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Farmaci, occhio a effetto paradosso ed effetto rebound: cosa fare

Se non segui le indicazioni del medico, pillole e compresse possono causare proprio il disturbo per cui le assumi. Ecco i farmaci da usare con cautela e attenzione

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Se assumi un farmaco in dosi superiori e più a lungo di quanto stabilito dal medico oppure lo sospendi in modo brusco, rischi grosso: oltre a non risolvere il problema che stai cercando di curare, puoi favorirne l’insorgenza, spesso anche in forma più acuta.

«Quando si verificano effetti indesiderati, a causa dell’assunzione prolungata di un medicinale, si parla di effetto paradosso. Se invece la conseguenza sgradita è dovuta alla sospensione improvvisa, siamo di fronte all’effetto rebound (rimbalzo in inglese)», spiega il dottor Luca Pasina, responsabile dell’Unità di farmacoterapia e appropriatezza prescrittiva dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri a Milano. Con il suo aiuto, vediamo quali sono le categorie di farmaci per le quali questi effetti sono più tipici e che cosa bisogna fare.


Soffri di cefalea? Attenzione ai triptani

Se il mal di testa non è lieve, dunque non è risolvibile con gli antinfiammatori, il medico può ricorrere alla prescrizione dei triptani: «Questi farmaci vanno presi per non più di 9-10 giorni consecutivi. Se si va oltre, è molto probabile il rischio dell’effetto paradosso. In pratica, aumenta la frequenza di quegli stessi attacchi che si vorrebbero eliminare», precisa il farmacologo.

E non solo: «A dosi più alte e prolungate rispetto a quanto suggerito, possono provocare anche altri sintomi come astenia, difficoltà di coordinazione motoria e aritmie cardiache», mette in guardia il dottor Luca Pasina. «Se dopo 10 giorni il mal di testa non smette occcorre rivolgersi al medico. Lui potrà decidere di cambiare principio attivo, poiché esistono triptani differenti, che danno ciascuno una risposta diversa», rassicura l’esperto.

È comunque importante non superare in un mese 15-20 giorni di terapia con i triptani, sia che si tratti di comprese, sia di sospensioni. In caso di interruzione della cura, invece, non ci sono conseguenze particolari.


Se prendi i sonniferi, dopo due settimane diminuisci gradualmente

I principi attivi più usati per combattere l’insonnia sono le benzodiazepine: «In questo caso il limite dovrebbe essere di 4 settimane, comprensive dei periodi di sospensione. Per i sonniferi è molto importante, dopo i primi 14 giorni di terapia, diminuire progressivamente le dosi fino a interrompere del tutto il trattamento.

«Se, per esempio, il medico ha prescritto una compressa al giorno, dopo 2 settimane bisognerà prendere prima metà pastiglia e poi un quarto. Quando la sospensione non è graduale, infatti, si rischia l’effetto rebound: l’organismo reagisce provocando insonnia grave, ma anche sbalzi d’umore, palpitazioni, problemi gastrointestinali», continua l’esperto.

E chi assume a lungo i sonniferi per insonnia cronica? «In questo caso è previsto un percorso di sospensione molto più lento, che può arrivare fino a 6 mesi con dosi a scalare», chiarisce l’esperto. Se il problema non si risolve, vuol dire che non sono i farmaci la soluzione: «Bisogna risalire alla causa dell’insonnia e intervenire sugli stili di vita per una corretta igiene del sonno», fa notare Pasina.


Antidepressivi, mai a singhiozzo

Le terapie a base di psicofarmaci sono molto lunghe: «Possono durare anche 2 anni, ma affinché funzionino il paziente deve assumere regolarmente il farmaco prescritto e rispettare con cura i dosaggi prescritti dal medico. L’effetto rebound, in questo caso, si presenta quando vengono usati a singhiozzo, cioè con frequenti interruzioni improvvise e non graduali, ed è possibile che si manifestino sintomi come ansia, irritabilità, insonnia e vertigini», spiega il farmacologo.

Ma il vero pericolo è che vengano usati anche quando non è vera depressione, mettendo a rischio la salute: «Per questo è fondamentale una diagnosi molto accurata che non si limiti a considerare solo periodi temporanei di profonda tristezza o angoscia, ad esempio per un insuccesso lavorativo o scolastico», conclude l’esperto.


Spray nasali, non più di 3-5 giorni

Impiegati per farti respirare meglio quando sei raffreddata, i decongestionanti nasali vanno usati solo per periodi molto brevi: «Non più di 3-5 giorni consecutivi, superati i quali è alto il rischio che si sviluppi un tipico effetto paradosso, la rinite medicamentosa, cioè scatenata proprio dal farmaco che dovrebbe curarla», avverte il dottor Pasina.

In sostanza, appena passa l’effetto decongestionante dello spray, il naso si chiude di nuovo e si è portati a prendere subito un’altra dose di farmaco alimentando un circolo vizioso. Che fare? «Limitarsi a pochi giorni di utilizzo, corrispondenti alla durata media di un raffreddore.

Se il disturbo non passa, insistere è inutile e dannoso: meglio tornare dal medico per accertare la causa della rinite, che potrebbe essere, per esempio, di origine allergica», precisa il dottor Pasina.


Occhio anche ai colliri

Anche i prodotti da instillare negli occhi nascondono rischi, come nel caso dei colliri vasocostrittori: «Di solito vengono prescritti in caso di congiuntiviti irritative o allergiche, per decongestionare gli occhi molto arrossati a causa della dilatazione dei capillari della congiuntiva», spiega Marco Guizzi, dirigente medico di I livello all’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli (Roma).

«Si tratta di principi attivi come la tetrizolina o la nafazolina, la cui posologia è in genere di 2-3 gocce da instillare ogni 8 ore, per 3-4 giorni al massimo. Se si superano queste dosi scatta l’effetto paradosso: dopo una decina di giorni di uso intensivo, i capillari della congiuntiva restano dilatati e l’effetto del farmaco diventa sempre più breve», continua il medico.

«Vai dall’oculista: sospenderà subito il farmaco, quindi affronterà la reazione da astinenza lubrificando l’occhio con lacrime artificiali e prescrivendo colliri antistaminici, che curano meglio il sintomo. In una decina di giorni, la situazione si normalizzerà», conclude il dottor Marco Guizzi.


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Articolo pubblicato sul n. 46 di Starbene in edicola dal 31/10/2017



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