La depressione è una malattia che può cronicizzare e portare alla disabilità: nonostante i numeri davvero impressionanti di questo disturbo, il senso comune non riconosce ancora a questa condizione la giusta importanza, ed infatti in moltissimi credono che di depressione si possa guarire con la sola buona volontà.
Si spiega forse così, almeno in parte, il perché, nonostante secondo i dati Osmed del 2013 soffrano del disturbo il 12,5% dei pazienti assistibili, meno della metà sia effettivamente in cura con una terapia farmacologica.
Un’elevata fetta della popolazione adulta con sintomi depressivi non chiede aiuto a nessuno: questi pazienti però, presentano un rischio di suicidio trenta volte superiore a quello della popolazione generale.
Il 50% dei pazienti che si sottopongono a trattamento poi, almeno inizialmente non ottengono alcun miglioramento tangibile e per questo, del tutto scoraggiati, abbandonano la terapia e non tentano più di trovare un trattamento che li aiuti a star meglio.
La sintomatologia depressiva è purtroppo devastante: si sente di non voler bene più a nessuno, neppure ai propri cari, ci si sente profondamente inutili, incapaci di essere utili o importanti per qualcuno, ci si disinteressa a tutto, figli e familiari compresi, ci si sente del tutto incapaci e inadeguati anche a svolgere il proprio lavoro o le normali mansioni quotidiane, in poche parole si perde la voglia di vivere.
Un altro aspetto non trascurabile e profondamente insito nella depressione, è il peggioramento non solo della salute psichica, ma anche di quella fisica: la depressione infatti porta con sé una spiccata comorbidità con cancro, diabete e malattie cardiache, fatto che si traduce in una maggior probabilità di mortalità precoce e soprattutto evitabile, così come sottolineato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La depressione è una malattia che va affrontata e dalla quale si può guarire: recenti studi scientifici hanno evidenziato quanto la psicoterapia possa essere efficace nella sua gestione, al pari della terapia farmacologica.
Anche i farmaci a disposizione sono efficaci e le molecole più recenti annoverano molti meno effetti collaterali che in passato. In particolare stiamo entrando nell'epoca di utilizzo di nuovi farmaci chiamati "multimodali", perché agiscono su diversi neurotrasmettitori, quali la noradrenalina, la dopamina, l’acetilcolina e l’istamina, e quindi non solo, come accade tradizionalmente, sulla serotonina.
«I nuovi farmaci migliorano l’umore ma modulano in modo positivo anche alcuni aspetti sinora non trattati, come i sintomi cognitivi, un range di sintomi che interferisce nella percezione di sé e nella vita sociale e lavorativa che spesso viene compromessa dalla malattia» spiega il professor Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria.
«Questa nuova classe di farmaci, che presto arriverà anche nel nostro Paese – prosegue l'esperto – agisce sui problemi cognitivi ed affettivi senza gli effetti collaterali dei comuni serotoninergici, come l’aumento di peso, la stipsi e il calo della libido».
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