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Come superare la sindrome del brutto anatroccolo

Quando dal confronto con gli altri si esce sempre insoddisfatti, il morale ne risente. Ecco come rileggere meglio la realtà

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A volte hai l’impressione che chiunque se la passi meglio di te, per esempio la collega con la famiglia perfetta, l’amica in forma smagliante, la sorella con la vita sociale degna di una celebrity. E il malumore e lo sconforto prendono il sopravvento. Ma perché succede e, soprattutto, come risollevare il morale?


Un inganno della mente

«Iniziamo con il dire che questa impressione è falsa e deriva da equivoci cognitivi», esordisce Michela Alibrandi, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale (psicologo-genova.it).

«È falsa perché la vita è fatta di luci e di ombre, per tutti. Se da una parte non esistono persone immuni da problemi e difficoltà, dall’altra è altamente improbabile che un’esistenza sia un disastro su ogni fronte. Solo che in alcune persone scatta la sindrome del “brutto anatroccolo essenzialmente per due motivi.

Il primo è che, anche inconsapevolmente, si tende a fare paragoni solo con coloro che, per carattere e scelta relazionale, comunicano “cose belle”, soddisfazioni e successi, tacendo i propri crucci: allora, con questo tipo di frequentazione è facile sentirsi inferiori.

Il secondo è che quando ci si trova in un momento di solitudine, frustrazione, sofferenza, scatta il “confronto diretto” con gli altri, per capire se stiamo meglio o peggio, se valiamo o piacciamo di più o di meno.

Ecco, in questo caso è la nostra mente che ci gioca un brutto scherzo perché ci mostra situazioni che confermano il nostro malcontento anziché presentarci la situazione nella sua generalità. Un esempio tipico? L’ex compagna di scuola che ha fatto carriera mentre noi siamo precarie».


Focalizzati su di te

«La prima cosa da fare, quando si verifica questo fenomeno, è ricordare che la nostra visione del prossimo è sempre soggettiva e parziale: forse, l’ex compagna non è così felice della sua posizione, oppure per arrivarci ha dovuto sacrificarsi in altri ambiti», prosegue l’esperta.

«Così facendo, sbugiardiamo gli esiti del confronto e blocchiamo il rimuginio negativo che ne deriva. La seconda cosa è chiedersi perché sentiamo il bisogno di fare paragoni: ci servono conferme sul nostro valore, sulla nostra posizione sociale oppure sulla nostra piacevolezza?

Una volta individuato il “punto debole”, dobbiamo dimenticare gli altri e riportare l’attenzione su noi stessi, sulle nostre caratteristiche positive e sui nostri reali obiettivi di vita.

In questo può aiutarci chi ci vuole bene e può suggerirci pregi, capacità, relazioni, eventi passati e prospettive  future che non abbiamo contemplato, ma che servono a ridimensionare il pessimismo e a rafforzare l’autostima».


Se il confronto scatta in palestra ti ammali di più

Se fai un’attività fisica adeguata alla tua età e al tuo stato, ma ti percepisci più pigra rispetto alle persone simili a te, la tua salute non ne guadagna, anzi: peggiora. Lo rivela
uno studio dell’università americana di Stanford, appena pubblicato sulla rivista scientifica Health Psychology.

Forse, ipotizzano gli autori, scatta un effetto nocebo, che è il contrario di quello placebo. In pratica, temendo di non allenarti quanto gli altri e quindi di essere fuori forma,
finisci per stare male davvero. La soluzione? Ancora una volta, dire basta ai raffronti


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