Menopausa, vampate di calore: le cause, quanto durano, i rimedi

Le vampate sono causate da un black-out dell’ipotalamo, una zona del cervello che entra in confusione quando gli estrogeni calano. Per evitarle hai diverse opzioni, tra cui anche un nuovo farmaco non ormonale



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Immagina un camino acceso, in cui scoppietta una bella fiamma vivace. Ti siedi accanto al fuoco e all’improvviso le tue gote si arrossano, la pelle diventa bollente e il caldo si fa intollerabile, al punto che ti allontani un po’. Qualcosa di molto simile accade durante le vampate di calore, il sintomo più comune della menopausa, caratterizzate proprio da una sensazione inaspettata e intensa di calore, soprattutto a livello di viso, collo e tronco.

«In genere le “caldane” durano pochi minuti, ma possono verificarsi da una a dieci o più volte al giorno, in maniera imprevedibile e casuale, creando disagio», commenta la dottoressa Micaela Petrone, medico ginecologo presso l’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. «Il calore improvviso, che può essere accompagnato da un aumento del battito cardiaco e abbondante sudorazione, è talvolta seguito da brividi, che possono essere ugualmente fastidiosi». Ma come nasce una vampata? Cosa la scatena?


Vampate, tutta colpa degli ormoni

Quando le ovaie smettono di produrre gli ormoni riproduttivi (estrogeni), a farne le spese è anche l’ipotalamo, sensibile com’è a qualunque cambiamento: «A quel punto, i suoi neuroni entrano in “confusione” e iniziano a rilasciare sostanze dal nome esotico, come kisspeptina, neurochinina 3 e dinorfina, che possono provocare dei picchi ingiustificati e improvvisi della temperatura corporea, innescando la vampata», spiega la dottoressa Petrone.

Ovviamente, più le cellule nervose dell’ipotalamo soffrono per la perdita dei loro amici estrogeni, più scatenano le crisi di calore. Per fortuna l’ipotalamo stesso, accorgendosi dell’errore, cerca di mettere in moto dei meccanismi per raffreddare velocemente il corpo. Così, per esempio, oltre ad aumentare la sudorazione, i vasi sanguigni più vicini alla pelle si dilatano per massimizzare la quantità di sangue che entra in contatto con l’ambiente esterno, accelerando lo scambio termico con l’aria: ecco perché la cute appare anche più arrossata.


Vampate in menopausa, capitano a molte ma non a tutte

«Le vampate di calore interessano circa il 75% delle donne, sin da quando iniziano a presentarsi le prime irregolarità mestruali», evidenzia la ginecologa.

Perché non tutte le sperimentano? «Ogni donna ha una personale sensibilità alla carenza estrogenica: c’è chi attraversa questa fase senza particolari problemi e c’è invece chi presenta disturbi molto impattanti sulla qualità di vita», ammette l’esperta.

Alcuni fattori possono aumentare il rischio, come sovrappeso e obesità, mentre non sembra incidere la familiarità. «La buona notizia è che, nella maggior parte dei casi, il disturbo cessa dopo uno o due anni dall’ingresso definitivo in menopausa: solo una donna su quattro continua a manifestare le vampate dopo cinque anni dall’ultima mestruazione e in quel caso il disturbo può persistere anche per tutta la vita, seppure più saltuariamente», avverte la dottoressa Petrone. «Impossibile prevederlo: tutto dipende dalla citata sensibilità alla carenza estrogenica, che tra l’altro è associata a un rischio cardio-metabolico».


Non sottovalutiamo le vampate di calore

Diversi studi scientifici hanno mostrato che le vampate di calore rappresentano un marker piuttosto affidabile di quanto la donna sia suscettibile al calo degli ormoni riproduttivi: più lo è, più manifesta vampate. «È verosimile che questo si associ a una maggiore probabilità di sviluppare una malattia cardiovascolare in futuro», precisa l’esperta.

Quindi, come affrontare il disturbo? Di certo adottare uno stile di vita sano, praticando sport regolarmente, scegliendo cibi non elaborati e limitando alcol e fumo, rappresenta il primo intervento efficace che possiamo avviare.

Anche alcuni rimedi naturali possono essere di aiuto: integratori a base di trifoglio rosso, isoflavoni di soia, cimicifuga ed estratto purificato di polline hanno mostrato buoni risultati. «Ovviamente l’efficacia dipende dalla gravità dei sintomi», interviene il professor Filippo Murina, responsabile del Servizio di Patologia del Tratto genitale inferiore e Centro menopausa presso l’Ospedale V. Buzzi – Università degli Studi di Milano e vicepresidente della Società Italiana Menopausa. «Per vampate lievi e sporadiche, un integratore può essere sufficiente, mentre in presenza di fenomeni più intensi e frequenti è preferibile ricorrere a terapie più strutturate».

A tal proposito, anche in Italia era arrivato un farmaco innovativo, il fezolinetant, una molecola non ormonale che agisce direttamente sull’ipotalamo, bloccando i circuiti cerebrali all’origine della vampata di calore. «La novità era stata salutata con entusiasmo nei mesi scorsi», continua Murina, «ma c’è stata qualche segnalazione di tossicità epatica, per cui la fenazolina al momento è prescrivibile con importanti limitazioni, solo dopo una valutazione della funzionalità epatica prima di iniziare il trattamento e un successivo regolare monitoraggio».

Serve una formula personalizzata

Oggi l’opzione disponibile è la terapia ormonale sostitutiva, che negli anni ha subito importanti evoluzioni. Accanto a quella classica, che usa ormoni sintetici con un approccio standardizzato, è disponibile una terapia con ormoni bioidentici, ottenuti in laboratorio da precursori vegetali per replicare la struttura molecolare di quelli prodotti dal corpo, spesso offrendo una terapia più personalizzata. «Parliamo sia dell’estradiolo, l’estrogeno principale, sia del progesterone naturale, quello prodotto dopo l’ovulazione in un ciclo fertile», chiarisce Murina. «I prodotti moderni hanno dosi ormonali basse, sono poco impattanti e agiscono bene nel ridurre le vampate».

L’importante è personalizzare la terapia. «Non tutti i prodotti sono uguali per tutte le donne», precisa il dottor Murina. «La scelta tra terapia ormonale classica o bioidentica va fatta sulla base della storia personale e del consiglio del ginecologo, cercando di capire quale formulazione sia più adatta, il grado di risposta e l’assorbimento».

È fondamentale ricordare che bioidentico non significa innocuo: «Anche se derivano da vegetali e possono sembrare più “naturali” o più deboli, si tratta comunque di terapie ormonali a tutti gli effetti, con efficacia, dosaggi e rischi da valutare caso per caso», conclude l’esperto. «Come tutte le terapie, vanno prescritte e monitorate dal medico in base alla reale carenza ormonale della singola paziente».


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