Un recente studio promosso dal Cancer Research UK, potrebbe costituire il primo passo verso l’introduzione dell’esercizio fisico nel programma di trattamento per il tumore alla prostata, ovvero nei casi in cui si verifica una crescita incontrollata delle cellule presenti all’interno di quella ghiandola che produce una parte del liquido seminale rilasciato dall’uomo durante l'eiaculazione.
Nello specifico, lo studio PANTERA, condotto dalla Sheffield Hallam University, si è prefissato l’obiettivo di monitorare 50 uomini affetti da tumore alla prostata non metastatico, coinvolgendo metà del gruppo nella pratica di due ore e mezza di esercizio aerobico alla settimana per i successivi 12 mesi (inizialmente con il supporto di un istruttore qualificato e poi con libero accesso alla palestra), e l’altra metà tramite la semplice fornitura di una serie di informazioni relative ai vantaggi dell’attività fisica per i malati di cancro.
Considerando che il tumore alla prostata non metastatico talvolta è trattato con la chirurgia o la radioterapia, entrambi interventi invasivi e dagli innumerevoli effetti collaterali, non è raro che i pazienti decidano di optare per la sorveglianza attiva, ovvero per un sistema di trattamento che preveda un costante monitoraggio della malattia.
Proprio con la finalità di osservare i vantaggi della sorveglianza attiva sommati ai benefici derivati dalla pratica sportiva, i ricercatori hanno deciso di effettuare questo studio e verificare così se l'esercizio fisico possa effettivamente impedire la diffusione del tumore alla prostata e costituire quindi un trattamento sanitario praticabile.
«Le evidenze scientifiche suggeriscono che gli uomini che si mantengono fisicamente attivi a seguito di una diagnosi di tumore alla prostata, beneficino di una maggior tasso di sopravvivenza rispetto ai pazienti inattivi – commenta il dottor Liam Bourke, direttore della ricerca presso la Sheffield Hallam University – Seppur non risulti ancora chiaro in quali termini, sembrerebbe che l'esercizio fisico influenzi l’attività di alcuni dei geni che regolano la crescita delle cellule tumorali e la riparazione del DNA».
«Il nostro team ha lavorato duramente per otto anni al fine di sviluppare il programma attualmente in fase di sperimentazione in questo studio – prosegue il dottor Bourke – L’obiettivo è scoprire se l'esercizio fisico possa costituire un valido ed efficace trattamento per il tumore alla prostata localizzato».
«La pratica costante di un’attività fisica è un bene per tutti noi, anche se non abbiamo il cancro, ma questo studio potrebbe aiutare a scoprire se lo sport costituisca effettivamente un trattamento aggiuntivo per alcuni pazienti affetti da tumore alla prostata – aggiunge il professor Malcolm Mason dal Cancer Research UK – Concentrandosi sui pazienti che hanno scelto di trattare la malattia con la sorveglianza attiva, sarà possibile monitorare gli effetti dell'esercizio fisico sul cancro alla prostata, facendo luce sul potenziale di cui dispone lo sport in qualità di terapia supplementare anche per altri tipi di cancro».
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