Secondo recenti studi dell’Istituto Cergas dell’Università Bocconi di Milano, sono 12 milioni gli italiani che soffrono di apnee ostruttive del sonno (le cosiddette OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome), un disturbo caratterizzato dalla riduzione del flusso d’aria durante il sonno, che può andare dal 50% fino alla completa ostruzione delle vie aree superiori. A un tratto il respiro si blocca e mentre si è nel mondo dei sogni si hanno tanti microrisvegli che consentono a chi va in apnea, senza rendersene conto, di tornare a respirare per incamerare ossigeno. Un problema che non interessa soltanto i grandi russatori, il marito di turno che, con i suoi “concerti notturni”, tiene sveglia la moglie.
Soffrono di OSAS anche molti bambini affetti da adenoidi e tonsille ipertrofiche, le persone obese o in forte sovrappeso, quelle che eccedono nel fumo e nell’alcol, che presentano un’ipertrofia dei turbinati (strutture a cono all’interno delle cavità nasali) e persino che assumono farmaci oppioidi per i dolori cronici. Insomma, un universo variegato, al quale viene proposta la CPAP come terapia di elezione. Si tratta di una maschera rigida che copre naso e bocca, collegata a un apparecchio che, tramite un tubo, eroga un flusso d’aria costante, utile a evitare le pericolose apnee mentre si dorme. Però molti non la sopportano e travestirsi tutte le sere da astronauta non è l’unica soluzione.
Le alternative? Ce ne parla il dottor Daniele Tonlorenzi, medico chirurgo e odontoiatra esperto in gnatologia a Carrara.
Dottor Tonlorenzi, perché è importante curare le apnee ostruttive del sonno?
«Le continue interruzioni del sonno, che non sono neppure percepite, pongono l’organismo in uno stato di stress cronico. Ci si sveglia già stanchi, si ha difficoltà a concentrarsi sul lavoro e talvolta ci si addormenta in pieno giorno, mentre si legge, si è al computer, si guarda la televisione o, peggio, si è alla guida. Inoltre, decine di studi scientifici dimostrano che le OSAS non adeguatamente curate portano a un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, con un maggior rischio di andare incontro a incidenti cardiovascolari come ictus, infarto e aritmie.
Negli anziani la riduzione di ossigeno ai vari organi, compreso il cervello, accelera il declino cognitivo fino alla demenza. Si hanno inoltre delle complicanze metaboliche perché le apnee ostruttive favoriscono lo sviluppo del diabete di tipo 2. Infine, un sonno disturbato aumenta l’infiammazione generale di organi e tessuti, con un sensibile peggioramento dell’artrite e della fibromialgia, a causa di una maggiore sensibilità al dolore. Durante la fase di sonno profondo, infatti, il nostro organismo produce degli oppiodi naturali che agiscono da antidolorifici. Ma se questo è frammentato, il meccanismo di protezione va in tilt».
Si stima che siano 12 milioni i casi di OSAS, ma soltanto 420.000 sono diagnosticati e 250.000 in cura. Come mai?
«Perché si tratta di un universo sommerso, che non riceve una diagnosi e un trattamento adeguato. L’Associazione Apnoici Italiani è stata creata nel 2016 per dare voce a tutti coloro che soffrono di questo disturbo mettendo a disposizione anche un numero verde (800 14 14 35). Ma nella realtà è ancora un fenomeno sottostimato, del quale si occupano i non molti specialisti che hanno ricevuto una formazione specifica: pneumologi, neurologi, otorini e odontoiatri esperti in medicina del sonno, aderenti alla SIMSO (Società Italiana di Medicina del Sonno Odontoiatrica).
Mancano delle figure altamente specializzate che, facendo fare al paziente un semplice test (STOP-BANG test), potrebbero selezionare chi sottoporre a polisonnografia, l’esame diagnostico che, grazie a dei sensori, registra durante il sonno diversi parametri fisiologici: la frequenza cardiaca, i movimenti degli occhi, il numero e la frequenza dei microrisvegli nonché la respirazione, con i relativi momenti di apnea.
Sono ritenute normali fino a 5 apnee all’ora, mentre da 5 a 15 interruzioni del flusso respiratorio sono la spia di OSAS lieve, che viene trattata solo se associata a sintomi quali sonnolenza diurna, cefalea al risveglio, roncopatia (russamento rumoroso), tendenza a respirare con la bocca aperta e facile irritabilità legata al fatto di non aver riposato bene. Se si registrano da 15 a 30 miniapnee all’ora si parla di OSAS media, che va sempre trattata, mentre oltre i 30 “black out del respiro” si scivola nell’OSAS grave».
In quali di questi casi l’odontoiatra è utile?
«In casi selezionati di OSAS moderata, associata a dolori costanti alla mandibola per disordini dell’articolazione temporomandibolare, la cosiddetta ATM(fatto frequente in chi soffre di fibromialgia ma non solo). Per questi pazienti, si può ricorrere a un trattamento odontoiatrico, grazie a degli apparecchietti confezionati su misura che consentono di ridurre il numero di apnee in maniera significativa. Una soluzione che può rappresentare una valida alternativa anche per chi soffre di apnee ostruttive del sonno gravi, per le quali la CPAP resta la prima opzione, ma non la tollera. È infatti mal tollerata dal 50% dei pazienti, al punto che molti sospendono la terapia, riferendo un senso di claustrofobia.
Meglio, quindi, ricorrere a un apparecchietto mininvasivo piuttosto che a niente. Questi dispositivi vengono realizzati su misura per ristabilire una corretta funzionalità dell’ATM, riequilibrare i rapporti tra mandibola e mascella e creare spazio all’interno del cavo orale così da non ostruire il flusso di aria nelle prime vie aeree. Un sottile file rouge lega apnee notturne, malocclusione dentale e bruxismo e spetta all’odontoiatra esperto in gnatologia e medicina del sonno correggere queste piccole-grandi disfunzioni».
Ci può spiegare meglio che tipo di dispositivo orale viene usato?
«Il dispositivo attualmente più usato si chiama MAD (Mandibular Advanced Device) ed è stato introdotto in Italia 30 anni fa, nel 1995. Realizzato in resina, un materiale plastico anallergico, prevede due “mascherine” su misura da applicare ogni sera sull’arcata dentale inferiore e superiore, con dei piccoli regolatori in metallo. Il MAD realizza il cosiddetto “avanzamento mandibolare”, cioè fa spostare leggermente in avanti la mandibola insieme alla lingua e alla muscolatura del palato molle.
Questo avanzamento della mandibola viene realizzato gradualmente, di mese in mese, partendo da 1 mm di trazione e regolando poi fino a un massimo di 7 mm. Così si crea spazio all’interno della bocca, impedendo quell’ostruzione della gola e della parte terminale del palato che determina le apnee notturne. Funziona? Sì, ma non è tollerato da tutti perché può causare fastidio, dolore e indolenzimento alla mandibola, che si accentua con la masticazione, e persino piccoli spostamenti nella posizione dei denti».
Quindi, esiste un’altra possibilità terapeutica?
«Sì ed è il bite, un apparecchietto meno invasivo del MAD e più tollerato, risolvendo anche il dolore miofasciale (cioè dei muscoli e delle fasce muscolari) connessi all’ ATM. Se l’odontoiatra non è anche gnatologo, c’è quindi l’esigenza di coinvolgere questa figura professionale che realizzerà un bite utile a risolvere sia il problema delle apnee notturne sia il dolore della mandibola.
Viene fatto su misura in resina, si applica solo sui denti inferiori e mette la mandibola in una posizione naturale in modo che il rapporto tra le arcate dentali sia il più confortevole possibile. Presenta uno “scudo” o linguetta che va verso l’alto, tra i canini e il labbro superiore, e impedisce la caduta all’indietro di mandibola, lingua e tessuti molli che ostruirebbero il passaggio di aria. Ne risulta una correzione più dolce, ben accetta dai pazienti».
- LEGGI ANCHE: Come capire se ne soffri di apnee notturne
Fai la tua domanda ai nostri esperti

