screening dei tumori

Screening (si pronuncia “scrining”) è una parola inglese che è ormai entrata a far parte del lungo elenco di termini inglesi adottati dalla nostra lingua. In realtà non esiste un termine italiano che possa tradurre precisamente il significato della parola screening in medicina; i dizionari forniscono nelle traduzioni termini quali scovare, ricercare, oppure intere frasi […]



Screening (si pronuncia “scrining”) è una parola inglese che è ormai entrata a far parte del lungo elenco di termini inglesi adottati dalla nostra lingua. In realtà non esiste un termine italiano che possa tradurre precisamente il significato della parola screening in medicina; i dizionari forniscono nelle traduzioni termini quali scovare, ricercare, oppure intere frasi come “passare in rassegna molti casi alla ricerca di un caso particolare”.

Nel mondo della medicina le attività di screening sono nate come un mezzo per identificare dei precursori di una malattia o anche una malattia ma in stadio iniziale, quando i danni procurati all’organismo sono minori e quando le cure disponibili dovrebbero essere più efficaci.

Uno dei più importanti screening di popolazione condotti in Italia nel Novecento fu la radiografia di massa del torace per diagnosticare la tubercolosi nelle sue forme precoci.

Attualmente vengono realizzati diversi screening sulla popolazione, dei quali alcuni in oncologia, ossia nell’ambito della lotta contro i tumori.


Qual è l’obiettivo degli screening in oncologia?

Il prolungamento della vita media e la maggiore possibilità di cura e guarigione di altre malattie sono responsabili di un aumento delle diagnosi di nuovi casi di cancro. Inoltre, l’efficacia delle cure in oncologia, nonostante sia alquanto migliorata negli anni, appare ancora insufficiente soprattutto nelle fasi avanzate. Questa situazione ha orientato la ricerca scientifica a sperimentare degli esami che potessero contribuire, attraverso un diagnosi anticipata o alla precoce identificazione di lesioni pre-tumorali, alla riduzione della mortalità per tumori.

Attenzione, però: lo scopo finale veramente importante di un programma di screening oncologico nella popolazione sana non è di anticipare la diagnosi della malattia, bensì di ridurre la mortalità. Questo punto è fondamentale, al punto che un programma di screening sulla popolazione sana può essere proposto solo se esiste una chiara dimostrazione di efficacia in termini di riduzione della mortalità. Quale beneficio infatti otterrebbe un individuo sano, senza sintomi, dal venir informato di avere un cancro in fase precoce, se da questa anticipazione della diagnosi non ne derivasse una maggiore possibilità di guarigione ?


I requisiti per attivare un programma di screening in oncologia

È necessaria pertanto molta prudenza nel decidere di avviare programmi di screening in oncologia e gli esperti devono aver verificato senza alcun dubbio che i dati sull’efficacia siano solidi e derivino da fasi sperimentali condotte in modo molto rigoroso, e che siano disponibili risorse sufficienti ad avviare le procedure necessarie a rendere massimi i benefici e a ridurre il più possibile gli effetti negativi. Questi ad altri problemi spiegano perché fin dal 1968 si sia sentito il bisogno di definire una serie di condizioni che vanno rispettate nel programmare una attività di screening in oncologia. Le seguenti domande dovrebbero trovare risposte positive e documentate prima di avviare un programma di screening:

  • La malattia oggetto dello screening è un importante problema di salute pubblica?
  • È possibile diagnosticarla in una fase precoce?
  • Le cure disponibili se applicate in uno stadio precoce risultano più efficaci di quando vengono applicate in uno stadio più avanzato?
  • È disponibile un esame per fare lo screening?
  • Questo esame di screening è accettabile dalla popolazione sana?
  • È possibile predisporre percorsi facilitati per la diagnosi e il trattamento?
  • Quali sono i costi e quali i benefici?
  • Quali gruppi di popolazione dovrebbero essere invitati a partecipare?
  • Quanto spesso andrebbe ripetuto il test di screening?
  • Che cosa si deve intendere per programma di screening in oncologia?

Gli screening in oncologia, così come raccomandati dalle fonti più autorevoli, sono degli interventi organizzati di sanità pubblica che hanno le seguenti caratteristiche:

  • costituiscono un processo complesso, organizzato in varie fasi;
  • ognuna di queste fasi è soggetta a controllo di qualità;
  • il programma coinvolge varie professioni e discipline;
  • prevedono un bilancio tra gli effetti positivi e quelli negativi;
  • deve prevedere una valutazione dei costi;
  • deve essere equo, aperto e accessibile a tutti i cittadini, indipendentemente dalle possibilità economiche o dallo stato sociale e culturale.

A differenza di quanto accade normalmente (un malato chiede al medico di essere visitato per un suo problema), i programmi di screening in oncologia sono un’iniziativa medica e sanitaria che si rivolge a soggetti sani invitandoli a partecipare.

Questa inversione di percorso (non il malato che va dal medico, ma il medico che propone un accertamento a soggetti sani) pone alcuni problemi, ed i programmi di screening oncologici, anche quando sono in grado di ridurre la mortalità, possono comportare degli svantaggi.


I vantaggi di uno screening in oncologia

  1. 1. Riduzione di mortalità in una certa percentuale delle persone che aderiscono al programma di screening.
  2. 2. Possibilità di trattamenti più limitati e meno “aggressivi” in un certo numero di persone, grazie alla diagnosi di un tumore in forma più precoce e localizzata (ad esempio, la possibilità di rimuovere completamente un tumore della mammella in stadio precoce asportando soltanto una piccola parte della mammella colpita e non tutta).
  3. 3. Rassicurazione per le persone sane e che risultano tali anche al test di screening.


Quali sono gli svantaggi di uno screening in oncologia?

1. In alcuni casi purtroppo, nonostante la diagnosi precoce, la malattia tumorale si rivela resistente alle cure e può progredire fino alle sue fasi avanzate. In questo caso l’anticipo della diagnosi ha solo allungato il periodo di malattia, senza dare reali benefici all’ammalato.

2. La diagnosi di lesioni tumorali in fase molto iniziale può far sì che vengano curate delle forme di tumore “silenti”, ossia lesioni tumorali che non sarebbero state in grado di svilupparsi provocando un importante stato di malattia e che non avrebbero mai dato segno di sé nel corso della vita del paziente.

3. Ansia e sofferenza psicologica nelle persone che risultano “positive” al test, ma che nel corso dei successivi approfondimenti non risultano essere ammalate.

4. Impegno di risorse che vengono sottratte alla cura di persone già ammalate.

5. Possibili effetti collaterali negativi dei test di screening.


Le fasi di un buon programma di screening

Al fine di ottenere i maggiori benefici possibili e di minimizzarne gli svantaggi, è necessario che un programma di screening preveda diverse fasi.

a) L’informazione e l’invito della popolazione, che può essere realizzato sia utilizzando i mass-media, rivolgendosi quindi a tutta la popolazione, sia mediante un invito personale rivolto alle persone a rischio, mediante una lettera individuale o attraverso il contatto con il proprio medico di famiglia. È importante che tutte le persone che rientrano nella popolazione oggetto dello screening vengano informate e che possano rivolgersi al proprio medico e a personale specializzato per esprimere i propri dubbi o richiedere ulteriori informazioni: va infatti garantito il diritto alla informazione necessaria affinché la scelta di partecipare sia consapevole.

b) L’esecuzione del test deve essere in linea con standard di qualità adeguati.

c) Gli approfondimenti diagnostici che si rendono necessari nelle persone risultate positive al test devono essere disponibili e accessibili in tempi ben definiti e devono seguire le più aggiornate indicazioni scientifiche.

d) Anche le cure indicate per le persone che risulteranno ammalate devono essere realizzate in tempi adeguati e rispettose delle indicazioni scientifiche più aggiornate. Questo punto è particolarmente importante: non è infatti accettabile che il programma di screening si limiti alla scoperta della malattia, ma bisogna poter offrire un percorso di cura specifico per le lesioni precoci, per garantire ad ognuno i trattamenti migliori. Le terapie devono poter produrre il massimo dei benefici derivanti dalla precocità della diagnosi, sia in termini di possibilità di guarigione sia per quanto riguarda l’aspetto conservativo e non demolitivo delle cure.

e) Informare periodicamente la comunità sanitaria e la popolazione sull’andamento dei programmi di screening.

f) Prevedere dei percorsi di valutazione periodica della qualità per tutte le fasi dello screening e proporre percorsi di miglioramento relativi ai problemi eventualmente emersi.


Quali sono i programmi di screening in oncologia sui quali esiste una sufficiente evidenza di efficacia e un accettabile equilibrio tra svantaggi e vantaggi?

I programmi di screening oncologico che si sono rivelati efficaci nel ridurre la mortalità specifica sono rivolti alla prevenzione e diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero, del tumore del colon-retto e alla diagnosi precoce del tumore della mammella. Questi programmi si stanno progressivamente diffondendo in Italia a seguito di iniziative e finanziamenti del Ministero della Salute e delle Regioni.

I programmi di screening per il cancro della mammella (il tumore più frequente nella donna) prevedono l’esecuzione di una mammografia ogni 2 anni per le donne di età compresa tra 50 e 69 anni; si può ottenere una riduzione di mortalità del 35% nelle donne che aderiscono.

Lo screening per il cancro del collo dell’utero, meno frequente del tumore della mammella, prevede il ricorso al Pap-test che è stato il primo test di screening utilizzato in oncologia.

Negli ultimi 20 anni la mortalità per tumore dell’utero si è ridotta di oltre la metà, ancora oggi in Italia le donne che si ammalano ogni anno di tumore del collo dell’utero sono 3.500 circa e 1.100 il numero di donne decedute per anno per questa malattia.

Il cancro del colon-retto è un problema molto importante di salute nella popolazione, anche in Italia, dove ogni anno si ammalano di questo tumore circa 20.000 maschi e oltre 17.000 femmine con oltre 9.000 decessi tra i maschi e quasi 8.000 tra le donne registrati nel 2002. Lo screening del tumore colorettale ha due possibili obiettivi: 1) diagnosticare il cancro in fase precoce; 2) identificare ed asportare i “polipi” del colon-retto che in percentuali rilevanti sono destinati a trasformarsi, nel corso di anni, in cancri del colon.Il test di screening più diffuso è la ricerca del sangue occulto nelle feci eseguito ogni due anni in maschi e femmine tra i 50 e 74 anni di età.

Alcuni programmi di screening utilizzano invece la retto-sigmoidoscopia da eseguire una volta nella vita intorno ai 60 anni. Per entrambi i tipi di screening, quando un soggetto è “positivo” si procede all’esecuzione di una colonscopia che permette di esplorare, attraverso una sofisticata ma sottile sonda a fibre ottiche collegata ad una telecamera, tutto il colon-retto. La colonscopia consente anche l’asportazione endoscopica dei polipi precursori del tumore.[M.C.]