Intervista a Elena Vallortigara, campionessa di salto in alto

I ripetuti infortuni non hanno mai intaccato la sua voglia di emergere. E ora l’altista italiana più brava ha trovato nuove sicurezze (anche a tavola) e la spinta giusta per migliorare il suo record personale di 202 centimetri. E puntare a una medaglia ai prossimi Mondiali



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È una delle punte di diamante dello sport italiano, attesa da un 2019 di conferme. Perché Elena Vallortigara (nella foto qui sopra, mentre posa per il servizio di moda di Starbene), saltatrice in alto e atleta dell'Arma dei Carabinieri, classe 1991, originaria di Schio (Vicenza), ha una lunga e tormentata storia alle spalle.

È passata dall’esaltazione per la medaglia mondiale giovanile nel 2010 con misure da record (ha superato gli 1,85 cm a soli 15 anni) a una teoria infinita di problemi: operazione a una caviglia, degenerazione dei dischi lombari, infiammazione al tallone del piede di stacco. Guai che hanno fatto addirittura temere che avesse bruciato il proprio talento prima ancora di riuscire a esprimerlo.

Poi l’incontro con l’attuale tecnico, Stefano Giardi, il trasferimento a Siena, mesi di lavoro ripartendo da postura e allineamento del bacino, molto impegno, sofferenza e finalmente la luce in fondo al tunnel. Una rincorsa completata con il balzo oltre l’asticella a 202 cm a Londra nello scorso mese di luglio.

Prima di lei solo un’altra italiana, dopo la mitica Sara Simeoni (oltre l’asticella a 201 cm), aveva superato i fatidici 2 metri: Antonietta Di Martino, attuale primatista italiana, con 203 cm. Il nuovo record personale ha regalato visibilità e conferme a una ragazza che ora deve affrontare una prova decisiva.

La data cerchiata in rosso sull’agenda è quella di lunedì 30 settembre 2019, il giorno della finale del salto in alto femminile ai Mondiali di Doha, in Qatar. Elena lavora per salire su un podio che darebbe un senso profondo alla sua storia di atleta. L’inverno non è stato facile, con qualche guaio che ne ha rallentato la preparazione. Adesso però la rincorsa può partire.


Elena, facciamo il punto dopo l’ennesima partenza in salita?

«Ho potuto ricominciare ad allenarmi solo a dicembre e a saltare a metà gennaio, perché il mio fisico si era portato dietro un po’ di doloretti dall’estate scorsa. Ho dovuto sistemare il ginocchio e la caviglia, ma ora finalmente va tutto bene».


E hai già potuto testarti indoor prima ai Campionati italiani di Ancona e poi agli Europei di Glasgow...

«Pur con solo una cinquantina di giorni di allenamento, sono riuscita a vincere il titolo italiano, stabilendo anche il mio nuovo record indoor saltando l’asticella a 192 cm. In Scozia mi sono invece fermata alle qualificazioni, ma l’aver posticipato l’inizio della preparazione potrebbe alla lunga rivelarsi una buona mossa».


Con obiettivo dichiarato una medaglia ai Mondiali?

«Sì, ma come conseguenza di quello primario: saltare bene e in continuità sulle misure alte, anche se sono consapevole che il risultato dell’anno scorso è stato un’exploit. Non mi ero mai confrontata a questo livello di competizione. Non è scontato ripetersi ed è questa la mia vera sfida».


In questo senso conta più la testa o il fisico?

«La testa, ma in qualsiasi situazione e non solo nello sport. Nel salto in alto, poi, non c’è nulla di improvvisato: è il frutto di un continuo lavoro sui dettagli per sapere cosa fare quando hai davanti l’asticella. La serenità fa la differenza e per arrivare a conquistarla serve anche resilienza».


Cosa significa questa parola per te?

«È di fatto una parte importante del mio carattere. Nelle difficoltà si può anche perdere la bussola, ma serve poi avere qualcosa dentro che ti spinga a non mollare. Poi bisogna essere consapevoli dei propri limiti per darsi obiettivi raggiungibili».


Lo dici perché in passato non hai avuto un buon rapporto con il tuo corpo?

«Sì, infatti. Lo sport è spietato perché sei contemporaneamente una persona e un’atleta: il corpo è il tuo strumento e per arrivare al risultato deve funzionare al meglio. In passato far combaciare questi due aspetti è stato un problema e mi ha condizionato soprattutto riguardo al peso, con la preoccupazione costante di aver qualche chilo in più che potesse pregiudicare la prestazione in pedana».


Come l’hai risolta?

«Dopo lunghi periodi in cui ho provato senza successo diete di tutti i tipi, l’anno scorso ho perso tanto peso senza cambiare nulla delle mie abitudini alimentari. La svolta è arrivata ancora una volta dalla testa: dopo aver ritoccato il mio personale in primavera (prima del salto record a Londra, ndr) mi sono sbloccata, liberandomi dalle preoccupazioni e riuscendo a dimagrire senza fatica».


Cos’è il cibo per te?

«La mia benzina. Deve essere buona per far funzionare bene il mio corpo: per questo amo gli alimenti biologici. Se ho voglia di sgarrare, preferisco poi la qualità alla quantità. E non resisto a un buon gelato!».


La tua alimentazione tipo?

«A colazione cerco sempre di variare: per esempio latte di soia senza zuccheri, pane di segale integrale con un cucchiaino di olio o di miele o di marmellata, più un frutto o una spremuta; altre volte inserisco cereali e uova. A pranzo vado di pasta integrale di farro o kamut oppure di riso integrale. Poi ovviamente mi servono le proteine e la verdura: cotta a mezzogiorno e cruda a cena, ma sempre con un cucchiaio di olio evo. Prima di addormentarmi è di rigore una tisana».


Come e quanto ti alleni?

«Il mio programma settimanale prevede due allenamenti di corsa, due di forza e due di tecnica, più un passaggio in piscina. I carichi dipendono dal momento della stagione e avvicinandosi alle gare si alleggeriscono. La chiave anche qui è l’equilibrio».


In tutto questo sei riuscita a laurearti in Scienze e tecniche psicologiche. Cosa ha significato per te?

«Completare un bel lavoro su me stessa. Ho fatto una tesi sulla psicologia dello sport e sulla motivazione intrinseca e la gestione dello stress, ed è stato come riscrivere gli ultimi anni della mia vita. Ora sto proseguendo e studio psicologia clinica e dinamica: nei momenti di allenamento meno intenso, la biblioteca è un appuntamento fisso. Ma cerco comunque sempre di trovare il tempo per i libri e non me ne rimane poi molto altro. Mi aiuta anche il fatto di non essere ancora fidanzata...».


Quando hai cambiato tecnico ti sei anche trasferita a Siena. Una scelta a sua volta vincente?

«Da subito questa città mi ha dato una sensazione di protezione ed equilibrio che non ho mai provato in altre località dove ho vissuto. Mi fa sentire bene, è una città chiusa e aperta allo stesso tempo. Amo il centro con le sue stradine, ma mi piace anche la strada per andare a casa, appena fuori Siena, in mezzo alla campagna».


Tu hai già detto di curarti spesso con l’agopuntura: che vantaggi hai riscontrato?

«All’inizio l’agopuntura mi è servita per regolarizzare il ciclo, ma poi ne ho scoperto tanti altri benefici, sempre in assenza di effetti collaterali. In particolare, la apprezzo perché mi aiuta a mantenere l’equilibrio psicofisico e a tenere sotto controllo le tensioni a livello muscolare».


Il tuo consiglio per chi vuole iniziare o ricominciare con l’attività fisica?

«Di partire dalla base più semplice ed efficace: dedicare tempo a se stesse il più spesso possibile. Iniziare con lo stretching, che fa bene a tutti, aggiungendo degli esercizi a corpo libero e delle tecniche di rilassamento. Lo faccio anch’io: distendere i muscoli aiuta a distendere la mente. L’ideale è farlo all’aperto, magari in un parco. Da lì si può cominciare ad ascoltare il proprio corpo e trovare così l’attività fisica più indicata».


Un pensiero finale per Sara Simeoni, la nostra saltatrice più famosa?

«Siamo entrambe venete e ci conosciamo. Oltre a essere una persona gentile, è il mio mito: rivedo spesso i video dei suoi fantastici salti».



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Articolo pubblicato nel n° 21 di Starbene in edicola dal 7 maggio 2019



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