di Isabella Colombo
Facebook e WhatsApp ce lo dimostrano ogni giorno: attraverso uno schermo e una tastiera, lasciarsi andare ed esprimere i propri sentimenti più profondi spesso è più facile che di persona. Ecco perché negli Stati Uniti fare sedute con lo psicologo online è diventato normale.
Ora la web therapy comincia ad affacciarsi anche in Italia. «Circa il 22% dei pazienti oggi consulta lo specialista via Skype», spiega il mental coach e psicoterapeuta Francesco Attorre. «All’inizio dello scorso anno era ancora il 16%, segno che il terapeuta a distanza comincia a funzionare anche da noi». E che non sia da meno della classica seduta in studio lo dimostrano i dati dell’Università di Zurigo: l’84% dei pazienti è soddisfatto e il 18% sostiene che il colloquio via web è addirittura più efficace di quella vis-à-vis.
Incontri su misura, distanze annullate e riservatezza
«L’accesso dal computer di casa permette di superare i pregiudizi che ancora oggi, spesso, accompagnano chi decide di andare in terapia», spiega Davide Algeri, cofondatore di psicologi-online.it, uno dei primi servizi di consulenza psicologica su Internet.
«La resistenza spesso blocca la richiesta di aiuto: poter fare una chiacchierata informale via web è più facile e immediato che incontrarsi di persona. Inoltre, diventa possibile scegliere lo specialista e il metodo più adatti, non quelli più vicini».
Ma annullare le distanze, geografiche ed emotive, non è l’unico vantaggio della webcam. Evita l’imbarazzo della sala d’attesa, permette di stabilire orari comodi e flessibili», dice Attorre. «È molto più diretta perché riduce lo spazio tra paziente e terapeuta. Non solo: si può registrare la seduta e riascoltarla per rielaborare i contenuti. O far vedere al terapeuta il mondo in cui si vive, mostragli le proprie cose, come se il medico fosse proprio lì».
«In più, la relazione paziente-terapeuta, fondamentale per la buona riuscita del percorso, è facilitata proprio dal grado di confidenza che la webcam permette di raggiugere», sottolinea Algeri.
Se non è sufficiente, può diventare il trampolino verso la terapia vera e propria
Online si può parlare di tutto, dai disturbi d’ansia a quelli alimentari, dalle fobie alle dipendenze. «Ma il web non è la soluzione di tutti i problemi, ci sono casi in cui la seduta in studio non può essere sostituita da quella via webcam», avverte Algeri.
«Per esempio nei casi psichiatrici, oppure quando il paziente ha una percezione distorta della realtà o dei pensieri violenti: durante una seduta online, potrebbe semplicemente chiudere il computer e rifiutarsi di continuare il percorso e il terapeuta non potrebbe far nulla per gestire le sue reazioni».
Inoltre, online non è possibile usare tecniche come l’ipnosi. «Per questo è più corretto parlare di consulenza psicologica e non di web therapy», continua l’esperto. «In molti casi, infatti, professionisti e pazienti usano il web per le prime sedute conoscitive e poi continuano vis-à-vis i percorsi di cura». «In alcune situazioni, il primo approccio online è determinante per la buona riuscita di un percorso, ma non è detto che debba essere esclusivo», aggiunge Attorre.
«Per esempio, chi è depresso e non si alza dal divano è più facile che trovi la forza di accendere il pc che quella di vestirsi e uscire. E chi deve parlare della sua sfera sessuale, nella privacy della propria stanza si sente più disposto ad aprirsi».
Evitare le bufale e le delusioni si può, con un po’ di attenzione
Come si fa, nella giungla del web, a non incappare in falsi terapeuti? «Attualmente non esistono norme su questo genere di servizio, non sono richiesti corsi specifici, diplomi o licenze da pubblicare sul proprio sito», avverte Davide Algeri. «Quindi l’unico modo per capire che si ha davanti un professionista serio è conoscerlo».
Per prima cosa cercando il suo nome sull’albo nazionale degli psicologi (lo trovi su psy.it), poi leggendo il suo curriculum che dovrebbe essere sempre pubblicato sul sito e verificando le esperienze fatte, le pubblicazioni e gli anni di esercizio della professione: meglio che siano almeno tre.
«Per farlo bastano dei controlli incrociati sul web o una telefonata all’Ordine regionale», continua l’esperto. «Al primo contatto, poi, bisogna controllare che si tratti di una persona esperta, non impacciata, abituata a lavorare in video e a guardare negli occhi l’interlocutore, che si trovi in un contesto professionale e che conduca la seduta proprio come se si trovasse in studio, non da una cucina o da un ambiente troppo “casalingo”».
«La webcam si presta perfettamente a un primo colloquio conoscitivo: il paziente può semplicemente provare e capire chi ha davanti», aggiunge Attorre. «Non solo. Nella prima seduta, in cui parlerà solo superficialmente dei propri problemi, potrà anche valutare l’approccio del terapeuta, chiedere informazioni sul metodo usato e capire se la persona che ha davanti gli piace, lo fa stare bene».
L’autoaiuto corre sul web
Anche i gruppi di sostegno si spostano online. Skype e gli altri programmi di videochiamata permettono infatti di far parlare via web fino a 10 persone contemporaneamente, compreso il moderatore che, in genere, è uno psicoterapeuta specializzato o un “facilitatore” formato ad hoc.
Tra i gruppi più frequentati ci sono quelli che trattano argomenti come la genitorialità, i disturbi d’ansia, le dipendenze e la fine di una relazione (psicologi-online.it, psicologiainchat.it) e quelli che aiutano a superare un lutto (solimainsieme.it, gruppoeventi.it).
«Proprio come dal vivo, qui il confronto con gli altri è fondamentale», spiega lo psicoterapeuta Davide Algeri. «Ascoltare cosa prova chi è nella nostra stessa situazione è un modo per capire noi stessi, ridimensionare le nostre paure o prendere spunto dalle soluzioni che altri hanno trovato».
Articolo pubblicato sul n.8 di Starbene in edicola dal 09/02/2016