Pensiero positivo? Sì, ma con realismo

L’eccesso di ottimismo può essere tossico quanto il più nero pessimismo. Ecco le regole da seguire per affrontare con realismo i momenti no della quotidianità



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La chiamano “Toxic positivity”, positività tossica. È l’altra faccia del “pensa positivo e vedrai che tutto andrà bene”. Frasi motivazionali, app, libri, facili soluzioni che promettono miracoli di felicità: un trend, amplificato dai social, che ci incita alla perfetta forma fisica e mentale, all’essere perennemente fiduciosi o sentirsi costantemente invincibili. Certi di avere, sempre e comunque, la ricetta magica (e veloce) per gestirci al meglio.

Ma che fine fanno le sensazioni che non si allineano con questo trend di onnipotenza? Bandite, talvolta anche dal vocabolario. Vietato essere tristi, malinconici, dubbiosi, scoraggiati o un po’ a corto di energie. Cosa può esserci di rischioso nel credere di poter stare sempre e solo bene?

«Se da un lato un approccio positivista può incentivare la motivazione al miglioramento e aiutarci a mettere a fuoco i lati buoni e utili di ogni situazione, dall’altro potrebbe anche generare più frustrazione e senso di inadeguatezza se poi quella condizione non risponde alle aspettative», spiega Giuditta Tanzarella, life & business coach di Eoltre Coaching (eoltre.it).

«Non sempre è possibile, infatti, raggiungere e mantenere costanti all’infinito stati emotivi gratificanti o riuscire a essere al top. È la vita».


Un pensiero tirannico

«Stay tuned anziché stay positive», rilancia la coach, «altrimenti talvolta corriamo il rischio di idealizzare la realtà, che nelle (inevitabili) fasi incerte ci può indurre a subire o rifiutare in modo disfunzionale le emozioni negative o complesse». Insomma, l’ottimismo a tutti i costi può diventare una vera tirannia, impedendoci di cogliere i segnali importanti che ci arrivano dalle tante sfumature emotive di cui siamo capaci.

La soluzione? Puntare a un benessere personale e unico, che valorizzi i lati positivi delle situazioni ma che sia anche in grado di affrontare con realismo i momenti no della quotidianità. Ecco qualche dritta per riuscirci.


  • Accogliere tutti i sentimenti


Non basta fare pensieri felici per essere felici. Recenti studi, pubblicati dalla rivista scientifica Motivation and Emotion, hanno dimostrato che le persone illuse di poter cambiare le proprie emozioni con la positività sono quelle che si scoraggiano di più.
«Sentimenti come tristezza, rabbia, frustrazione, anche se ne faremmo volentieri a meno, devono essere accolti perché hanno una funzione evolutiva», aggiunge la coach. «In fondo, raggiungere un obiettivo è un percorso di crescita che è intimamente allineato all’ascolto autentico di tutti i nostri stati d’animo. Talvolta, può anche prevedere sensazioni paralizzanti. Per superarle, bisogna ammettere che esistono, accoglierle. Negarle significa subire passivamente le proprie emozioni, convincendosi di non poter far nulla».


  • Non generalizzare


Nella vita non si è o perdenti o vincenti. Si può riuscire o non riuscire in un progetto, ma l’importante è imparare contestualizzare le situazioni (e le nostre prestazioni).

«Il pensiero positivo, invece, ci fa credere che tutto dipenda da noi. Ma non sempre è così: non si sceglie di essere depressi o di non avere fortuna nelle relazioni», spiega la Tanzarella. «Se qualcosa non è andato bene, invece di sentirci sbagliati, è più utile analizzare la situazione per capire quali fattori interni ed esterni sono intervenuti e come possiamo gestirli al meglio la volta successiva».


  • Concentrarsi sulle proprie risorse e capacità


Usciamo dalla trappola del paragone e concentriamoci sulle nostre capacità.
«Ognuno di noi può decidere di voler andare a Roma, ma se non tiene conto del luogo di partenza, il mezzo di trasporto che vuole usare e il tempo da dedicare al percorso, non può fare una pianificazione efficace del proprio viaggio. Fuori di metafora: dobbiamo confrontarci con le nostre e reali risorse e abilità per capire i traguardi che possiamo raggiungere e per valutare bene quelli raggiunti», spiega l’esperta. «Per questo non serve misurarsi con gli altri. Piuttosto sarebbe utile paragonarci a noi stessi, a come eravamo ieri, dando valore al nostro impegno e alle energie messe in campo per migliorarci».


  • Non cercare strategie precostituite


La vita non si affronta con le tecniche preconfezionate: frasi motivazionali e incitazioni generiche non sempre sono utili. Spiega la coach: «Per esempio, il mantra di Steve Jobs “Stay angry, stay foolish” invita a essere ambiziosi e a sfruttare un pizzico di follia per creare qualcosa di nuovo. È fonte di ispirazione, ma è importante contestualizzarla. Ogni strategia di sviluppo personale va commisurata ai propri bisogni, convinzioni ed esperienze. E che dire poi di “Keep calm and carry on”, un meme onnipresente? Non sempre la calma è gratificante. A volte serve un po’ di eustress (lo stress buono) per avere quella carica d’adrenalina necessaria per portare a termine una sfida».
Quindi, non bisogna ragionare per frasi fatte, modelli e stereotipi da inseguire, ma ricercare ciò che è meglio per noi.



Serve anche saper “ascoltare” gli altri

Nulla si può ottenere senza considerare la relazione tra noi e gli altri, tra noi e il mondo che ci circonda. Lo afferma Niccolò Branca, imprenditore il cui nome è legato al noto liquore Fernet, nonché esperto in meditazione. Il suo libro L’economia della consapevolezza. Coscienza, interdipendenza, sostenibilità (Marcos y Marcos editore, 18 €) spiega come riempire ogni giornata di passione, ascolto e dialogo per rendere positiva la propria vita lavorativa e personale.

Branca offre un modello che mette al centro l’essere umano, sollecita la ricerca di senso e della felicità, non solo in un’ottica individuale, ma avendo come fine una sorta di “umanesimo planetario” di cui tutti potranno beneficiare.



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Articolo pubblicato sul n. 13 di Starbene in edicola dal 10 marzo 2020


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