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Anziani: cosa fare se si ritrovano a terra senza sapere perché

Più di 5 milioni di over 65 cadono ogni anno. In molti casi negli anziani lo scivolone è dovuto a una perdita di coscienza momentanea legata a un problema circolatorio. Ma attenzione anche a certi farmaci

credits: istock



Pavimenti bagnati, avvallamenti del terreno, cavi elettrici volanti, tappeti non fissati al suolo. Sono tanti i motivi per cui possiamo cadere. E, quando accade a un anziano, le conseguenze possono essere molto più gravi di qualche livido: fratture, ferite, traumi cranici. Eppure, ogni anno, quasi 5 milioni di over 65 cadono almeno una volta, e nel 30% dei casi la ragione non è chiara.

«Le cadute non spiegate, quelle che avvengono senza un motivo apparente, possono nascondere molteplici cause, sempre da indagare», spiega il professor Andrea Ungar, professore di medicina interna e geriatria presso l’Università di Firenze e responsabile dell’Unità sincope e cadute presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze. «Un caso su due è dovuto in realtà a una sincope, ovvero a una perdita improvvisa e temporanea di coscienza che, normalmente, è legata a un calo di pressione oppure ad aritmie o malattie cardiache. Di solito, queste cadute sono accompagnate da amnesia retrograda, cioè i pazienti non ricordano di essere svenuti. Si ritrovano a terra, ma non sanno perché. Di conseguenza, c’è anche un maggiore rischio di riportare traumi importanti, perché vengono meno i normali riflessi di difesa e protezione».


Le pillole che danno le vertigini
Il restante 50% è costituito da quelle che gli esperti definiscono “truly unexplained falls”, cioè le vere cadute inspiegabili, di cui, a differenza della sincope, non si conosce l’origine. «L’ipotesi più plausibile è che nascondano disturbi della deambulazione, piuttosto frequenti negli anziani per la graduale riduzione delle performance a livello muscolo-scheletrico, ma non va esclusa neppure la correlazione con molti farmaci di uso comune», spiega il professor Ungar.

Per esempio, benzodiazepine, antidepressivi e antipsicotici agiscono sul sistema nervoso centrale e possono causare vertigini, perdita di equilibrio e cali di pressione; l’insulina può dare sintomi come debolezza e capogiri per l’eccessiva riduzione della glicemia; alcuni antipertensivi (in particolare, alfa-litici, nitrati e diuretici) rischiano di creare ipotensione ortostatica, cioè un brusco calo della pressione sanguigna quando si passa dalla posizione seduta o sdraiata a quella eretta. Tutte condizioni che possono essere implicate nelle cadute.


I test per scoprire la vera causa
Per venire a capo del problema, il medico deve innanzitutto acquisire un’anamnesi approfondita del paziente, valutandone le condizioni generali e considerando le terapie assunte. Può anche avvalersi di alcuni test, come la misurazione della pressione in clino e ortostatismo (ovvero prima da seduto e poi in piedi), il massaggio del seno carotideo (una pressione esercitata alla base del collo per diagnosticare una tendenza alla bradicardia) e il Tilt Test (un particolare esame che utilizza nitroglicerina in pillola o spray per indurre una sincope, sotto controllo medico, e studiarne la dinamica).

«A quel punto, la prevenzione delle recidive passa attraverso l’eliminazione, o quanto meno la gestione, del fattore di rischio sottostante. Per esempio, se il problema è posturale, lo specialista può consigliare uno specifico percorso riabilitativo oppure suggerire l’utilizzo di eventuali ausili per la deambulazione, come bastoni o girelli.

Se invece la causa sta in un farmaco, può decidere se e come modificare quel trattamento, mentre per i problemi al cuore può optare per l’impianto di un pacemaker in modo da sopperire al rallentamento patologico della frequenza cardiaca. Ogni causa può avere la sua soluzione».


Gli effetti collaterali più gravi
Perché è importante indagare? Al di là dei danni fisici di minore o maggiore rilievo (dagli ematomi alla frattura del femore), il 70% degli anziani che cadono sviluppa depressione, dovuta alla perdita di fiducia nella propria autonomia. Si tratta di una particolare sindrome denominata fear of falling (paura di cadere), caratterizzata da un’intensa angoscia quando è necessario stare in piedi o camminare, anche in assenza di patologie neuromuscolari evidenti, che ovviamente inficia la qualità di vita.

«Oppure chi cade viene ospedalizzato o affidato a strutture di lungodegenza, dove aumenta il rischio di contrarre infezioni gravi o di sviluppare trombosi venose profonde», conclude il professor Ungar. «Un dato fra i tanti: a un anno dalla frattura di femore, la mortalità è del 20-30%. Insomma, una semplice caduta rappresenta spesso l’inizio di una serie di eventi che minano la salute fisica e psicologica dei soggetti più fragili, sempre da salvaguardare».


Sincope e cadute: quali sono i centri top

Sono circa 70, ma puntano ad aumentare nei prossimi anni, le unità dedicate alla valutazione della sincope presenti sul territorio italiano. Si tratta di particolari ambulatori che riuniscono e coordinano le competenze di diversi specialisti, come cardiologo, neurologo, internista, geriatra e psichiatra.

I pazienti possono accedere direttamente oppure vengono inviati dal Pronto soccorso al quale si rivolgono dopo una prima valutazione. Oggi l’obiettivo è quello di trasformare queste unità in centri che si occupino di tutte le cadute non chiare, seguendo il modello proposto dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze insieme al Saint James’s Hospital di Dublino.


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Articolo pubblicato sul n. 15 di Starbene, in edicola e in digitale dal 24 marzo 2020



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