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Sei convinto di non dormire ma non è vero. Ecco perché e le soluzioni

Pensi di dormire poco, di non russare e di non sognare. Attenzione: tutto ciò che credi potrebbe essere sbagliato. Scopri cosa nascondono queste percezioni e il loro impatto sulla salute e la qualità del sonno

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Sono inganni della notte perché, spesso, la percezione di come trascorriamo le ore di sonno non corrisponde alla realtà. Come mai? Dipende dal modo in cui dormiamo, innanzitutto.

Se ci alziamo dal letto convinti di non aver chiuso occhio, non aver sognato o minimamente disturbato il nostro partner col nostro respiro rumoroso mentre è vero il contrario, occorre riesaminare la qualità di ciò che la scrittrice americana Frances Ann Lebowitz ha definito come “l’unico lusso a cui vale davvero la pena dedicarsi”. Però, non è così facile concedersi questo premio. Lo dice la scienza e basta guardare alcuni dati per averne la conferma.

Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità il 30% degli italiani dorme un numero insufficiente di ore, mentre il 14% valuta la qualità del proprio sonno come insoddisfacente. Ma trovato l’inganno, ecco la soluzione: per ogni problema ce la offre una delle massime autorità nel campo della Medicina del sonno, il professor Luigi Ferini Strambi. Che ci fa un altro regalo: una serie di nuovissimi video podcast dedicati al dormire bene, con tutti i consigli più autorevoli ed efficaci per raggiungere (in modo salutare) il paese dei sogni. 


  • Sei convinto di non dormire. Ma non è vero


“Durante la notte sto a letto ma praticamente non chiudo occhio, se non pochissimo”


In questo caso capita che la polisonnografia, l’esame ospedaliero impiegato per monitorare il riposo per una notte, dia un responso inaspettato: si dorme a sufficienza. Ma il giorno dopo ci si sente comunque stanchi, come dopo una notte in bianco. Molti percepiscono di non dormire affatto o, almeno, non bene oppure poco, anche se gli esami strumentali rivelano che le fasi del sonno sono presenti e abbastanza lunghe.

«Abbiamo tanti esempi di persone che magari dormono a lungo e poi non si sentono riposate», spiega il professor Luigi Ferini Strambi. «In realtà quelli che dicono “non dormo” hanno spesso una carenza di sonno profondo, quello davvero rinfrancante, o magari tanti brevi risvegli, che ti fanno riprendere coscienza per qualche minuto dandoti la percezione di essere stati “sempre” vigili.

Oppure hanno molto sonno REM, che è quello paradosso, più vicino alla veglia che a un riposo vero e proprio. È il sonno del soldato, quello con un occhio chiuso e l’altro socchiuso: nella realtà REM significa Rapid Eyes Movements (movimenti oculari rapidi), perché in questo ciclo notturno le palpebre sono chiuse ma gli occhi, sotto di esse, si muovono velocemente a causa di un’attività cerebrale intensa e dei sogni».


Qualità e non quantità

In realtà, dunque, il riposo rifocillante non è dato tanto dalle ore dormite, ma dalla loro qualità. «La fase di sonno profondo deve essere sufficiente, mentre quella REM limitata», sottolinea il nostro esperto. «Esiste un concetto molto importante, quello della frammentazione del sonno che crea microrisvegli (anche numerosi) di cui non ci accorgiamo ma che vanno a creare un dormire molto frammentato e di scarsa qualità, quindi non pienamente riposante».

Microrisvegli, questo è il problema delle persone che dicono “non dormo”: basta poco per averli. «Ci sono condizioni fisiche che possono indurli, come i rumori esterni, il partner che russa, persino il gatto che entra in camera e, in realtà, riusciamo a percepire anche ad occhi chiusi, nonostante i passi felpati», aggiunge Ferini Strambi. «E poi c’è lo stato di stress individuale, che non solo rende più difficoltoso l’addormentamento ma poi, dopo le prime due ore di riposo profondo, quando il sonno si alleggerisce, fa sì che le preoccupazioni riemergano e la testa ricominci a rimuginare i problemi».

Aggiungiamo a queste cause anche tutte le sindromi dolorose, ma pure la glicemia: «Non tutti sanno, a parte chi soffre già di diabete, che un rapido abbassamento notturno dei livelli di zuccheri del sangue (ipoglicemia) porta a risvegli immediati, perché il cervello si allarma e comanda la pronta reazione di aprire gli occhi: in quest’ultimo caso una visita è d’obbligo, perché tale fenomeno può essere dovuto all’alimentazione sbagliata, ma anche a una condizione di pre-diabete non diagnosticato».


Il giorno dopo

Esiste uno specialista del sonno che pratica nei Centri ospedalieri di Medicina del sonno ed è la persona giusta alla quale rivolgersi. «Bisogna interpellarlo quando di giorno cominciamo ad avvertire che non funzioniamo bene: siamo stanchi, sonnolenti, più irritabili. Se vediamo che questo problema persiste per più giorni, è meglio andare dal proprio medico di famiglia, raccontargli un po' la storia e, col suo assenso, farsi indirizzare a un Centro specializzato».

Ci saranno dei test da fare, come la citata polisonnografia, ma la cosa importante è il corretto inquadramento dal punto di vista clinico, cioè capire se il problema è costante, si presenta tutte le notti, o variabile, legato magari a situazioni esterne. E poi ci sono tutti gli elementi disturbanti da vagliare e, se possibile, calmierare o eliminare: la tv, il telefonino, i led accesi in camera da letto, persino il luogo di vacanza.

«Pensiamo, per esempio, all’insonnia d’altitudine: chi va in montagna, già a 1800 metri può avere un sonno più frammentato, con difficoltà respiratorie e apnee dovute alla rarefazione dell’aria e alla diminuzione della saturazione dell’ossigeno», sottolinea il professore. «Insomma, bisogna riprendere la situazione in mano e non è detto che si debbano assumere farmaci. Nel caso contrario, impariamo a usarli bene e funzioneranno senza effetti collaterali».



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