La campionessa di break dance: “I bulli non mi hanno rubato i sogni”

Alessandra Cortesia è stata premiata dal presidente della Repubblica come simbolo di coraggio. Perché ha reagito alle violenze dei compagni di classe tirando fuori il suo talento



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Alessandra, con la sua break dance, ha vinto tanto. Nello sport, perché lo scorso ottobre si è presa la medaglia d’argento agli Youth Olympic Games, a Buenos Aires, in coppia con l’argentino Mariano Carvajal. Nella vita, perché il 13 marzo è stata scelta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella come “Alfiere della Repubblica”, insieme ad altri 29 giovani che si sono distinti per le loro azioni coraggiose e solidali.

Attraverso la danza, infatti, Alessandra, 18 anni, voce dolce e lunghi capelli rosso fuoco, ha reagito al bullismo, un fenomeno che, in base ai dati più recenti, colpisce nell’adolescenza 1 ragazzo su 2, in particolare femmine (il 20,9% contro il 18,8% di maschi).


Troppo brava per loro

Quattro ore al giorno di break dance è l’allenamento di Alessandra, che vive a Santa Lucia di Piave (Treviso) e frequenta l’ultimo anno della scuola di enologia di Conegliano.

«Ho iniziato a ballare che avevo sei anni», racconta. «Ma presto ho dovuto smettere perché ero fisicamente debole, mi ammalavo spesso. Credo che sia per questo che i miei compagni hanno iniziato a prendermi in giro. Ero la più bassa della classe. E, soprattutto, ero la più brava».

Così cominciarono le angherie, via via sempre più pesanti fino a culminare negli anni delle medie. Quella di Alessandra sembra davvero la storia di tanti ragazzi: dispetti, offese, scherzi cattivi, i soprusi più praticati, dicono ancora le statistiche.

«C’era un gruppetto di compagni che mi costringeva a prendere brutti voti e note sul diario, oppure a portare sulle spalle tutti i loro zaini», ricorda la ragazza veneta. «Io lo facevo perché mi sentivo minacciata».


Una paura paralizzante

Alessandra non chiedeva aiuto, pensava di non poterlo o non doverlo fare, temeva che il problema si sarebbe ingigantito.

«Non avevo consapevolezza di quello che mi stava accadendo, anche se quella situazione non mi faceva sentire bene», conferma. Poi, però, è intervenuto il caso.

«Un giorno mia mamma trovò le lettere che mi avevano inviato i compagni di classe, piene di minacce e di insulti. Da quel momento, in famiglia abbiamo iniziato a parlarne e ci siamo fatti aiutare da uno psicologo», dice.

Non solo. A 12 anni, Alessandra decide che vuole tornare a praticare la break dance. Musica, salti e acrobazie iniziano a farle bene. «Tornavo dagli allenamenti felice. Danzare era come aprire la porta di una stanza piena di cose belle, piena di tutto ciò che mi piaceva e che mi faceva sentire me stessa», prosegue la campionessa.

«I miei nuovi amici, quelli che si allenavano con me, non mi trattavano male. Con loro potevo parlare. E la mattina dopo, a scuola, non mi interessava ciò che dicevano i bulli». Un mondo di angherie che si è lasciata alle spalle: «Ora la mia vita è un’altra, e felice».


Avanti i sogni

La nostra ragazza ancora prima che nello sport ha trionfato nella vita. «I riconoscimenti di Buenos Aires e del Quirinale mi hanno fatto sentire al settimo cielo», spiega.

«Adesso vorrei partecipare alle Olimpiadi di Parigi nel 2024, se la break dance verrà introdotta come disciplina. L’altro desiderio? Essere un esempio per tutti i ragazzi bullizzati. A loro dico di non avere paura a parlare con gli adulti. E, soprattutto, li invito a cercare la loro stanza piena di cose che li rendono felici, come è successo a me con la danza. Il bullismo non deve portare via i sogni dei giovani».



In aula per imparare a non offendere

Si chiama “A scuola di rispetto”, il progetto nazionale di Equilibria, giunto al secondo anno di vita. «Siamo entrati negli istituti superiori e nelle scuole medie di 13 Regioni, con interventi rivolti agli studenti e i genitori», spiega la psicoterapeuta Silvia Bassi, coordinatrice del progetto. «L’obiettivo è contrastare bullismo e violenza psicologica, attraverso lezioni esperienziali».

Durante gli incontri si parla di emozioni e relazioni. «I ragazzi hanno bisogno di esprimere paure e fragilità, e di sentirsi ascoltati», prosegue Bassi. «Noi forniamo loro le abilità per riconoscere le proprie azioni violente, di cui spesso non hanno consapevolezza, e per aumentare l’empatia. E a chi si sente vittima di bullismo, insegniamo le strategie per difendersi e per scardinare i ruoli».



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Articolo pubblicato sul n° 15 di Starbene in edicola dal 26 marzo 2019

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