Rabbia

Grave malattia infettiva trasmessa all’uomo da vertebrati e imputabile a un virus a RNA della famiglia delle Rhabdoviridae (genere Lyssavirus). La rabbia è una zoonosi (malattia che colpisce l’uomo e l’animale), il cui virus è trasmesso all’uomo dal morso di un animale che è in genere malato, ma che talvolta funge soltanto da serbatoio (per […]



Grave malattia infettiva trasmessa all’uomo da vertebrati e imputabile a un virus a RNA della famiglia delle Rhabdoviridae (genere Lyssavirus).

La rabbia è una zoonosi (malattia che colpisce l’uomo e l’animale), il cui virus è trasmesso all’uomo dal morso di un animale che è in genere malato, ma che talvolta funge soltanto da serbatoio (per esempio il pipistrello). Di tipo neurotropo (si fissa cioè sul sistema nervoso), colpisce direttamente le cellule cerebrali, causando una meningoencefalite irreversibile, fatale in un periodo di tempo variabile dai 5 ai 20 giorni. La vaccinazione antirabbica, messa a punto da Louis Pasteur nel 1885, ha rivoluzionato la prognosi della malattia.


Cause

Il veicolo della contaminazione è la saliva, a tal punto infettante sin dalla fase di incubazione che talvolta l’animale trasmette la rabbia limitandosi a leccare una ferita. Le specie responsabili sono principalmente il lupo (Iran), il cane selvatico (Asia, in particolare India, Africa e America meridionale), la volpe (Europa occidentale) e i pipistrelli insettivori (in ogni parte del mondo), anche se tutti i mammiferi possono essere colpiti dalla malattia, diventando in tal modo pericolosi per l’uomo (cavallo, pecora, gatto e cane domestici e così via).


Sintomi e segni

Dopo un’incubazione di circa 3 settimane (talvolta molto più lunga), la malattia esordisce con dolori localizzati nella zona della ferita, cui fanno seguito alterazioni dell’umore quali senso di angoscia e, soprattutto, idrofobia (paura dell’acqua, che il malato rifiuta di bere e rigetta) e aerofobia (paura dei movimenti dell’aria). Si manifesta inoltre con attacchi di febbre, tremori, contratture, comparsa di spasmi dolorosi alla minima eccitazione, cambiamenti della voce e iperscialorrea. Dopo breve tempo la malattia si estende al sistema nervoso: può assumere la forma di un’encefalite che in breve porta al coma, ed esordisce in tal caso con alterazioni dello stato di coscienza e paralisi flaccide, attribuibili a un deficit motorio associato ad anomalie del tono muscolare (rabbia paralitica), oppure può presentarsi come uno stato di eccitazione delirante (rabbia furiosa), con spasmi muscolari tanto accentuati da trasformarsi in crisi generalizzate, che precedono la morte; in altri casi ancora, la malattia si manifesta con uno stato di stupore e l’incapacità di inghiottire (rabbia muta od occulta). La morte sopraggiunge, dopo circa 8 giorni, per disturbi respiratori o danni del miocardio (miocardite virale). Ai segni sopraelencati si associano una febbre in genere assai elevata (41 °C) e un’iperscialorrea caratteristica.


Diagnosi

Si basa sulla ricerca del virus o degli antigeni virali nella saliva o nel liquor cerebrospinale, su una biopsia cutanea oppure sulla sierologia ematica, posta a confronto con quella del liquor cerebrospinale. È inoltre possibile eseguire un prelievo dall’encefalo, nell’animale e (post mortem) nell’uomo.


Trattamento

Poiché è efficace solo prima che compaiano i segni clinici della malattia, va intrapreso al più presto: una volta che i segni si sono instaurati, infatti, l’evoluzione è ineluttabilmente fatale. In caso di morso sospetto, occorre innanzitutto detergere la ferita con acqua e sapone o con soluzioni antisettiche, quindi somministrare il vaccino antitetanico (o eseguire il richiamo) e assumere antibiotici secondo le indicazioni ricevute.

L’animale che si suppone affetto da rabbia va tenuto sotto osservazione veterinaria per 15 giorni. Se viene abbattuto, il suo cervello dovrebbe essere esaminato, al fine di evidenziare, all’esame microscopico, l’eventuale presenza di corpi di Negri (formazioni rotondeggianti localizzate nei neuroni di chi è colpito dalla malattia). Se non si riesce a rintracciare l’animale, occorre comportarsi come se fosse malato di rabbia, rivolgendosi al centro antirabbico più vicino, dove il personale deciderà se procedere o meno alla vaccinazione del paziente (sei dosi da iniettare nell’arco di 3 mesi), accompagnata, in caso di morso grave (al volto), da una sieroterapia (siero antirabbico o immunoglobuline specifiche umane) eseguita mediante inoculo nella ferita. Il vaccino utilizzato in passato, ottenuto dal midollo di coniglio, era responsabile di serie complicanze neurologiche; quello attualmente in uso, basato su colture cellulari, non comporta invece alcuna complicanza nervosa.

Nell’animale la rabbia si manifesta con anomalie comportamentali: l’animale domestico diventa insolitamente aggressivo senza ragione, quello selvatico tende ad aggredire l’uomo. Comportamenti di questo tipo sono degni di attenzione, soprattutto se si accompagnano a disturbi della deambulazione e iperscialorrea. La prevenzione consiste nella vaccinazione di tutti gli animali domestici. La vaccinazione delle volpi, eseguita oggi tramite vaccino orale (polpette sparse nel territorio di caccia di questi animali), ha permesso di circoscrivere questa forma di rabbia alla parte orientale della Polonia e della Slovacchia. Alcuni focolai isolati permangono nell’Europa occidentale. La prevenzione è rafforzata dal controllo veterinario alle frontiere, dall’isolamento delle bestie con segni di morsi e dalla cattura dei randagi.