Positività tossica: cos’è, come riconoscerla e liberarsene

Cos’è la toxic positivity e come riconoscerla in te stesso e negli altri? Scopri quali sono le sue conseguenze nascoste su mente e relazioni, imparando a coltivare un ottimismo sano senza negare le emozioni



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Capita a tutti di sentirsi dire "guarda il lato positivo!" mentre stiamo affrontando un momento difficile. Inizialmente può sembrare un incoraggiamento, ma se questa frase continua a ripetersi, finisce per farci sentire inadeguati o addirittura in colpa per le nostre emozioni. Questo fenomeno si chiama toxic positivity e spesso viene confuso con un sano ottimismo.

Immagina che la vita sia un viaggio in auto: l'ottimismo sano è come una navigatrice esperta che ti avverte se c'è una curva stretta davanti, ma ti rassicura sulla tua capacità di affrontarla. La positività tossica, invece, è come una passeggera che, vedendo la spia del motore accesa, invece di dirti di fermarti, la copre con un adesivo sorridente e ti dice "andrà tutto bene!".

Toxic positivity: come riconoscerla? Segnali d’allarme

Riconoscere la positività tossica è il primo passo per proteggerti. Ma come capire se la stiamo subendo o, peggio, la stiamo applicando a noi stessi?

«La positività tossica è l'imposizione, a sé stessi o agli altri, di uno stato di felicità e ottimismo a tutti i costi, negando o invalidando qualsiasi emozione considerata negativa», dicono gli esperti di self leadership Alessandro Da Col e Alessandro Pancia.

In pratica, è l’idea che dovremmo essere sempre felici e che provare tristezza, rabbia o delusione sia un segno di debolezza o un fallimento personale. «Un sano ottimismo, invece, non nega la realtà. È la capacità di riconoscere e accettare le difficoltà, la sofferenza e le sfide della vita, mantenendo al contempo una fiducia di fondo nella propria capacità di affrontarle e superarle. La differenza chiave è l'accettazione della realtà».

Il vero segnale d'allarme è la sensazione di non essere visti o compresi dagli altri. «Ci sentiamo giudicati per quello che proviamo, come se la nostra tristezza o rabbia fosse un fallimento personale», riflettono gli esperti. Se invece la applichiamo a noi stessi, il processo è più subdolo, ma non per questo meno dannoso.

«I segnali che dovremmo tenere d'occhio sono legati alla percezione del senso di colpa per emozioni come rabbia o ansia. Senso di colpa che ci spinge a ripeterci che non dovremmo sentirci così. Il sorriso forzato per nascondere le vere emozioni o un approccio volto a minimizzare le nostre difficoltà, sperando che il pensiero positivo le faccia sparire, sono altri segnali importanti».

Chi è più vulnerabile alla positività tossica

Alcuni profili sono più a rischio di cadere nella trappola della positività tossica. «Spesso sono le persone che lottano per la perfezione, quelle che vedono le emozioni negative come un'imperfezione da eliminare subito, ma anche le people-pleaser, ovvero coloro che hanno il bisogno di compiacere gli altri, sono più a rischio. Temono che mostrare vulnerabilità possa allontanare le persone», osservano Da Col e Pancia.

Anche in certi contesti professionali, dove la cultura aziendale promuove il mito dell’essere sempre al top, ammettere di essere in difficoltà o stressati può essere erroneamente percepito come un segno di debolezza.

Altri profili a rischio sono coloro che stanno elaborando una perdita, come un lutto, oppure affrontando una crisi (come in caso di malattia). Frasi come “guarda il lato positivo” possono invalidare il loro dolore, facendole sentire in colpa per non riuscire a essere felici.

Le conseguenze nascoste dell'ossessione per la felicità

Se pensi che reprimere le emozioni sia la soluzione, è importante sapere che le conseguenze a lungo termine possono essere molto serie. Sopprimere le emozioni è un'operazione che costa tantissima energia mentale.

«Questa energia viene tolta a funzioni importanti come la concentrazione e il problem solving. Le emozioni represse non spariscono, ma tornano, spesso con una forza maggiore, sotto forma di ansia cronica, irritabilità o sintomi fisici. Dal punto di vista delle relazioni, la positività tossica crea connessioni superficiali. Le relazioni più autentiche si basano sulla vulnerabilità e sulla capacità di condividere l'intero spettro delle esperienze umane. Se mostri solo la tua parte felice, impedisci agli altri di conoscerti e supportarti davvero».

A livello personale, le emozioni percepite come negative sono dati preziosi: «la paura ci segnala un rischio, la frustrazione ci indica che un nostro bisogno non è soddisfatto. Ignorare questi segnali significa prendere decisioni basate su informazioni incomplete, compromettendo la nostra salute mentale e relazionale».

Positività tossica: come liberarsene

Il primo passo per liberarsi della toxic positivity è la consapevolezza.

«Inizia a darti il permesso di sentire quello che senti: quando arriva un'emozione scomoda, fermati e dalle un nome, individuala. Questo semplice atto, chiamato affect labeling, attiva le aree razionali del cervello e riduce l'intensità della reazione emotiva. Se la ricevi dagli altri, impara a stabilire dei confini sani», suggeriscono gli esperti.

Non serve essere scortese. Si può dire con calma di apprezzare il tentativo di qualcuno di tirare su il morale, ma ciò di cui si ha bisogno in questo momento è solo spazio, per sentire cosa si sta provando. A volte serve solo un po’ di ascolto, ed è giusto chiederlo.

Coltiva l'agilità emotiva e l'ottimismo realista

«Invece di inseguire la felicità a tutti i costi, il consiglio è quello di coltivare l'agilità emotiva, ovvero la capacità di navigare l'intero spettro delle emozioni in modo consapevole. Questo non significa non sperare, ma adottare un ottimismo realista».

L'ottimismo realista ti permette di guardare in faccia la realtà, con tutte le sue difficoltà, ma allo stesso tempo di coltivare la fiducia nelle tue risorse per affrontarla. Puoi allenarlo in tre modi:

  1. Accetta le emozioni come dati: smetti di etichettarle come "buone" o "cattive". Sono tutte informazioni utili che il tuo sistema interno ti fornisce per guidarti.
  2. Concentrati su ciò che puoi controllare: di fronte a una difficoltà, riconosci ciò che è fuori dal tuo controllo e sposta tutta la tua energia su quella piccola percentuale di cose su cui puoi agire.
  3. Coltiva la gratitudine per il processo: invece di essere felice solo quando raggiungi un obiettivo, impara ad apprezzare la tua forza e resilienza mentre affronti la sfida.

«La vera forza non sta nel non cadere mai o nel sorridere sempre. Sta nella capacità di rialzarsi, di imparare dalla caduta e di continuare a camminare con la consapevolezza che ogni emozione, anche la più difficile, è parte integrante di una vita piena e autentica».


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