Cancro al seno: un algoritmo per calcolare il rischio di metastasi

Grazie a un algoritmo, potremmo essere in grado di conoscere il rischio di metastasi nelle donne colpite da tumore al seno e di avere a disposizione farmaci capaci di bloccare la replicazione delle cellule tumorali



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Anticiparne le mosse per metterlo sotto scacco: è la speranza dei ricercatori che stanno concentrando i loro sforzi sul cancro al seno metastatico, vale a dire, diffuso anche in altre parti del corpo come le ossa, il fegato, il cervello. Di passi avanti ne sono già stati fatti molti. Per dare un’idea, l’aspettativa di vita è passata dai 15 mesi degli anni ’70 ai 58 degli anni 2000 e i dati sono in continuo miglioramento. Questo sicuramente per merito delle maggiori conoscenze sulla biologia del tumore, cioè sulle sue caratteristiche, che ha permesso la messa a punto di terapie mirate. Sono progressi importanti e i lavori scientifici continuano in tal senso, con l’obiettivo di rendere il cancro metastatico una malattia cronica.


Lo studio italiano con l'algoritmo predittivo

Ed è anche l’obiettivo di uno studio italiano appena iniziato, che ha come oggetto un algoritmo predittivo, cioè una speciale formula matematica. «lo abbiamo sviluppato e testato su circa 200 donne con un tumore del seno, che nell’arco di 10 anni sono state in cura presso il nostro Centro», spiega Paola Parrella, medico e ricercatrice del Laboratorio di Oncologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. «I risultati positivi ci hanno spinto ad attivare un nuovo progetto di più ampio respiro». La ricerca PORTENT dura cinque anni e coinvolge altri sei Istituti oncologici nazionali. Per la sua importanza, ha ricevuto un finanziamento da AIRC, Associazione Italiana Ricerca sul Cancro.

Sono 700 in totale le donne con tumore al seno che entreranno nello studio. Il progetto prevede innanzitutto l’analisi del tessuto tumorale che viene asportato durante l’intervento chirurgico. «Ci permette di rilevare la presenza di due miRNA che, come dimostrato dal nostro studio precedente, sembrerebbero in grado di prevedere un’evoluzione negativa della patologia nell’arco dei 15 anni successivi alla diagnosi», continua la dottoressa Parrella, coordinatrice della ricerca. «Il risultato viene inserito nell’algoritmo insieme ad altre informazioni come le dimensioni del tumore, l’espressione di alcuni geni, il differenziamento cellulare. Da qui, l’elaborazione dei dati che ci permette di ottenere il rischio di metastasi per ogni singola donna afferente allo studio».


Che cosa sono i miRNA e a cosa serve l'algoritmo

I miRNA sono molecole molto piccole, ma con compiti importanti: dirigono la funzione di centinaia di geni e di proteine. Negli anni, inoltre, le ricerche hanno dimostrato che sono come degli interruttori che accendono e spengono i geni. E che alcuni in particolare, quando presenti, sono basilari per la replicazione delle cellule tumorali responsabili della forma di tumore al seno metastatico.

«L’obiettivo dello studio è di capire se l’algoritmo è la strada giusta per identificare le donne più a rischio», specifica la dottoressa Parrella. «Questo ci permetterebbe di formulare un approccio diverso nei loro confronti, con esami e visite più ravvicinati anche dopo i primi cinque anni dalla diagnosi. In più, se i due miRNA che abbiamo identificato si rivelano veramente essere ciò che supponiamo, si apre la possibilità di avere farmaci innovativi che bloccano la replicazione delle cellule tumorali. Certo, i tempi sono ancora lunghi, ma non è un’impresa impossibile».


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