Genitori: perché non bisogna essere iperprotettivi e ingombranti

Ansiosi, ingombranti, iperprotettivi i genitori di oggi controllano dall’alto la vita dei loro figli, per renderla più facile. Ma in realtà la complicano, perché indeboliscono le capacità di reazione e adattamento dei ragazzi



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Si inizia facendo prendere lezione di cinese al bimbetto di pochi anni e si continua accompagnando i ragazzi all’università per "aiutarli con gli appunti". Sono alcune delle testimonianze riportate dal saggio Genitori elicottero. Come stiamo rovinando la vita dei nostri figli (Lena Greiner e Carola Padtberg, ed. Feltrinelli, 8,50 €): padre e madre che pattugliano dall’alto la vita dei figli, detti anche "genitori curling" per quella loro abitudine di spazzolare davanti ai piedi dei loro cuccioli affinché avanzino in scivolata.

Quanti sono in Italia? Possiamo ipotizzare un 25%. Secondo, infatti, un’indagine della Varkey Foundation noi italiani siamo quelli che in tutt’Europa passano il maggior numero di ore settimanali ad aiutare i figli con i compiti: 7 ore e più per almeno il 25% delle famiglie. Ma gli esiti di questo iper accudimento sono disastrosi. Basta soppesare i risultati di una ricerca (Helicopter Parenting May Negatively Affect Children’s Emotional Well-Being, Behavior dell’Associazione Americana degli Psicologi) che ha monitorato più di 400 bambini, dai 2 ai 10 anni, confermando che i figli di genitori iperprotettivi crescono più emotivi, meno autonomi e con maggior problemi a scuola.


Genitori ingombranti e ansiosi

Da dove nasce questa genitorialità ossessiva e molto ingombrante per i ragazzi che la subiscono? La prima motivazione che gli esperti offrono è il delicato momento storico che stiamo vivendo. «I genitori elicottero reagiscono alla complessità dello scenario presente e all’incertezza di quello futuro, proiettando le proprie ansie sui figli. Ma non fanno altro che peggiorare la situazione perché così indeboliscono le capacità di reazione e adattamento dei ragazzi», dice il sociologo Francesco Morace.

Secondo capo d’accusa, la famiglia e la sua trasformazione. «Le relazioni matrimoniali spesso non durano per sempre», ricorda la psicoanalista Silvia Corbella, «mentre quella con i figli sì». In questa prospettiva l’investimento dei genitori sulla prole è fortissimo. Aggiungiamo che, a differenza delle famiglie numerose di una volta, oggi i figli sono spesso unici (massimo due) e vengono concepiti in età più avanzata di quanto non accadesse in passato. La necessità, a volte, di dovere ricorrere alla procreazione assistita li rende ancora più preziosi. Senza dimenticare che i neogenitori quarantenni spesso non dispongono di nonni pronti a sostenerli nella gestione dei figli. Anche questo centralismo genitoriale può indurre a un controllo eccessivo». Momento economicamente insicuro e figli unici idolatrati, ma aggiungiamo anche un’altra caratteristica che “sociolocalizza” i genitori con le pale, come spiega la psicopedagogista Elena Urso. «Il pattugliamento con elicottero ha bisogno di tempo. Per questo è più frequente nelle famiglie con un reddito medio-alto e con uno dei genitori che non lavora, libero quindi di dedicare tempo ed energie alla supervisione parentale».


Alla ricerca della privacy

«Un passo indietro è fondamentale. Ma se non si è in grado di autodisciplinarsi», consiglia la dottoressa Corbella «si può chiedere aiuto a uno specialista. Questi genitori debordanti e ansiosi inducono i ragazzi a doversi difendere dalle intrusioni con strategie di chiusura e menzogna. Ma esistono anche casi più gravi, come la sempre più diffusa sindrome di Hikikomori, adolescenti che si chiudono in casa e interagiscono solo con il pc, unico spazio protetto da inviolabili password che i genitori non riescono a invadere». Insomma, teniamo sempre a mente ciò che, sulle orme del filosofo Jean-Paul Sartre, ricorda Massimo Recalcati nel suo libro Cosa resta del padre? (Raffaello Cortina Editore, 12 €): "Se i genitori hanno dei progetti per i propri figli, è difficile che questi riescano ad avere dei destini felici".



Anche i numeri parlano

Secondo una ricerca dell’Università della California (condotta in 11 Paesi occidentali tra cui Usa, Regno Unito e Italia) le mamme degli anni ’60 dedicavano ogni giorno in media 54 minuti per i bisogni primari dei figli. Oggi i minuti sono quasi raddoppiati arrivando a 104. Anche i papà registrano un aumento, passando da 16 a 59 minuti giornalieri dedicati alla cura della prole.


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