“Non mi sono mai accorta di russare. A un certo punto il mio partner è stato costretto a registrare i miei inconsapevoli terremoti notturni per fornirmi la prova in flagranza di reato!”. Ecco, pensavi di non russare e invece hai dovuto ammettere che non è così.
«Molti russatori non percepiscono il proprio rumore perché il cervello ci mette in uno stato di consapevolezza e controllo ridotto o assente, compreso quello che serve a individuare i suoni emessi dal proprio corpo», spiega il professor Luigi Ferini Strambi, massima autorità nel campo della Medicina del sonno.
«Le vibrazioni dei tessuti molli della gola causate dal passaggio dell’aria, poi, non provocano dolore o fastidio immediato, e quindi il nostro centro di controllo non le identifica come un problema, continuando a farci dormire. Il suono, poi, si propaga verso l’esterno, e quindi chi russa lo percepisce molto meno rispetto al vicino di letto. Persino i microrisvegli provocati da questa situazione sono così brevi che non se ne ha memoria».
Non è un problema del partner
Russare non è piacevole, ma non è neanche innocuo. «Il russamento occasionale non deve preoccuparci più di tanto, salvo rimostranze del convivente: quello che invece deve allertarci è il farlo in modo abituale, per esempio tutte le notti», spiega l’esperto.
«Perché questo è il preludio di una sindrome delle apnee ostruttive: a differenza di quello che è il russamento, semplice con chiusura parziale nelle prime vie aeree, qui arriviamo ad avere la chiusura completa e quindi si verifica l’apnea ostruttiva. Questa prima tappa può durare diversi anni nel maschio, perché magari si comincia a russare prima ogni tanto, poi soltanto in posizione supina, poi anche sul fianco, fino a fare le apnee.
Nella donna il passaggio da russamento a sindrome delle apnee ostruttive è più veloce, ma succede in età pre e menopausale, quando vengono a mancare ormoni come il progesterone che garantiscono una maggiore tonicità dei muscoli delle prime vie aeree, ed altri che portano al deposito del grasso in zone tipicamente maschili come il collo: ecco allora che compare un restringimento delle vie respiratorie».
Apnee pericolose
Trattenere il fiato come Umberto Pelizzari, il nostro apneista che ha toccato il record di 150 metri di profondità, mentre si dorme non è uno sport volontario e salutare. Pensate che una singola apnea (quella dei russatori) dura in media fra i 10 e i 30 secondi, ma può anche, se grave, superare il minuto. E in alcune persone si possono avere più di 30 episodi in una sola notte.
«Ci sono due motivi per curare le apnee ostruttive», commenta Ferini Strambi. «Il primo è la frammentazione del sonno, con le conseguenze di stanchezza, sonnolenza diurna e grado di attenzione nella vita quotidiana che abbiamo già visto nei riposi disturbati. Ma il pericolo più rilevante per la salute è l’ipossia notturna, cioè l’abbassamento dei livelli di ossigeno con possibili danni al cervello nel tempo, che portano fino all’atrofia della corteccia cerebrale. Alcuni studi indicano che la frammentazione del sonno da apnea aumenta la produzione di cortisolo, con un rischio maggiore di diabete e di ipertensione arteriosa, soprattutto quella farmacoresistente».
Che fare? «Subito un monitoraggio respiratorio indossando una specie di Holter, un apparecchio che anche a casa ci dice quante apnee facciamo, quanto diminuisce l’ossigeno e in che posizione avvengono».
I dispositivi per combattere le apnee
Vai in apnea quando sei supino o sul fianco? «È importante saperlo perché si può anche attuare la cosiddetta terapia posizionale», spiega il Ferini Strambi. «Serve a impedire alla persona di stare, per esempio, distesa a pancia in su utilizzando una semplice cintura con una minigobba che impedisce di dormire supini. In alternativa, esiste uno speciale collarino elettronico da indossare di notte: quando ci si mette in posizione supina, che scatena l’apnea, il collarino vibra quel tanto da far girare la persona sul fianco senza svegliarla.
Noi lo usiamo da anni con ottimi risultati. E poi ci sono altri rimedi, come particolari bite per far avanzare la mandibola o la CPAP, un piccolo compressore collegato ad una mascherina che invia aria per mantenere le vie aeree aperte. La possibilità terapeutica va scelta dallo specialista in base sia alle caratteristiche del paziente che alla gravità della sindrome delle apnee».
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