ZELBORAF 56CPR RIV 240MG -Avvertenze e precauzioni

ZELBORAF 56CPR RIV 240MG Controindicazioni Posologia Avvertenze e precauzioni Interazioni Effetti indesiderati Gravidanza e allattamento Conservazione

Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato. In pazienti con tumori che esprimono mutazioni rare del BRAF, diverse da V600E e V600K, l’efficacia e la sicurezza di vemurafenib non sono state dimostrate in modo convincente (vedere paragrafo 5.1). Vemurafenib non deve essere usato in pazienti con melanomi maligni BRAF “ceppo selvatico” (wild-type). Reazione di ipersensibilità Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità associate a vemurafenib, compresa l’anafilassi (vedere paragrafi 4.3 e 4.8). Tra le reazioni di ipersensibilità severe possono essere incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione. In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib. Reazioni dermatologiche Durante lo studio clinico registrativo, nei pazienti trattati con vemurafenib sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Reazioni al farmaco, con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS), sono stati osservati in associazione a vemurafenib, successivamente alla commercializzazione (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, il trattamento con vemurafenib deve essere definitivamente interrotto. Potenziamento della tossicità da radiazioni In pazienti trattati con radioterapia, prima, durante o successivamente al trattamento con vemurafenib, sono stati osservati casi di reazioni da richiamo e di sensibilizzazione da radiazioni. La maggior parte dei casi erano di natura cutanea, ma alcuni casi che hanno visto l’interessamento di organi viscerali, hanno avuto esito fatale (vedere paragrafi 4.5 e 4.8) Vemurafenib deve essere usato con cautela quando somministrato in concomitanza o successivamente a radioterapia. Prolungamento dell’intervallo QT Un prolungamento dell’intervallo QT, dipendente dall’esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, su pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico (vedere paragrafo 4.8). Il prolungamento dell’intervallo QT può tradursi in un aumento del rischio di aritmie ventricolari, compresa la Torsione di punta. Il trattamento con vemurafenib va evitatoin pazienti con anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) non correggibili, sindrome del QT lungo, oppure che stanno assumendo medicinali noti per allungare l’intervallo QT. In tutti i pazienti, si devono monitorare l’elettrocardiogramma (ECG) e gli elettroliti (compreso il magnesio), prima del trattamento con vemurafenib, dopo un mese di trattamento e dopo la correzione della dose. In particolare, nei pazienti con compromissione epatica da moderata a severa, si raccomanda un ulteriore monitoraggio, con cadenza mensile durante i primi 3 mesi di trattamento, successivamente ogni 3 mesi o con frequenza maggiore se dettato da necessità cliniche. Non si raccomanda di iniziare un trattamento con vemurafenib in pazienti con QTc>500 millisecondi (ms). Se durante il trattamento il QTc supera 500 ms, si deve interrompere temporaneamente il trattamento con vemurafenib, correggere le anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) e controllare i fattori di rischio cardiaci per il prolungamento dell’intervallo QT (ad es., insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie). Il trattamento deve essere ripreso una volta che il QTc sarà sceso al di sotto di 500 ms, e ad una dose inferiore, come descritto nella Tabella 2. Nel caso in cui l’aumento del tratto QTc abbia un valore sia >500 ms che >60 ms rispetto ai valori pre-trattamento, si raccomanda di interrompere definitivamente la somministrazione di vemurafenib. Reazioni oftalmologiche Sono state osservate gravi reazioni oftalmologiche, comprese uveite, irite e occlusione della vena retinica. I pazienti devono essere monitorati periodicamente per individuare eventuali reazioni oftalmologiche. Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC) In pazienti trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di cuSCC (compresi quelli classificati come cheratoacantoma o cheratoacantoma sottotipo misto) (vedere paragrafo 4.8). Su tutti i pazienti, si raccomanda di effettuare una valutazione dermatologica prima di iniziare la terapia e di monitorarli routinariamente durante il trattamento. Ogni eventuale lesione cutanea sospetta deve essere asportata, sottoposta a valutazione dermatopatologica e trattata secondo gli standard di assistenza in vigore a livello locale. Il medico che ha effettuato la prescrizione deve esaminare il paziente per cuSCC, durante il trattamento, con cadenza mensile e fino ai sei mesi successivi alla sospensione della terapia. Nei pazienti che sviluppano cuSCC, si raccomanda di continuare il trattamento senza correzione della dose. Il monitoraggio deve continuare per i 6 mesi successivi all’interruzione di vemurafenib o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica. I pazienti devono essere istruiti a informare il medico nel caso in cui dovessero verificarsi alterazioni cutanee. Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC) In studi clinici, dove i pazienti sono stati trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di non-cuSCC. I pazienti devono essere sottoposti all’esame della testa e del collo, consistente in almeno un’ispezione visiva della mucosa orale e nella palpazione dei linfonodi, prima di cominciare il trattamento e ogni 3 mesi durante il trattamento. Inoltre, i pazienti devono essere sottoposti a scansione mediante Tomografia Computerizzata (TC) del torace, prima del trattamento e ogni 6 mesi durante il trattamento. Si raccomandano esami anali e pelvici (per le donne) prima e alla fine del trattamento o quando considerato clinicamente indicato. Successivamente alla sospensione di vemurafenib, il monitoraggio di non-cuSCC deve continuare per un massimo di 6 mesi o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica. I rilevamenti anomali devono essere gestiti secondo la pratica clinica. Nuovo melanoma primario Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari. I casi sono stati gestiti mediante asportazione locale e i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose. Per il carcinoma cutaneo a cellule squamose, il monitoraggio delle lesioni cutanee deve essere effettuato come descritto in precedenza. Altri tumori Sulla base del meccanismo d’azione, vemurafenib può causare progressione di tumori associati alle mutazioni di RAS (vedere paragrafo 4.8). In pazienti con un pregresso o concomitante tumore, associato alla mutazione di RAS, occorre considerare attentamente i benefici e i rischi prima della somministrazione di vemurafenib. Pancreatite In soggetti trattati con vemurafenib, sono stati osservati casi di pancreatite. Un dolore addominale di eziologia non certa, deve essere prontamente indagato (anche con la misurazione di amilasi e lipasi nel siero). I pazienti devono essere strettamente monitorati quando riprendono il trattamento con vemurafenib, dopo un episodio di pancreatite. Danni epatici Con vemurafenib, sono stati segnalati casi di danno epatico, inclusi casi di danno epatico severo (vedere paragrafo 4.8). Si devono misurare gli enzimi epatici (transaminasi e fosfatasi alcalina) e la bilirubina, prima di cominciare il trattamento e monitorare, con cadenza mensile, durante il trattamento o, comunque, in accordo alle necessità cliniche. Le anomalie nei risultati di laboratorio devono essere gestite mediante riduzione della dose, sospensione del trattamento o con la definitiva interruzione del trattamento (vedere paragrafi 4.2 e 4.8). Tossicità renale Con vemurafenib è stata osservata tossicità renale, da un aumento della creatinina sierica fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta. La creatinina sierica deve essere misurata prima dell’inizio del trattamento e monitorata durante il trattamento, in accordo alle necessità cliniche (vedere paragrafi 4.2 e 4.8). Compromissione epatica Nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. I pazienti con compromissione epatica lieve, dovuta a metastasi epatiche, senza iperbilirubinemia, possono essere monitorati secondo le raccomandazioni generali. Sono disponibili solo dati molto limitati in pazienti con compromissione epatica da moderata a severa. I pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possono incorrere in un’aumentata esposizione (vedere paragrafo 5.2). Pertanto è necessario un attento monitoraggio, in particolare dopo le prime settimane di trattamento, perché si può verificare un accumulo in un periodo di tempo prolungato (diverse settimane). Si raccomanda, inoltre, il monitoraggio con ECG, a cadenza mensile durante i primi tre mesi. Compromissione renale Nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. Sono disponibili solo dati limitati in pazienti con compromissione renale severa (vedere paragrafo 5.2). Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con compromissione renale severa, che devono essere monitorati attentamente. Fotosensibilità In pazienti a cui è stato somministrato vemurafenib, negli studi clinici, e stata osservata fotosensibilità, da lieve a severa (vedere paragrafo 4.8). A tutti i pazienti deve essere consigliato di evitare l’esposizione al sole durante la terapia con vemurafenib. Durante la terapia con il medicinale, ai pazienti deve essere consigliato di indossare indumenti protettivi e di utilizzare una protezione solare ad ampio spettro contro gli ultravioletti A (UVA)/ultravioletti B (UVB) e burro di cacao per le labbra (fattore di protezione ≥ 30), quando si trovano all’aperto, per proteggersi dalle scottature solari. Per fotosensibilità di grado 2 (intollerabile) o maggiore, si consiglia di apportare modifiche alla dose (vedere paragrafo 4.2). Contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare Con l’utilizzo di vemurafenib sono stati segnalati casi di contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare. La maggior parte dei casi è stata di severità da lieve a moderata, ma sono stati segnalati anche casi di contrattura di Dupuytren severi ed invalidanti (vedere paragrafo 4.8). Gli eventi devono essere gestiti attraverso una riduzione della dose, con la sospensione temporanea o l’interruzione definitiva del trattamento (vedere paragrafo 4.2). Effetti di vemurafenib su altri medicinali Vemurafenib può aumentare l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP1A2 e diminuire l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP3A4. L’uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati da CYP1A2 e CYP3A4 con ridotte finestre terapeutiche, non è raccomandato. Per i medicinali prevalentemente metabolizzati mediante CYP1A2 o CYP3A4, si devono considerare correzioni della dose, sulla base delle loro finestre terapeutiche, prima di trattare in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafi 4.5 e 4.6). Quando si usa vemurafenib in concomitanza con warfarin, fare attenzione e considerare l’ipotesi di effettuare un ulteriore monitoraggio dell’INR (rapporto internazionale normalizzato). Vemurafenib può aumentare l'esposizione plasmatica di medicinali che sono substrati della P-gp (glicoproteina-P). Quando vemurafenib viene somministrato in concomitanza con substrati della P-gp, occorre prestare cautela. Può essere considerata una riduzione della dose e/o un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali, con ristretto indice terapeutico, substrati della P-gp (NTI) (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren), quando tali medicinali sono usati in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafo 4.5). Effetti di altri medicinali su vemurafenib La somministrazione concomitante di forti induttori di CYP3A4, P-gp e glucoronidazione (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina o erba di San Giovanni [ipericina]), deve essere evitata, quando possibile, perchè può portare ad una ridotta esposizione di vemurafenib (vedere paragrafo 4.5).Per mantenere l’efficacia di vemurafenib, si deve considerare un trattamento alternativo provvisto di minore potenziale di induzione. Deve essere usata cautela quando vemurafenib viene somministrato con forti inibitori del CYP3A4/P-gp. II pazienti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2). Co-somministrazione con ipilimumab In uno studio di Fase I, a seguito della co-somministrazione di ipilimumab (3 mg/kg) e vemurafenib (960 mg BID or 720 mg BID), è stato osservato l’aumento asintomatico di grado 3 delle transaminasi (ALT/AST >5x ULN) e della bilirubina (bilirubina totale >3x ULN). Sulla base di questi dati preliminari, la somministrazione di ipilimumab e vemurafenib non è raccomandata.

Farmaci

ROCHE SpA

ZELBORAF56CPR RIV 240MG

PRINCIPIO ATTIVO: VEMURAFENIB

PREZZO INDICATIVO:3.425,81 €