Ice swimming, Giovanna Barletta: «Il gelo mi rende imbattibile»
Una passione che supera la paura del freddo. La vincitrice di tante medaglie dell’ice swimming ci racconta la sua esperienza di atleta estrema
La gara corre dentro l’acqua, e con il termometro che scende sotto i 5 gradi. Lo scorso gennaio si sono svolti per la prima volta in Italia (al lago di Molveno, Dolomiti del Brenta), i campionati mondiali di ice swimming, nuoto in acque fredde senza muta, che ha visto come protagonista Giovanna Barletta, classe 1965 e già una lunga e vittoriosa carriera nel nuoto in acque libere, sia in mare sia in lago aperto. E che, con i suoi estenuanti allenamenti e le sfide continue nelle competizioni più fredde e adrenaliniche che ci sono in questo sport, mantiene il sorriso di chi è gratificato dal mettere continuamente alla prova forza, resistenza e coraggio.
Starbene l’ha intervistata per scoprire come fa.
Giovanna Barletta, come è nata l’attrazione per il nuoto?
«Ho iniziato tardi. Tutto è cominciato quando mi sono trasferita dal Sud a Vimercate (Monza) per lavoro, prima di allora non avevo mai visto né una piscina né praticato uno sport. E qui, in Brianza, nel 1989 - avevo già 24 anni – mi sono iscritta a un corso amatoriale di nuoto per casalinghe. Ero una ragazza tutta pelle e ossa, digiuna di qualsiasi competenza ma “nata” per stare in acqua. Dopo neanche 12 mesi di pratica, infatti, mi hanno chiesto di entrare nella squadra Master di nuoto (l’agonistica per adulti) di Vimercate».
Cosa ti ha permesso di andare avanti?
«Ho iniziato ad allenarmi nel nuoto in acque libere, e lì sono stati 10 anni fantastici, di grandi soddisfazioni. I risultati sono arrivati subito, vincevo tante gare, in qualsiasi stile e su qualunque distanza. ll podio è stato una scossa, positiva, per me: ha cancellato la paura di tutto e di tutti che avevo all’inizio e mi ha dato l’energia per migliorarmi continuamente, sotto il profilo atletico e mentale».
Poi sei passata all’ice swimming...
«Nel 2022 ho preso parte alla Gran Fondo del Naviglio, 14 chilometri, partenza con temperatura dell’acqua a 20 gradi e arrivo in Darsena a 15. È stato qui che ho pensato di dover perfezionare le mie prestazioni in base anche ai cambiamenti del calore e delle correnti. Allora, mi sono avvicinata al mondo dell’ice swimming e non l’ho più lasciato».
Perché?
«Sono partita in quarta, la curiosità di sapere se ce l’avrei fatta (o meno) era incontenibile. Dopo neanche tre mesi di preparazione, nel 2022 ho partecipato ai mondiali di Glogow in Polonia, dove ho portato a casa 6 medaglie. Allora mi sono detta: “Ma sono fortissima, perché non continuare?”.
È l’autostima che mi ha portato a conoscere meglio il mio corpo, a vedere dove poteva arrivare. Per farlo crescere sono servite anche le sensazioni negative. Ancora oggi ricordo i primi campionati di Amsterdam: gara “brutale” (il lago è orrendo, le corsie inesistenti, zero confort per i partecipanti), ma superare un test così tosto mi ha dato una resilienza coriacea».
Ma come è stata la tua prima immersione nel freddo?
«L’acqua gelida è un tabù per tutti e io non sono certo diversa! Anche perché il corpo ha una temperatura di 36 gradi, tutto ciò che è sotto è avvertito come freddo. La prima volta che ho provato è stato al lago di Montorfano (Como): sono entrata e uscita subito, il dolore ai piedi era fortissimo, la paura di “morire” alle stelle. Ci ho riprovato subito, però. In fondo i compagni dell’ice swimming entravano e nuotavano: “Perché loro sì e io no?”, mi chiedevo.
E, di step in step (prima 3 minuti, poi 5 e via dicendo), mi sono convinta che è normale avvertire subito caldo e poi perdere la sensibilità alle estremità. Al di sotto dei cinque gradi il corpo si addormenta. Non lo senti più, toccandolo ti domandi: “Dove sono le mie gambe? Le mie braccia?”. Ma deve essere così, il cuore richiama il sangue dalla periferia, per difendere gli organi interni vitali! In ogni caso, il momento più delicato non è tanto l’ingresso in acqua quanto l’uscita».
La ripresa come avviene?
«Le prime volte tremavo come una foglia, adesso meno. Ma cerco di riscaldarmi il più in fretta possibile perché fuori dall’acqua il sangue torna alla periferia, ci si raffredda ancora di più e il rischio di ipotermia cresce. Quindi, via il costume in quattro e quattr’otto, indosso indumenti (compreso il cappello sui capelli bagnati) molto caldi, di tre taglie più grandi della mia. Per un semplice motivo: un corpo freddo brucia anche solo a sfiorarlo con la stoffa!
Poi, inizio a correre, saltare, fare movimento per rimettere in moto la circolazione. Invece niente bevande calde, con le mucose anestetizzate c’è il rischio di ustionarsi la bocca. Nel giro di un quarto d’ora, la circolazione riprende il suo flusso normale».
Ci si fa la pelle, insomma...
«Il fisico si deve abituare lentamente alle temperature più basse – infatti si scende in acqua con la scaletta, i tuffi sono vietati – e la durata dell’immersione va aumentata gradatamente. Con una preparazione adeguata, comunque, l’organismo pian piano si adatta e, in un certo senso, “memorizza” la situazione».
Il tuo training in cosa consiste?
«Due volte alla settimana faccio sessioni di workout in palestra e tutte le sere dalle 20 alle 21,30 come un normale nuotatore, perché le distanze sono quelle del nuoto standard. Poi, a partire dal mese di settembre, due volte alla settimana vado in una piscina posizionata a nord, dove l’acqua è tra i 2 e gli 0 gradi oppure vado al lago del Segrino, vicino a Como. Chiaramente l’allenamento non può essere troppo lungo (circa 20/25 minuti, mezz’ora al massimo) perché altrimenti si rischia il congelamento».
Ma non hai mai paura?
«L’ice swimming aumenta la fiducia in te stessa: se affronti le acque gelide, sai che sei in grado di affrontare qualsiasi sfida. Però, il lago, con quelle acque scure, mi impressiona ancora. Le sue traiettorie, che non sono lineari, possono portare a tempi più lunghi, quindi a una nuotata più faticosa e uno sforzo imprevedibile».
Ti alleni da sola?
«Macché, sempre in compagnia. È più stimolante, il gruppo ti trascina anche quando non ne hai voglia, ti fa sentire più sicura e l’allenamento rende di più».
A cosa guardi nel futuro?
«All’Antartide, con acque tra -0,8 e 2 gradi. Sì, sono vicina ai 60 anni ma il brivido che mi dà questo sport non ha età. Se la salute è dalla mia parte, vado avanti a oltranza».
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