Doping (diretto e indiretto)
Secondo la definizione ufficiale, si parla di doping per qualsiasi “metodo o sostanza vietati, usati al fine di modificare la prestazione dell’atleta”. È interessante notare come si è arrivati a questa definizione: all’inizio vi era solo la parte finale della frase, ovvero contava solo il fatto che si modificasse la prestazione, ma in seguito sono […]
Secondo la definizione ufficiale, si parla di doping per qualsiasi “metodo o sostanza vietati, usati al fine di modificare la prestazione dell’atleta”.
È interessante notare come si è arrivati a questa definizione: all’inizio vi era solo la parte finale della frase, ovvero contava solo il fatto che si modificasse la prestazione, ma in seguito sono state poste ragionevoli eccezioni. In effetti, non si potevano considerare realmente illecite tutte le sostanze: basti pensare ai nutrienti, che possono interferire positivamente sulla performance consentendo di non avere cali delle prestazioni in conseguenza di sete o fame, ma che non si possono certo considerare doping. Altra importante eccezione riguarda i farmaci antinfiammatori (FANS), che potrebbero modificare il rendimento riducendo gli effetti negativi nel caso di una sollecitazione violenta o ripetuta, come accade in alcune specialità sportive. La definizione originaria si è quindi irrigidita con la creazione di un elenco di sostanze o metodi vietati, in modo da evitare malintesi. In realtà di questi malintesi ne sono poi sorti molti, come conseguenza dell’evoluzione scientifica che sintetizza nuove sostanze, con effetti conosciuti o nuovi, che hanno notevoli ripercussioni sulla performance.
Alla luce di ciò, l’unica strada è così diventata quella di revisionare continuamente e aggiornare attentamente l’elenco delle sostanze che possono intendersi come “dopanti”: periodicamente (ogni 6 mesi) l’elenco viene modificato e gli allenatori, o i medici o l’atleta stesso, possono informarsi tramite il sito www.coni.it o quello internazionale della WADA (World Anti Doping Agency). L’Italia, col suo nuovissimo laboratorio, è diventata la seconda nazione al mondo (dopo gli USA) per numero di controlli (12.000 l’anno).
Come si può modificare la prestazione
Una prestazione si può modificare ricorrendo all’impiego di particolari sostanze oppure seguendo determinati metodi che implicano generalmente la manipolazione del sangue.
Le sostanze dopanti sono divise in cinque categorie:
- 1. stimolanti e sostanze correlate;
- 2. narcotici e sostanze correlate;
- 3. anabolizzanti e sostanze correlate;
- 4. diuretici e sostanze correlate;
- 5. ormoni peptidici (e affini) e sostanze correlate.
Con la dicitura sostanze correlate si intendono molecole riferibili alla classe in questione in virtù di una loro azione farmacologica o di una determinata struttura chimica.
Esistono sostanze soggette a restrizione d’uso, che cioè possono essere utilizzate solo a dosi controllate (alcol, b2-agonisti, cortisone e altre): si tratta di elementi di uso frequente, che hanno un basso impatto sulla prestazione.
Per quanto riguarda i metodi che possono alterare una prestazione, questi sono invece l’autoemotrasfusione o la manipolazione farmacologica, chimica o fisica del sangue. Essi consistono essenzialmente in un generoso prelievo di sangue, che viene poi re-iniettato in modo da avere un patrimonio di globuli rossi molto superiore; questa manovra può prevedere anche l’arricchimento in ossigeno del sangue da re-iniettare.
Tipologie di sostanze dopantie loro effetti sulla prestazione
Stimolanti Possono aumentare l’eccitabilità neurologica o ridurre la percezione della fatica; più specificamente possono aumentare la velocità dei riflessi, la rapidità dei movimenti volontari e consentire il mantenimento di uno sforzo massimale oltre i propri limiti.
Narcotici Possono sedare o attenuare la tensione periferica; segnatamente, si usano per ridurre la tensione nervosa o per sopportare dolori diversamente invalidanti.
Anabolizzanti Possono aumentare il volume muscolare e osseo; vengono usati prevalentemente per aumentare la forza, ma hanno anche la potenzialità di aumentare la resistenza agli sforzi massimali.
Diuretici Possono forzare l’eliminazione di acqua tramite l’urina. Il loro interesse sta nella possibilità di ridurre forzatamente il peso corporeo, ragione per cui vengono usati in quelle discipline nelle quali l’atleta deve rientrare in un determinato peso. I diuretici sono inoltre vietati anche perché possono “mascherare” la presenza nelle urine di altre sostanze illecite.
Ormoni peptidici e affini Si tratta di una variegata categoria farmacologica nella quale vengono inclusi ormoni con effetto stimolante sul metabolismo e sulla produzione di ormoni con effetto di aumento della massa muscolare (effetto anabolizzante) o sulla genesi di nuove cellule. In questo vasto gruppo di sostanze entrano molte molecole che hanno potenzialità diverse, dalla promozione della crescita a quella della sintesi di globuli rossi o dell’assorbimento di nutrienti.
Esempi di doping in alcune discipline sportive
- ▪ Un velocista (poco importa se impegnato nella corsa, in bicicletta, nel nuoto o in altre attività, l’esempio si applica a tutti i casi in cui la velocità è elemento determinante della prestazione) potrebbe assumere sostanze illecite appartenenti a tre diverse categorie:
- 1. anabolizzanti per avere più forza, ovvero per coprire a ogni movimento una maggiore distanza;
- 2. ormoni peptidici per sopportare carichi di allenamento altrimenti intollerabili e per favorire l’azione degli agenti anabolizzanti;
- 3. stimolanti, in particolare nel momento della gara, per esprimere più delle sue reali capacità.
- ▪ Un fondista (poco importa se nella corsa a piedi, in bicicletta, sugli sci o in altre discipline, l’elemento fondamentale della prestazione è in questo caso la resistenza) potrebbe assumere:
- 1. ormoni peptidici (per esempio l’eritropoietina) per avere a disposizione nel sangue un maggior numero di globuli rossi, quindi più ossigeno da far arrivare ai muscoli, in ultima analisi maggiore resistenza allo sforzo;
- 2. agenti anabolizzanti per aumentare la forza, per esempio in periodi particolari di allenamento;
- 3. farmaci stimolanti per poter condurre una gara oltre i propri limiti.
- ▪ Chi pratica sport del tipo stop and go (calcio, basket, hockey e altre discipline in cui è importante la capacità di rispondere con scatti repentini e azioni sportive impegnative ripetute) potrebbe usare:
- 1. anabolizzanti e ormoni peptidici, con gli stessi scopi dei velocisti;
- 2. stimolanti per la gara (non è raro l’uso anche della cocaina) per ottenere più “grinta” e amplificare i propri riflessi a livelli elevati.
- ▪ Un tiratore (arco, pistola, fucile) potrebbe ricorrere a b-bloccanti (che non rientrano in nessuna delle categorie citate ma hanno una loro propria nicchia di impiego) per non avere tremori e aumentare quindi la stabilità degli arti e la precisione.
- ▪ Un lottatore (pugile, judoka, kick-boxer o altro) potrebbe assumere:
- 1. anabolizzanti per aumentare la forza necessaria all’azione di lotta;
- 2. ormoni peptidici per sopportare allenamenti più pesanti e aumentare l’azione degli anabolizzanti;
- 3. diuretici, immediatamente prima della “pesatura”, per rientrare in una categoria di peso inferiore a quello reale della propria massa muscolare e scheletrica.
- ▪ Chi pratica discipline di concentrazione (piloti, golfisti, apneisti o altro) potrebbe assumere, in base alla propensione o al particolare momento:
- 1. b-bloccanti per ottenere la massima “quiete” fisica;
- 2. stimolanti per esacerbare la competitività, a scapito della precisione.
- ▪ Qualunque atleta infortunato o affetto da problemi che comportano la presenza di forte dolore potrebbe usare analgesici per poter condurre una gara che altrimenti verrebbe resa impossibile proprio dalla presenza del dolore.
- ▪ Qualunque atleta con disturbi respiratori contingenti potrebbe assumere farmaci antiasmatici del tipo dei broncodilatatori (che rientrano nella categoria degli stimolanti) per riuscire a ventilare al meglio e quindi aumentare la disponibilità di ossigeno a livello dei muscoli. Esiste la possibilità, per chi fosse affetto da patologie che richiedono necessariamente l’uso di farmaci considerati dopanti, di richiedere un’esenzione per uso terapeutico, da sottoporre agli organismi deputati al controllo antidoping, in accordo con gli standard internazionali dichiarati dalla WADA.
Perché alcuni farmaci sono vietati agli sportivi e considerati pericolosi?
I motivi sono prevalentemente due, uno clinico e uno etico; in ogni caso basterebbe il primo, con i correlati gravi rischi per la salute, per giustificare ampiamente il divieto dell’impiego di sostanze dopanti nello sport.
Per quanto riguarda gli effetti nocivi sulla salute, gli anabolizzanti possono portare a malattie cardiache o circolatorie aumentando il livello del colesterolo-LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e favorendo, quindi, la formazione della placca aterosclerotica; un’alterazione sicura, comunque, è l’aumento forzato dello spessore della parete del cuore, che predispone chi fa uso di queste sostanze a malattie cardiache in misura decisamente più elevata rispetto a chi non ne fa uso.
Gli stimolanti aumentano l’aggressività e possono far perdere la necessaria lucidità nella vita di ogni giorno; ancora più preoccupanti sono i loro effetti distorsivi sulla conduzione degli impulsi che determinano e controllano la contrazione ritmica del cuore, cosa che aumenta il rischio di aritmie che possono essere assai delicate da gestire e in alcuni casi fatali.
In ultima analisi, il rischio di cancro o di malattie da aterosclerosi è reale, ma si devono considerare non tanto i casi di morte quanto quelli, assai più frequenti, di invalidità che insorgono in conseguenza dell’uso di sostanze dopanti. Il principio della lotta al doping è allora quello di impedire che per qualsiasi motivo un atleta possa arrecarsi danno, consapevolmente o no.
Il secondo motivo per cui il doping è vietato agli sportivi è di ordine etico: non è infatti giusto che vi siano alcuni soggetti che usando sostanze proibite vanno a migliorare la loro prestazione, alterando quindi il proprio valore e facendo perdere il significato stesso del termine gara, che dovrebbe indicare un confronto con pari mezzi e condizioni.
Quali sono i fattori che portano gli atleti a impiegare sostanze dopanti?
I fattori coinvolti nel fenomeno della diffusione del doping sportivo sono diversi.
Si potrebbe cominciare osservando che, fin da bambini, ci vengono indicati esempi di fumetti o personaggi mitologici che acquistano poteri sovrumani grazie a pozioni da bere o nelle quali essere immersi.
Un’altra considerazione preliminare da fare riguarda il fatto che il desiderio di primeggiare può spingere alcuni a scelte estreme.
Sarebbe bene inoltre tenere presente che quando gli atleti sono dopati lo spettatore assiste a prestazioni eccezionali e che ciò favorisce il movimento di denaro attorno allo sport; è vero anche che gli atleti sono sottoposti a ritmi massacranti e non è possibile mantenere prestazioni massimali senza l’adeguato riposo.
La professione degli sportivi professionisti, nei casi appena citati, è l’agonismo, e a fronte di sport in cui le garanzie di reddito sono rassicuranti esistono altri sport in cui, per ottenere un compenso decente, si è sottoposti a condizioni di allenamento e di gara non tollerabili.
Perché l’industria farmaceutica produce questi farmaci?
La maggior parte dei farmaci compresi nell’elenco delle sostanze proibite dalla WADA è prodotto per curare malattie: si tratta infatti di prodotti che per alcuni tipi di pazienti sono assolutamente necessari.
Si considerino, per esempio, l’ipertensione o le aritmie cardiache, sovente trattate con b-bloccanti, oppure gli stati di carenza di secrezione di testosterone o GH (anabolizzanti) che vengono trattate proprio grazie alla disponibilità in commercio di ormoni prodotti in modo sintetico.
Ancora, esistono forme di anemia grave che solo l’eritropoietina può risolvere, o una percentuale elevata di pazienti affetti da asma bronchiale per la quale i broncodilatatori rappresentano il solo mezzo per avere una vita tollerabile.
I casi citati sono alcuni dei numerosi esempi di farmaci vitali per alcuni e, al tempo stesso, utilizzati illecitamente dagli atleti.
A caccia di sostanze nuove
L’altra faccia della medaglia, nel rapporto tra doping e industria farmaceutica, riguarda i farmaci prodotti con il preciso scopo di essere impiegati come sostanze dopanti: da questo punto di vista, esistono laboratori che ricercano molecole con l’unico scopo di fornire agli atleti mezzi per migliorare illegalmente la propria prestazione.
Nel 2004, per esempio, venne squalificato un lanciatore del peso statunitense per uso di THG, una sostanza fino a quel momento sconosciuta e solo in conseguenza di quell’episodio inclusa nell’elenco: a rigore, però, si trattava di una molecola non vietata perché sconosciuta, quindi il suo uso non era perseguibile; un imbarazzante aspetto formale!
Quali metodi esistono per impedire il doping?
Il metodo vero è la cultura: se tutti avessero un’etica professionale vera, se i media smettessero di caricare di insensata popolarità alcuni atleti, se l’amatore capisse che voler battere a tutti i costi, anche con l’impiego di sostanze proibite, il vicino di casa più bravo di lui non porta altro che rischi per la salute, il fenomeno doping non esisterebbe.
In attesa di questa ipotetica condizione, il sistema più adottato è quello coercitivo: controlli frequenti e punizioni severe.
In molti Paesi il doping è reato penale: in altre parole, non c’è solo la squalifica ma anche una sanzione detentiva per i corresponsabili, medici, preparatori, staff di supporto all’atleta dopato.
Da pochi anni è stato costituito un organismo internazionale (WADA), svincolato dalle federazioni sportive, che opera al solo fine di garantire limpidezza ed equità nello sport. Imbarazzanti le enormi differenze di squalifiche comminate ad atleti di diversi sport trovati positivi alla stessa sostanza (per esempio il nandrolone, un anabolizzante).
C’è ancora molto da fare, specie per sport che hanno enormi interessi economici, ma la strada può rivelarsi quella giusta. Alcune federazioni internazionali affiancano la WADA eseguendo controlli a sorpresa o imponendo controlli sul sangue (non solo sulle urine) ai propri affiliati.
Una di queste associazioni, la UCI (per il settore del ciclismo), pretende un esame del sangue ogni tre mesi, con la sanzione della sospensione per gli atleti che non rispettano questa regola.
Quale potrebbe essere il futuro di questo fenomeno?
In attesa della sua scomparsa, si teme che la sintesi di sostanze a oggi sconosciute possa essere uno degli sviluppi. Un’altra inquietante prospettiva, della quale si sa pochissimo, è quella del “doping genetico”, che consisterebbe in una manipolazione dei geni dell’atleta atta a modificarne il corredo genetico per ottenere caratteristiche diverse; sull’animale alcuni esperimenti sono già stati fatti sul fronte della miostatina, che regola la massa muscolare. [N.S.]