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Donne e sport: scoprire l’agonismo dopo i 40 anni

Sono in continuo aumento le donne che si appassionano all’agonismo “da adulte”. In una competizione con se stesse, prima ancora che con le avversarie, dai tanti vantaggi. Come spiegano gli esperti

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Passati i 40 anni, secondo gli ultimi dati Istat più di una donna su tre pratica un’attività sportiva. E tantissime lo fanno ancora nel segno dell’agonismo, spesso scoperto proprio con l’ingresso negli “anta”.

Un processo che si innesca soprattutto con il running, che da “corsetta” al parco per tenersi in forma diventa una gara contro se stesse, il tempo e l’avversario, con l’adrenalina che sale prima della partenza, le lacrime di emozione all’arrivo e la soddisfazione della medaglia, anche solo quella di partecipazione.

Perché, indipendentemente dal livello, tutto diventa più stimolante, con indiscutibili vantaggi per il corpo e per la mente: «Il fatto di confrontarsi con gli altri migliora inequivocabilmente la prestazione e il rendimento psicofisico», conferma il dottor Andrea Franceschin, psicologo dello sport a Treviso e mental trainer di tanti atleti professionisti e non. «Una delle prime ricerche di psicologia dello sport, risalente agli inizi del Novecento, scoprì per esempio che sullo stesso percorso i ciclisti rendevano più in gara che in allenamento. Inoltre il raggiungimento degli obiettivi preposti, anche semplicemente arrivare in fondo a una maratona, migliora l’autostima, con una benefica ricaduta sull’umore e sulla capacità di stare in mezzo alla gente. L’adrenalina è un neurotrasmettitore che ha gli stessi effetti degli oppiacei: è una droga prodotta dall’organismo che ci fa stare meglio. Con i benefici che proseguono anche dopo la performance agonistica, quando il corpo si rilassa, il cervello per così dire “si spegne” e subentra quella piacevole sensazione di benessere che chi fa sport ben conosce».

Consideriamo allora alcuni tra gli sport più apprezzati in età matura, con le possibile sfide e i relativi vantaggi.

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Running: ci vuole un allenatore

La prima volta si esce un sabato mattina, prima di aver fatto la spesa. Una breve sgambata al parco, non più di 3 km di corsetta indossando una vecchia tuta e concludendo con relativo immancabile mal di schiena. Poi, il giorno dopo, ci si sente meglio e così si invita un’amica ad accompagnarci nelle uscite successive.

Il passo è breve: i 3 km diventano 5 e, dopo sei mesi, ci si iscrive a una “tapasciata”, termine gergale per indicare una gara intorno ai 10 km, spesso senza classifica ma che regala il brivido del primo pettorale con il numero, la prima partenza in mezzo a centinaia di persone e il primo traguardo, con marito incredulo e figli che applaudono.

A quel punto il dado è tratto e non si torna più indietro: «Scarpe da corsa, metodologie di allenamento, smartwatch che registrano i tempi e i battiti sono ormai oggetto di conversazione e discussione anche nei gruppi di amiche», conferma Francesco Munna, personal trainer a Milano. «Stabilire un obiettivo, avere voglia di misurarsi con il cronometro e con le distanze: tutto questo dà la motivazione giusta per migliorarsi giorno dopo giorno. Bisogna però farlo nel modo corretto, evitando errori e sovrallenamento: vale per tutti gli sport, ma soprattutto nel running uno stiramento o un problema articolare a 40 anni e oltre sono infatti sempre dietro l’angolo. Migliorare la prestazione significa quindi anche lavorare per prevenire gli infortuni: per questo è importante evitare il “fai da te” e chiedere consiglio a un preparatore atletico. Inoltre, è consigliabile allenarsi in gruppo, iscrivendosi a una delle tante associazioni, anche solo femminili, sparse in tutt’Italia. Serve come stimolo a migliorarsi sempre, ma anche a ricevere tanti utili consigli per non esagerare, rischiando così di compromettere tutto».

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Tennis: a vincere è soprattutto la testa

Per chi cerca avversari, esistono oggi siti e app che consentono di trovarne del proprio livello e che organizzano tornei, anche femminili, nelle varie zone d’Italia.

Un indirizzo giusto è per esempio oratennis.com, di cui Giordano Giulian è l’inventore e il gestore: «Il brivido del match cambia completamente l’approccio a questo sport, per il quale dopo una certa età serve molto più la testa delle gambe. Dei nostri 25.000 iscritti le donne sono oggi poco meno del 10% del totale, ma il loro numero è in continua crescita. Quasi tutte tenniste “over 40” che passano dal giocare il doppio con le amiche al cercare un’occasione per mettersi alla prova nei tornei. Tra l’altro, il bello del tennis sta proprio nel fatto che ci si allena giocando e quindi la partita è il modo per mantenersi in forma e per scaricare lo stress».

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Bici: bisogna “farsi la gamba”

Le granfondo di ciclismo vedono sulla linea di partenza molte migliaia di ciclisti dilettanti, pronti a coprire fino a 130 km di percorso con almeno 2.000 m di dislivello positivo, cioè di salite.

«Il numero di gare di questo tipo è in costante crescita», afferma Luigina Liotto, che fa parte del Comitato organizzatore della Granfondo di Vicenza, una delle più note in Italia. «Il 30% degli iscritti a queste gare è ormai rappresentato da donne: un terzo di loro punta alla classifica finale, mentre per le altre è importante divertirsi e arrivare al traguardo, senza rinunciare a punzecchiare le amiche che lo tagliano dopo di loro».

Per “fare la gamba”, come dicono nel ciclismo, serve un allenamento di diversi mesi, uscendo 2-3 volte la settimana secondo tabelle da valutare con un esperto e curando l’alimentazione. Dopo di che si può pensare a iscriversi alle prime gare. Scoprendo presto che l’abitudine a impegnarsi per arrivare in fondo insegnerà a dare il massimo anche sul lavoro e più in generale nella vita.

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Golf: una sfida “numerica”

La voglia di agonismo può essere ampiamente soddisfatta anche se si gioca a golf.

«Lavoro in un circolo che organizza tre tornei alla settimana e un totale di 140 tornei all’anno, alcuni riservati a un circuito femminile», conferma Michele Rigone, istruttore al Golf Club Lecco. «A partecipare sono soprattutto donne con più di 40 anni, che assai spesso sono più libere dalla gestione dei figli e hanno perciò più tempo per giocare. I premi finali sono irrisori, ma le gare sono comunque molto sentite. In questo caso l’adrenalina è data non tanto dal confronto con le avversarie, ma soprattutto dalla sfida con se stesse e con il “par” del campo, cioè il numero ideale di colpi che servono per concludere una buca. E se la competizione regala molti stimoli, camminare per ore all’aria aperta fa bene alla salute del corpo e rilassa la mente».

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Sci: serve tanta determinazione

Esiste un circuito di gare master, organizzato dalla stessa Fisi (la Federazione italiana sport invernali), che vede molte donne tra gli iscritti.

Per passare dalle sciate del weekend all’attività agonistica servono passione e tanta motivazione: «È proprio la determinazione a fare la differenza nelle gare master», afferma Omar Longhi, maestro della Evolution Ski School del Passo del Tonale (Brescia) e allenatore delle categorie sopra i 40 anni. «In molti casi queste sciatrici conoscono i materiali addirittura meglio dei maestri, si sobbarcano lunghe trasferte ogni fine settimana, non temono piste ghiacciate o neve fresca, seguono una dieta rigida tutto l’anno e si impegnano in una preparazione atletica a secco molto severa durante la settimana. A loro non basta disegnare bene le curve, rilassarsi, respirare aria pulita e godersi il panorama. L’obiettivo, e la relativa eccitazione, sta nel superare le avversarie per pochi centesimi: una soddisfazione che stimola a impegnarsi per fare sempre meglio. L’esperienza da allenatore mi fa poi aggiungere che i risultati, oltre a qualche coppetta, fanno conquistare sicurezza anche nella vita, soprattutto se si sono già superati i 50 anni e magari si sta affrontando la crisi della mezza età. La capacità di reagire alle situazioni in pista si trasforma così in quella di affrontare senza timori le sfide del quotidiano».

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Volley: ci si allena a fare squadra

Tra gli sport di squadra la pallavolo trova grandissimo apprezzamento in ambito femminile. E la voglia di iscriversi a un campionato può essere soddisfatta con i tornei proposti dal Csi (Centro sportivo italiano).

«È un’associazione senza scopo di lucro, fondata sul volontariato, che promuove la pratica sportiva in tutti i suoi aspetti, favorendo soprattutto l’aggregazione sociale», spiega Fabio Pini, segretario generale della sezione di Milano. «Solo nella nostra metropoli abbiamo un campionato amatoriale femminile aperto a giocatrici di età superiore ai 20 anni, con quasi 150 iscritte di età superiore ai 40». A volte madre e figlia giocano nella stessa squadra, altre volte ci sono team volontariamente composti solo da chi ha superato gli “anta”.

«Al di là dei benefici fisici, in primis elasticità articolare e tono muscolare, è la vita di spogliatoio a fare la differenza: più le donne si impegnano per il risultato (senza mai superare, però, i confini del divertimento), più si cementa lo spirito di squadra e la condivisione con le compagne. Che poi diventa solidarietà femminile anche nella vita quotidiana», conclude Fabio Pini.

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Le italiane sono sempre più sportive

Secondo l’ultimo rapporto Istat sulla pratica sportiva in Italia, che ha comparato i dati 2006 con quelli del 2015, tra le donne si è registrato un generale aumento dei praticanti, in particolare nella fascia 45-54 anni (+ 7%), 60-64 anni (+ 7,2%) e 65-74 anni (+ 7,8%).

I numeri indicano una netta tendenza all’aumento della percentuale di sportive da una generazione all’altra. Per esempio, si è passati dal 9,3% per le 50-54 enni nate tra il 1946 e il 1955 al 15,6% per quelle appartenenti alla decade tra il 1956 e il 1965.

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I controlli medici obbligatori

L’attività sportiva è formalmente distinta tra amatoriale (per chi non è tesserato con alcuna Federazione affiliata al Coni e pratica per puro divertimento), non agonistica (per chi non ha alcuna tessera ma fa sport in palestre o con società affiliate) e agonistica (per gli sportivi iscritti alle varie Federazioni).

Se il livello più basso di pratica non esige alcun obbligo di visita medica (comunque suggerita dai 40 anni in su), l’attività non agonistica e agonistica obbligano l’atleta a presentare un certificato redatto da medici dello sport presso gli ambulatori delle Asl o in centri privati.

Gli esami comprendono una visita, la misurazione della pressione, l’elettro cardiogramma a riposo. Per gli agonisti si aggiungono l’esame delle urine, la prova di funzionalità respiratoria e l’ecg sotto sforzo su cicloergometro.


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Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 16/10/2018

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