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Seno: la sua salute è nelle tue mani

Il tumore è una malattia “multifattoriale”, occorre quindi agire su più fronti per tenerla alla larga. Ecco le indicazioni più precise e aggiornate in materia

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Con 52.800 nuovi casi registrati nello scorso anno, il tumore al seno si è confermato il nemico numero 1 della salute femminile. Ma c’è un dato positivo: oggi, il tasso di sopravvivenza si attesta sull’87%.

«È molto, e si può fare ancora di più, investendo sulla prevenzione», suggerisce la professoressa Adriana Bonifacino, responsabile dell’Unità di senologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. «Il tumore al seno è una malattia multifattoriale che non ha una sola causa e questo ci lascia un buon margine d’azione: le mutazioni genetiche, che interessano però solo una piccola percentuale di donne, sono immodificabili, ma i fattori legati alle abitudini di vita, comuni a tutte, sono nelle nostre mani. Facendo tesoro delle ultime evidenze scientifiche, possiamo perciò trasformarli in armi potentissime e ottobre, mese della prevenzione al femminile, è il momento perfetto per iniziare a farlo».


La pancetta produce ormoni “cattivi”
Le donne ormai lo sanno: mantenere il peso forma è il primo segreto salvaseno. «Non tutte sanno però che non basta difendersi solo dai chili in più registrati dalla bilancia», sottolinea la professoressa Bonifacino. «Un recente studio pubblicato su Jama Oncology, ha scoperto che anche le donne magre, ma con la pancetta, devono stare in allerta: un girovita abbondante è la spia del famigerato grasso addominale, laboratorio dove vengono sintetizzate sostanze pro infiammatorie che alimentano tutte le malattie croniche, tumori compresi. Dopo la menopausa è anche la più importante fonte di estrogeni, benzina per la crescita della maggior parte dei tumori della mammella».

Ma non basta: «Il grasso addominale altera il metabolismo, riducendo l’azione dell’insulina, l’ormone bruciazuccheri, obbligando così l’organismo a produrne di più», aggiunge il professor Giuseppe Pugliese, ordinario di endocrinologia all’Università la Sapienza di Roma e responsabile dell’Unità di diabetologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. «I suoi picchi nel sangue favoriscono proprio l’accumulo di grasso, innescando un rischioso loop», spiega l’esperto. La soluzione: tener d’occhio la misura del proprio girovita e, se supera gli 88 cm, darsi da fare per ridurlo.


Attività fisica: a giorni alterni
Per salvaguardare la salute del seno, l’attività fisica si conferma fondamentale: un rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention, l’organo del Ministero della salute americano, afferma che diminuisce tra il 20 e l’80% il rischio di ammalarsi, sia prima sia dopo la menopausa.

«Oltre a far perdere peso, protegge il Dna durante la replicazione delle cellule, abbassa la concentrazione degli estrogeni, diminuisce il rilascio nel sangue d’insulina e stimola il sistema immunitario, migliorando il lavoro di macrofagi e linfociti natural killer, prime sentinelle contro mutazioni a rischio», conferma il professor Pugliese. Ok, perciò, alle fatidiche 3 sessioni settimanali di attività fisica aerobica di intensità moderata (come corsa, fit walking, nuoto o ballo) di 30 minuti l’una, da effettuare però alla luce delle nuove linee guida: «Non andrebbero mai intervallate da più di 2 giorni di riposo l’una dall’altra, né concentrate in 3 giorni di fila, seguite da 4 di stop.

Le pause troppo lunghe ne vanificano l’effetto protettivo», sottolinea il professor Pugliese. Attenzione anche alla sedentarietà: fare attività fisica non è una misura salvaseno sufficiente se poi si rimane incollati alla sedia per tutto il resto della giornata. Perché sia efficace, va potenziata da un minimo di movimento quotidiano anche nelle ore di lavoro e a sera, quando magari si rimane sprofondati per ore nel divano. Il consiglio: «Alzarsi ogni 30 minuti, muovere qualche passo o, meglio ancora, effettuare esercizi calistenici, in cui il peso del corpo funziona da attrezzo, come alzarsi e abbassarsi dalla sedia per una decina di volte, fare qualche rampa di scale, o alzarsi e abbassarsi ritmicamente sulle punte dei piedi per un minuto», conclude l’esperto.


Zucchero: non superare i 25 g
La prevenzione passa anche dall’alimentazione e tra le nuove evidenze per ridurre i rischi di malattia c’è quella di tener d’occhio il consumo di zuccheri semplici. «La dose sicura: non più di 25 g al giorno, sapendo che un cucchiaino di zucchero raffinato è pari a 3 g e la bustina del bar ne contiene 5 g», spiega la dottoressa Teresa Bevere, nutrizionista, esperta in nutrizione preventiva nelle malattie non trasmissibili a Roma.

«Attenzione anche alle fonti occulte di zuccheri, come la frutta, utile per le sue vitamine ma da consumare in dosi non superiori ai 300 g al giorno, o i prodotti pronti come le salse di pomodoro o certi yogurt di cui è sempre meglio controllare l’etichetta».

Occhio anche agli alcolici: una recente ricerca pubblicata sul British Medical Journal, ha dimostrato che solo una donna su 5 è consapevole dei suoi effetti, anche se l’American Institute for Cancer Research ha quantificato che 3 soli bicchieri settimanali di vino, birra o superalcolici aumentano del 15% il rischio di ammalarsi, mentre 4 lo innalzano addirittura del 25 %.

«Le carni rosse, al centro di un acceso dibattito, sono invece state assolte, a patto di non consumarne più di 300 - 400 g la settimana e mai cucinate ai ferri o alla brace, cotture da cui si liberano ammine eterocicliche, noti cancerogeni», aggiunge la dottoressa Bevere.

«Rimane ancora valido, invece, il consiglio di ridurre gli insaccati, mentre è ormai accertato che tutti i cibi che forniscono vitamina D (uova, pesci grassi come il salmone) hanno un’azione antitumorale che, anche se non specifica per il seno, è bene non farsi mancare. Ancora dibattuta, infine, la questione della soia e dei suoi derivati come il tofu o il latte vegetale: la maggior parte delle ricerche dice che è protettiva nelle donne in post menopausa, ma non è il caso di farne il cibo leader della propria dieta.

Un regime alimentare variato e di tipo mediterraneo, è sempre quello vincente. Soia e derivati vanno addirittura evitati dalle donne che in passato hanno avuto una diagnosi di tumore al seno ormonodipendente: contengono fitoestrogeni, ormoni naturali che potrebbero stimolare una ricrescita di cellule a rischio».


Terapia sostitutiva: ci vuole cautela
Proprio gli ormoni sono attualmente sotto la lente di ingrandimento della ricerca: una metanalisi, appena pubblicata su The Lancet, ha riconfermato che la terapia ormonale sostitutiva aumenta il rischio di ammalarsi nelle donne tra i 50 e i 69 anni . «Nonostante ciò, non è il caso di demonizzarla o di creare allarmismi, ma piuttosto di farne un uso “su misura”, affidandosi a uno specialista che valuti costi e benefici derivanti dalla terapia su ogni singola donna, sapendo che per alcune (con fragilità ossea, o un maggior rischio cardiovascolare che non si riesce a correggere con sani stili di vita, per esempio) rimane un valido aiuto», commenta la professoressa Bonifacino.

«Il trattamento va però protratto per il minimo necessario: non più di 5 anni perché, stando al report di The Lancet, il rischio di ammalarsi raddoppia se lo si segue per 10. Se assunto per un solo anno, o se si utilizzano estrogeni per via vaginale, l’aumento del rischio è invece minimo. Infine, è importante monitorarne l’uso nel tempo: con esami del sangue, ma anche con ecografie e/o mammografie, magari più ravvicinate».


La mammografia è fondamentale
Visita senologica, ecografia e mammografia rimangono ancor oggi strumenti fondamentali per la prevenzione, anche se l’esame radiologico è stato a lungo sotto il fuoco di fila delle polemiche, accusato di provocare sovradiagnosi e di esporre a rischiose dosi di raggi X. «La mammografia è l’unico esame in grado di identificare, ad esempio, le micro-calcificazioni che sono spesso una spia di una iniziale lesione tumorale, ed è dimostrato che è uno strumento efficace nel ridurre la mortalità», rassicura la professoressa Bonifacino.

La European Commission Initiative on Breast Cancer ha appena ribadito che è fortemente consigliata tra i 50 e i 69 anni, l’età più critica e che in Italia è coperta dagli screening pubblici regionali gratuiti. «In realtà, oggi la nuova tendenza è quella di suggerire a ogni donna, come si fa già con quelle con famigliarità o che provengono da famiglie con alterazioni genetiche, un programma di screening su misura concordato con il senologo, a cui rivolgersi per la prima visita a 25-30 anni», aggiunge la professoressa Bonifacino.

«Il primo controllo mammografico, di norma va comunque fissato a 40 anni e non va disertato anche dopo i 70. Negli ultimi anni, il 41% dei casi di tumore si è registrato in donne under 50 e il 22% tra le over 70. Oggi, peraltro, la mammografia espone a una dose minima di raggi X, soprattutto se si ricorre a quella in 3 D: un recente report pubblicato su Lancet Oncology dimostra che, oltre a rilevare il 34% in più di tumori rispetto all’esame tradizionale, consente anche un leggero risparmio di radiazioni».


Gli alimenti ad azione protettiva

Per prevenire il tumore al seno è importante non farsi mai mancare frutta e verdura, ma una ricerca del City of Hope Cancer Center di Los Angeles di recente ha identificato 5 alimenti vegetali ultraprotettivi, da portare in tavola spesso.

Il melograno, i semi d’uva e i funghi sono in assoluto i più protettivi perché contengono sostanze chimiche che bloccano l’aromatasi, un enzima che trasforma i grassi introdotti con l’alimentazione in estrogeni.


La cannella inibisce la formazione di nuovi vasi sanguigni che servono al tumore per nutrirsi e crescere indisturbato. I mirtilli sono ricchi di antiossidanti, tra cui l’acido clorogenico, che contrastano l’infiammazione.


Una app utile

Pianeta Seno è l’applicazione realizzata dall’associazione IncontraDonna, di cui è presidente Adriana Bonifacino, scaricabile gratuitamente da Play Store per Android e App Store per Apple. Offre informazioni aggiornate e certificate sui corretti stili di vita da adottare, ma anche una mappa con la geolocalizzazione dei centri di senologia italiani in grado di offrire un approccio interdisciplinare e le associazioni a cui rivolgersi in caso di necessità, anche in Europa, grazie al link delle Associazioni della rete EuropaDonna.


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Articolo pubblicato sul n. 42 di Starbene in edicola dall'1 ottobre 2019



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