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Diverticoli: che cosa sono e come affrontarli

Sono piccole tasche che si formano nelle mucose dell’intestino. Innocue, danno problemi solo se si infiammano. Ecco cosa fare

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In passato erano un tipico problema dell’invecchiamento: «Con l’avanzare dell’età, fibre e tessuto muscolare che sostengono l’intestino si lasciano andare, favorendo la formazione di piccole tasche sulla parete del colon», spiega il professor Silvio Danese, gastroenterologo, responsabile del Centro per le malattie Infiammatorie croniche Intestinali di Humanitas e docente di Humanitas University. «Oggi, però, si sta assistendo a un aumento dell’incidenza dei diverticoli anche tra gli under 50, in particolare tra chi ha una mucosa intestinale costituzionalmente più debole: la colpa è soprattutto di un’insufficiente assunzione di fibre con la dieta, che favorisce le alterazioni della motilità intestinale e la stipsi. Due situazioni che, a loro volta, facilitano la formazione delle estroflessioni».


SPESSO NON CAUSANO FASTIDI

«Nel 70% dei casi le piccole tasche sono solo un’alterazione anatomica (detta diverticolosi), non provocano alcun disturbo e spesso vengono allo scoperto causalmente, magari durante una colonscopia di screening per il tumore del colonretto», rassicura il professor Danese. «I problemi nascono quando i diverticoli si infiammano o alterano le regolari funzioni intestinali, come succede nel 30% dei casi».

I primi segnali che dovrebbero insospettire? «Sono abbastanza sfumati, perché la malattia diverticolare dà sintomi simili a quelli del colon irritabile: gonfiore, doloretti e spasmi ricorrenti che si fanno sentire soprattutto sul fianco sinistro e/o alterazioni dell’alvo, con fasi in cui la stipsi si alterna alla produzione di feci diarroiche», continua l’esperto.

«Oppure, soprattutto nelle donne, si manifesta con una maggior frequenza a urinare, o con cistiti ricorrenti, soprattutto se i diverticoli sono localizzati nel sigma (il tratto finale del colon) perché, dalla loro “posizione”, possono alterare la funzionalità della vescica. La malattia diverticolare, però, può complicarsi e trasformarsi in una diverticolite acuta: complici gli squilibri della flora intestinale, le piccole sacche si infiammano I 62 e possono anche sanguinare. Risultato: il dolore addominale aumenta, può associarsi a febbre e/o nausea e vomito. Nei casi più gravi, inferiori al 3%, i diverticoli possono perforarsi e addirittura richiedere un intervento chirurgico».


LE INFEZIONI SI POSSONO PREVENIRE

Evitare complicanze è possibile, con la giusta prevenzione.

«Se i diverticoli non danno alcun sintomo, è sufficiente bere circa 2 litri di acqua e assumere circa 30 grammi di fibre al giorno, in modo da accelerare il transito intestinale e contrastare la stipsi», raccomanda Silvio Danese. Ok, perciò, a frutta, verdura e alimenti che ne sono ricchi: mele, pere, lamponi e prugne secche (forniscono rispettivamente 5, 6, 8 e 9 g di fibra ogni 100 g), legumi (5 g), cereali come orzo, miglio, grano intero (tra 8,5 e 9,2 g), riso e pasta integrale (sino a 7 g).

«Da sfatare, invece, la credenza che chi ha i diverticoli debba bandire il consumo di semi (di girasole, zucca, cumino, sesamo) o di frutta con nocciolini (kiwi, fichi, fragole) perché rischiano di infiltrarsi nelle piccole tasche, infiammandole: non è così», rassicura il professor Danese. «Al contrario, chi riduce il consumo di frutta, verdura e cibi contenenti semi è più a rischio di diverticolite. Da limitare invece carne rossa e antinfiammatori non steroidei (Fans): questi farmaci inibiscono la produzione delle prostaglandine, sostanze che esercitano un’azione protettiva sulle mucose intestinali. Per le cure prolungate nel tempo, perciò, meglio orientarsi sul paracetamolo come antidolorifico, perché ha minori effetti collaterali. Infine, ok all’attività fisica: bastano 20 minuti di camminata a passo sostenuto al giorno per dare un’accelerazione alla normale motilità intestinale, riducendo il rischio che la presenza dei diverticoli si complichi dando disturbi».


I FARMACI DA PRENDERE IN CASO DI DOLORE

Se i diverticoli causano disturbi, invece, le norme dietetiche non sempre da sole bastano, e può essere necessario associarle a farmaci specifici, prescritti dal medico, che riducono lo stato infiammatorio.

«Sono indicati quando il dolore addominale è ricorrente, o se la regolarità intestinale è alterata: alcuni, come la rifaximina, agiscono sulla flora batterica intestinale “disinfettandola”, altri (come la mesalazina) funzionano in modo specifico sulle cellule della mucosa intestinale, disinfiammandola», spiega il professor Danese.

«Può essere valido, però, anche l’uso di alcuni integratori a base di frutti rossi: gli studi più recenti hanno dimostrato che, grazie al loro contenuto di antiossidanti, hanno un’efficacia antinfiammatoria paragonabile a quella dei farmaci. Bisogna andare subito dal medico se il dolore addominale è molto intenso e si associa a febbre, gonfiore e nausea, segni di una diverticolite acuta. In questo caso occorre utilizzare antibiotici specifici (come la ciprofloxacina) ed effettuare un periodo di “riposo intestinale”, sospendendo per alcuni giorni il consumo di frutta, verdura e cibi integrali a favore di una dieta liquida a base di tè leggero, acqua e zucchero, centrifugati e brodo. Se la terapia antibiotica più indicata deve essere effettuata per via endovenosa, può essere necessario un ricovero. Una volta superata la crisi, si possono introdurre nuovamente i cibi solidi, arrivando gradualmente a rimettere in tavola anche frutta e verdura, che mantengono inalterate le loro proprietà protettive».


GLI ESAMI SOFT PER SCOPRIRLI

In caso di sospetta malattia diverticolare, oggi è possibile avere una conferma della diagnosi senza dover necessariamente ricorrere a esami invasivi, come la colonscopia o la tac dell’addome, riservati solo ai casi dubbi o a quelli da approfondire.

↘ Basta infatti una semplice ecografia delle anse intestinali che, sfruttando gli ultrasuoni, permette di visualizzare in diretta le pareti dell’intestino ed eventuali alterazioni anatomiche.

↘ Esiste inoltre un test diagnostico, da effettuare su un piccolo campione di feci, che può aiutare ulteriormente a formulare una diagnosi corretta: è il dosaggio della calprotectina fecale, i cui valori elevati confermano la presenza di uno stato infiammatorio cronico dell’intestino, tipico delle malattie infiammatorie croniche intestinali, ma anche della diverticolite.


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Articolo pubblicato sul n. 31 di Starbene in edicola dal 17/7/2018

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