Sindrome di Asperger: perché è importante la diagnosi precoce

Non è una malattia ma una condizione ereditaria che spesso viene riconosciuta solo in età adulta, come è successo a molti personaggi famosi. Per aiutare in modo efficace chi soffre della sindrome di Asperger, la diagnosi precoce è fondamentale



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Asperger, quel lieve disturbo dello spettro autistico che abbiamo imparato a conoscere anche con la giovane Greta Thunberg, ma che sempre più persone finiscono per scoprire solo in età adulta. La diagnosi precoce, invece, è importante. Secondo i dati emersi dall’ultimo congresso della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf), le persone Asperger, insieme a quelle che soffrono di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), formerebbero nel nostro Paese un esercito invisibile di un milione e mezzo di individui. Fotografare la situazione risulta però estremamente difficile, perché non esistono registri ufficiali da cui ricavare dati epidemiologici.

Asperger si nasce, non si diventa: questa condizione neurologica è infatti scritta nel Dna da migliaia di varianti genetiche e la sua ereditarietà è addirittura doppia rispetto alle altre forme di autismo. Lo dimostra il più grande studio genetico sul tema, realizzato grazie alla collaborazione internazionale del Consorzio di genomica psichiatrica e pubblicato sulla rivista Nature Genetics. I ricercatori hanno comparato il genoma di oltre 20 mila persone autistiche con quello di 170 mila soggetti di controllo, arrivando a identificare 5 varianti genetiche che aumentano il rischio di autismo. Si è inoltre scoperto che i geni legati alle forme di autismo ad alto funzionamento come l’Asperger sono anche associati a un quoziente intellettivo più alto e al successo accademico.


I primi segnali sin dai primi anni di vita
«Da risultati internazionali sappiamo che l’autismo lieve rappresenta almeno la metà di tutti i casi, se non addirittura l’80%. E si può assumere che le persone autistiche senza problemi di linguaggio e disabilità intellettiva (ovvero gli Asperger) siano almeno 1 su 70 o 1 su 100», spiega David Vagni, ricercatore dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irib) e vicepresidente dell’Associazione spazio Asperger Onlus. Sebbene questa condizione congenita del neurosviluppo inizi a manifestarsi fin dai primi anni di vita, viene scoperta spesso nell’età adulta. «Solo un Asperger su quattro viene individuato durante la scuola dell’infanzia», sottolinea l’esperto. «A molti accade tra le elementari e le superiori, ma è facile ipotizzare che almeno la metà dei casi arrivi all’età adulta senza diagnosi».


Dipende da uno sviluppo neurologico atipico
Negli ultimi dieci anni la punta di questo enorme “iceberg” ha iniziato a essere scoperta, ma le indagini sugli adulti vengono fatte ancora a macchia di leopardo. Tra i primi in Italia a essersene occupato in maniera sistematica è stato lo psicologo e psicoterapeuta Davide Moscone, presidente dell’Associazione spazio Asperger Onlus e direttore clinico del centro CuoreMenteLab di Roma. «Molti casi sfuggono perché le persone che ne soffrono non hanno una disabilità intellettiva, ma un’intelligenza nella norma se non addirittura superiore, oltre a un linguaggio fluente», afferma Moscone. Questa sindrome non è una malattia, ma una condizione ereditaria dovuta a uno sviluppo neurologico atipico, divergente dalla norma ma non patologico, che porta a vivere e sentire in modo unico: per questo si parla di “neurodiversità” rispetto al mondo “neurotipico” proprio della maggioranza delle persone.


Dislessia e deficit di attenzione possono ritardare la diagnosi
Ogni Asperger, inoltre, è diverso dall’altro, per cui è difficile dare una definizione che valga per tutti. In generale, però, ci sono alcuni tratti comuni, “spie” che permettono di riconoscere la condizione. «Innanzitutto, faticano a gestire le emozioni e capita che perdano facilmente il controllo, ad esempio con scoppi di rabbia che da piccoli possono essere scambiati per capricci», precisa lo psicologo. «Inoltre possono avere un’alterata percezione sensoriale, finendo per avvertire senza filtro ogni stimolo proveniente dai cinque sensi. Questo sovraccarica e affatica il loro cervello, portandoli a essere intolleranti verso certi suoni, odori o rumori: alcuni, per esempio, non riescono a stare seduti in un locale dove parlano più persone contemporaneamente, mentre altri sono infastiditi dallo sfregamento delle etichette sulla pelle e possono arrivare a strapparle perfino bucando i vestiti».

Ci sono poi i comportamenti ripetitivi, il bisogno di routine e l’avversione per i cambiamenti, oltre che l’isolamento sociale, la difficoltà a interagire con gli altri e la sensazione di sentirsi “alieni”, in un mondo che non si comprende. Molti di questi segnali sfuggono ai genitori: «Pensano che siano stranezze di famiglia, perché magari le hanno già viste in altri parenti che erano Asperger a loro insaputa, e così non si rivolgono allo specialista», continua Moscone. «Spesso a confondere le acque intervengono altre condizioni che si presentano associate come la dislessia, l’Adhd, l’ansia, la depressione e il disturbo bipolare: molti pazienti arrivano a capire di essere Asperger dopo aver vagato per anni da uno specialista all’altro, venendo magari trattati con psicofarmaci sbagliati». Un capitolo a parte meritano le donne “Aspie”, ancora più difficili da riconoscere perché campionesse di camaleontismo sociale. «Fin da bambine restano isolate, ai margini del gruppo, e osservano i comportamenti degli altri per imitarli e conformarsi», spiega lo psicologo. «Per assecondare le aspettative altrui si abituano a indossare una maschera, recitando una parte: a lungo andare questo sforzo, sommato al sovraccarico sensoriale, può provocare ansia, depressione, sindrome ossessivo-compulsiva, disturbi alimentari e della personalità».


Per vivere meglio la socialità ora c’è anche una App
Arrivare a una corretta diagnosi è fondamentale per rompere questo circolo vizioso. Capire di non essere sbagliati, ma semplicemente neuroatipici, può fare la differenza. «La diagnosi mi ha cambiato completamente la vita, perché mi ha dato consapevolezza: è stato come avere finalmente il libretto di istruzioni», racconta Francesca Mela. Lei ha 46 anni, lavora come mediatore familiare e ha saputo di essere Asperger solo quattro anni fa, scoprendo poi che lo erano anche i suoi due figli di 11 e 17 anni. «Di per sé non sarebbe un problema: è un modo diverso di vivere la realtà, la socializzazione, le emozioni e la vita. Il problema si può avere quando ci si confronta con il mondo neurotipico, cioè quello “là fuori”». Per questo Francesca ha inventato un gioco: «Ogni volta che socializzavo uscendo di casa, mi davo un punteggio. Inizialmente ci ridevo, divertendomi a chiamarli “Punti Anti Psicosi”. Poi ho iniziato a condividere il gioco con la mia amica ed è diventato ancora più divertente. Così ne abbiamo parlato nel gruppo Facebook “Asperger Adulti Italia”, di cui sono amministratore e che raccoglie quasi 800 adulti diagnosticati o sospetti. Molti si sono appassionati: abbiamo visto che ci stimolava a uscire e socializzare con interazioni “dal vivo”». Da questa idea è nata una app sviluppata proprio per gli Aspie: si chiama “Social CaLibra” e mira a «stimolare la socializzazione di cui noi Asperger abbiamo spesso timore, perché ci è accaduto di sbagliare, soffrire, sentirci rifiutati ed esclusi». Questo strumento digitale può servire a riprendere le redini della propria vita perché il trucco, in fondo, è tutto lì: imparare a gestire le situazioni. «L’Asperger non si cura: non esistono farmaci che possano risolvere magicamente la situazione», ricorda il dottor Moscone. «Però, grazie a una psicoterapia personalizzata e al training delle abilità sociali, si può imparare a conviverci meglio».


Un libro “illuminante”

Damiano Tercon, riminese classe 1981, è un Asperger che aspira a diventare cantante lirico. Margherita, sorella minore appassionata di teatro e filosofia, ha mollato tutto per aiutarlo a inseguire il suo sogno. Ce lo hanno raccontato in modo ironico e scanzonato sul loro blog, nei video su YouTube e perfino dal palco di Italia’s Got Talent. E proprio dal canto liberatorio di Damiano durante la performance in tv è venuta l’ispirazione per il titolo del loro nuovo libro: Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale (Mondadori, 276 pagine, 17 €). Il racconto autobiografico, scritto a quattro mani, ci rivela in che modo tutto è cominciato e come i due fratelli hanno finito per incrociare le loro strade, uniti proprio da quella diagnosi che ogni giorno cercano di superare col sorriso sulle labbra nonostante le difficoltà.


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