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Come disintossicarsi dal cellulare: i locali e i ristoranti in cui lo smartphone si spegne

Crescono, in Italia, i ristoranti e i locali “tech-free”, che aiutano ad allentare la morsa dell’iperconnessione

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Non riesci a staccarti dallo smartphone neanche a tavola? Non sei certo un caso isolato: il 34% degli Italiani (rapporto Agi-Censis) tra un boccone e l’altro cede alle lusinghe di notifiche e messaggini. E se 7 su 10 dichiarano di fare un uso continuativo del cellulare, il 22% degli intervistati ha la consapevolezza di esserne dipendente.

Così, per arginare le abbuffate online si moltiplicano le iniziative detox: una vera e propria tendenza che porta sempre più locali ed eventi a proporre serate disconnesse. Con sicuri vantaggi anche per i gestori perché, secondo uno studio pubblicato dal New York Times, l’ossessione del telefono sempre alla mano distrae i clienti e rallenta il servizio.


QUI NON PUÒ ENTRARE

In Italia il ristorante capofila del tech free è l’Osteria di Rubbiara (acetaiapedroni.it) a Nonantola (Modena): già negli anni ’90 aveva realizzato un armadietto con cassetti in cui riporre il cellulare durante il pranzo, allo scopo di far apprezzare meglio le specialità della cucina emiliana. «Siamo stati i primi a farlo e ora i clienti mi ringraziano perché per due ore si godono il pranzo e le chiacchiere in tranquillità», dice il patron Italo Pedroni.

E l’invito a lasciare il device sotto chiave arriva anche all’Hamburgheria di EatalyTorino (hamburgheriadieataly.it). «Osservando i clienti concentrati sullo smartphone mi sono accorto che i nostri piatti, attenti al gusto ma anche all’estetica, venivano guardati solo per essere inquadrati dallo schermo e fotografati», racconta Fabrizio Cardamone, uno dei soci del locale. «Così da un paio d’anni abbiamo proposto le black phone box: scatole in cui lasciare il cellulare chiuso col lucchetto, consegnando poi le chiavi 14 alla cassiera. Chi resiste fino alla fine del pasto, circa il 70% dei clienti, ha in premio dei biscotti. Le più felici sono le famiglie e le mamme che portano con sé i figli adolescenti. Come mai l’abbiamo chiamata black phone box? Perché quella cassetta in cui chiudere per un po’ una parte della nostra vita, con tutti i suoi segreti, è in fondo una scatola nera».


QUI SI “BARATTA” CON UN LIBRO

Ma c’è anche chi propone uno scambio, e lo fa con un tocco di poesia. È il caso del ristorante italo-francese Casa Coppelle di Roma (casacoppelle.com): «Il martedì sera, chi lo desidera ci lascia il suo smartphone su un vassoio d’argento e riceve un menu di libri di poesia da tenere sul tavolo al posto del telefono», spiega il responsabile della comunicazione Emilio Sturla Furnò che insieme all’art director Rachelle Guenot ha ideato l’iniziativa. «Abbiamo iniziato a maggio ed è stato un successo strepitoso. C’è chi viene apposta per mettersi alla prova: soprattutto coppie che riscoprono la magia di guardarsi negli occhi partendo da un verso poetico».

Gli autori più richiesti? Alda Merini va per la maggiore, ma anche Baudelaire, Emily Dickinson e Shakespeare. «Mi ha emozionato un marito ultrasettantenne che ha detto di aver riscoperto il modo in cui corteggiava la moglie una volta. O il giovanissimo ragazzo che ha scelto un libro di Montale studiato alla maturità per obbligo e ritrovato con una motivazione diversa, più appassionante», continua Furnò. «Persino il regista del film Sconnessi, Christian Marazziti, si è dimostrato molto interessato all’iniziativa, definendolo un ottimo spunto per un secondo film. Qualcosa del tipo Sconnessi al ristorante».


QUI SI CHIUDE IN UNA BUSTA

Non solo a tavola, la disconnessione ha contagiato anche il dopo cena con risultati più o meno incoraggianti.

Allo storico Kinki Club di Bologna (kinkiclub.it) si sono tenute alcune serate offline. «Si consegna il cellulare all’ingresso dove un addetto provvede a chiuderlo in una busta sigillata e poi viene riconsegnato al cliente», spiega Micaela Zanni, una dei proprietari. Le reazioni dei giovani clienti? «Alcuni sono molto sollevati di lasciarlo spento, altri, soprattutto le ragazze, mal volentieri se lo fanno sigillare. Salta subito all’occhio lo smarrimento di chi è solito guardare il telefono in continuazione, anche se col passare del tempo è evidente che le persone interagiscono molto di più. Tuttavia in molti non tornano perché i ragazzi italiani della fascia 20/30 anni sono estremamente dipendenti dai social a differenza di altri loro coetanei europei. Penso al Berghain di Berlino dove è vietatissimo l’uso del cellulare e chi contravviene viene accompagnato fuori. Noi non ripeteremo l’esperienza perché gran parte del pubblico non è ancora abbastanza maturo per accettare di fare a meno del telefono».


QUI SI PASSA AI BIGLIETTINI DI CARTA

Ma a volte l’idea di staccare la spina arriva proprio dai ragazzi. È il caso degli studenti dell’ITSTAB Caselli di Siena (istitutoprofessionalecaselli.it) che a giugno hanno realizzato il progetto didattico “Disconnessi: una serata di musica, degustazione e chiacchiere smartphone free”.

«I partecipanti lasciavano il telefono al guardaroba. Ognuno aveva un numero attaccato con la spilletta e poteva scrivere o ricevere un messaggio su foglietti. La serata è stata un grande successo e le persone ballavano e comunicavano senza distrazioni. La condivisione è stata reale e vissuta con grande entusiasmo, come fosse un evento nuovo. In fondo è quello che si faceva solo fino a dieci anni fa», racconta Lucio Patone, docente del corso in marketing turistico. L’idea è piaciuta così tanto che si pensa di creare altri eventi sotto il marchio Disconnessi, nonché di esportare l’esperienza in altri contesti.


QUI SI SPEGNE E POI SI BALLA

Un’altra serata ad accesso disconnesso è l’(A)Socialdinner, evento su invito con cena gourmet e djset organizzato nella Villa Mazzarella di Napoli con vista sul golfo. «L’idea è quella di ritornare all’interazione dal vivo degli anni ’80 e ’90. All’ingresso si può scegliere di lasciare lo smartphone in un posto custodito o di tenerlo con sé, spento. Nei tre eventi fatti finora ha accettato di lasciarlo oltre l’80% degli ospiti, un risultato sopra le aspettative», racconta l’ideatore del format Fabio Ummarino dell’agenzia di eventi PL Management (plmanagement.eu).


IN FRANCIA È STATO VIETATO NELLE SCUOLE

È stata approvata da poco, in Francia, la legge che vieta l’uso di dispositivi elettronici in classe dalle materne fino alle superiori. Ogni istituto potrà dotarsi di depositi in cui lasciare il cellulare o tablet fino alla fine dell’orario scolastico. L’uso è consentito solo per determinate iniziative a scopo didattico.

E in Italia? Da noi non c’è un divieto esplicito a tenere il cellulare in classe, ma solo delle linee guida che si appellano a un uso responsabile dello smartphone a scuola.


LE APP PER DISINTOSSICARSI

Sembra un paradosso, eppure dilagano le app che insegnano a staccarsi dallo schermo. Qualche esempio? La Space Phone-Life Balance (findyourphonelifebalance.com) propone un programma di 60 giorni per liberarsi dall’uso compulsivo con accorgimenti come l’attenuazione della luminosità dello schermo o il blocco delle notifiche.

Siempo (getsiempo.com) propone una quarantena social silenziando per periodi crescenti (da mezz’ora in su) le app selezionate.

Diffusa al momento solo in Nord Europa, ma presto in arrivo anche da noi, Hold (hold.app) fa guadagnare punti (uno ogni 20 minuti di disconnessione) traducibili in sconti nei negozi aderenti al circuito. Pensata per ridurre le distrazioni negli studenti universitari è dotata di un timer che calcola quanto tempo stiamo connessi. E persino Apple ha dichiarato che nel futuro aggiornamento del sistema operativo ci sarà la funzione che calcola il tempo passato allo schermo.


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Articolo pubblicato sul n. 37 di Starbene in edicola dal 28/8/2018

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