stesso, profondo e difficile da localizzare con precisione. Può comparire in qualunque punto sottoposto a stress meccanico, ma la sede più comune è la tibia, soprattutto tra chi corre o svolge attività che comportano salti e impatti ripetuti sul terreno.
«Tipicamente parliamo di periostite tibiale anteriore o posteriore», illustra il dottor Grasso. «La forma anteriore interessa la parte interna della gamba, quella visibile e facilmente palpabile. È più spesso di origine traumatica, cioè l’esito di una botta, un colpo o un calcio, oppure la conseguenza di microtraumi ripetuti dovuti a un appoggio scorretto o a una postura alterata».
La forma posteriore, invece, colpisce la parte più profonda e laterale della tibia, in corrispondenza dell’inserzione del muscolo tibiale posteriore. «In questo caso», precisa l’esperto, «la causa non è quasi mai un trauma diretto, ma un problema posturale che mantiene le strutture muscolari in tensione costante».
Il dolore si manifesta come una fitta sorda e pulsante, spesso accompagnata da arrossamento, calore al tatto e una lieve tumefazione della zona interessata. All’inizio compare solo durante l’attività fisica ma, alla lunga, tende a farsi sentire anche a riposo, diventando un disturbo continuo e talvolta invalidante.
Quali sono le cause della periostite
Alla base della periostite c’è quasi sempre una sollecitazione meccanica ripetuta: l’osso, sottoposto a microtraumi continui, reagisce infiammandosi nel suo rivestimento più sensibile. Nel runner, ad esempio, ogni passo durante la corsa genera una vibrazione che si trasmette lungo la tibia: quando questi impatti si sommano nel tempo, senza adeguati periodi di recupero o con un appoggio scorretto, il periostio si irrita progressivamente fino a infiammarsi.
Ma la periostite non è un problema esclusivo degli sportivi. Anche nella vita quotidiana si possono creare le condizioni per farla comparire. Errori posturali, scarpe inadatte, allenamenti su superfici troppo rigide o persino un improvviso aumento dell’intensità fisica possono contribuire a scatenarla.
«Il piede cavo o pronato, che altera l’allineamento della gamba e cambia il modo in cui il peso si distribuisce durante il passo, è una delle cause più frequenti della periostite posteriore», indica il dottor Grasso. «In altri casi, invece, basta un trauma diretto per innescare l’infiammazione».
Come si fa la diagnosi di periostite
Riconoscere una periostite non è sempre semplice, soprattutto nelle fasi iniziali. Il dolore, all’inizio vago e profondo, può facilmente essere confuso con una contrattura muscolare, una tendinite o un generico affaticamento da sforzo. Per questo motivo è importante non affidarsi al “fai da te” ma rivolgersi a uno specialista ortopedico o fisiatra, in grado di valutare la situazione nel suo complesso.
«La diagnosi differenziale è fondamentale», assicura l’esperto. «Nella forma anteriore di periostite, spesso basta la visita clinica per individuare il problema: la zona è arrossata, dolente, leggermente gonfia e il dolore aumenta quando si palpa l’osso. La forma posteriore, invece, è più subdola: il punto dolente è nascosto sotto la massa muscolare e può risultare difficile da localizzare con precisione. In questi casi, gli esami strumentali diventano indispensabili».
Tra gli strumenti diagnostici più utili ci sono l’ecografia, che permette di valutare la presenza di infiammazione o ispessimento dei tessuti, e la risonanza magnetica, capace di evidenziare con grande precisione le alterazioni del periostio e di distinguere la periostite da altre patologie ossee o muscolari.
Questi esami servono non solo a confermare la diagnosi, ma anche a escludere altre condizioni simili, come le fratture da stress, le tendiniti o alcune patologie infiammatorie sistemiche che possono manifestarsi con sintomi analoghi.
In molti casi per capire perché il periostio si sia infiammato, lo specialista può richiedere anche un esame baropodometrico o un’analisi dell’appoggio plantare. Queste indagini permettono di valutare come il piede scarica il peso sul terreno e se ci sono squilibri posturali o anomalie biomeccaniche che possono aver contribuito a innescare la periostite.
«Riconoscere precocemente la natura del dolore è essenziale», tiene a precisare il dottor Grasso. «Una diagnosi corretta consente di impostare subito il trattamento adeguato, evitando che un’infiammazione localizzata si trasformi in un disturbo cronico e difficile da risolvere».
Quali sono i rischi della periostite
La periostite non è una patologia grave, ma può diventare un problema serio se viene trascurata o mal gestita. Inizialmente è solo un fastidio, un dolore sopportabile che compare sotto sforzo; con il tempo, però, può trasformarsi in un disturbo cronico e invalidante, capace di compromettere anche le attività quotidiane più semplici.
Il dolore tende a riacutizzarsi a ogni sforzo e nei casi più avanzati può arrivare a impedire non solo la corsa, ma anche il cammino o la stazione eretta prolungata. «Una volta che il periostio si infiamma, può infiammarsi di nuovo se si ripresentano le stesse condizioni di sovraccarico», avverte il dottor Grasso. «Non esiste una recidiva spontanea, ma se il piede continua ad appoggiare in modo scorretto o se l’atleta riprende troppo presto l’attività, il dolore ritorna puntualmente».
Come si cura la periostite
Affrontare la periostite significa agire su due fronti: lenire il dolore e correggere la causa che l’ha provocata. È un processo che richiede tempo, costanza e una corretta valutazione specialistica. «La terapia si articola in due fasi: una sintomatica e una correttiva», riprende l’esperto. «All’inizio è fondamentale ridurre l’infiammazione e dare sollievo al paziente. Il ghiaccio rappresenta sempre un valido alleato, perché decongestiona i tessuti e attenua il dolore. Anche i farmaci antinfiammatori possono essere utili, ma da soli non bastano: agiscono sul sintomo, non sulla causa».
Per risolvere la periostite, bisogna capire perché il periostio si è infiammato. «Serve una valutazione biomeccanica del piede e della postura», continua il dottor Grasso, «per verificare se l’appoggio è scorretto. In caso di squilibri, è possibile realizzare plantari su misura che aiutano a redistribuire i carichi e a ridurre lo stress sulla tibia».
Accanto alla correzione posturale, un ruolo importante è svolto dalle terapie fisiche strumentali, che favoriscono il recupero e stimolano la rigenerazione dei tessuti. «La tecarterapia, il laser e gli ultrasuoni sono metodiche efficaci e ben tollerate, molto più delicate delle onde d’urto, che in presenza di un’infiammazione acuta possono risultare eccessivamente dolorose», conclude lo specialista.
In parallelo, può essere utile un programma di fisioterapia mirata, che includa esercizi di stretching e potenziamento muscolare per migliorare la stabilità e l’allineamento della gamba. Nei casi più lievi, la guarigione può arrivare nel giro di poche settimane; nelle forme più ostinate, invece, è necessario un percorso di riabilitazione più lungo e graduale, con una ripresa controllata dell’attività fisica.
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